1. Un dialogo promettente
– Allora, da dove cominciamo?
– Posso essere sincero?
– Certo! Il patto tra di noi è massima sincerità mia e tua. Tu puoi porre tutte le domande che vuoi, farmi tutte le obiezioni o contestazioni che ritieni valide, e io parlerò con la massima franchezza. Questo non vuol dire che saprò rispondere a tutte le tue domande. Chiedere può essere molto facile… il difficile è trovare le risposte.
– Bene. Sto ai patti. Ecco qua: io ho paura dell’inferno! Questo è il punto da cui voglio partire in queste nostre conversazioni. Vorrei chiarezza su questo… tanto per cominciare.
– E’ un bell’inizio, certo. E dimmi: perché hai paura?
– Beh, l’inferno è presentato come un luogo terribile: sofferenze atroci di ogni genere, fuoco, ‘pianto e stridore di denti’, torture da parte di diavoli… e, quel che è peggio, per sempre… ‘per l’eternità’!
– E tu credi a tutto questo?
– Perché… tu no?
– No!
– Mi sorprendi ma ne prendo atto! Mio padre mi ha detto, prima di partire per venire da te: “Preparati a delle sorprese. Filippo è un teologo strano, a modo suo anomalo. Anzi, forse se lo ritieni un teologo si offende. Ma tu ascoltalo. Non scandalizzarti subito per quello che ti dirà e per come te lo dirà. Fermati, ascolta e interroga per capire bene ciò che vuole comunicarti. Dagli fiducia… Se non altro, fidati di me che lo considero una persona veramente saggia”. Ed eccomi qua. Il tuo ‘no’ secco su un insegnamento tradizionale della Chiesa Cattolica mi sorprende, ma sto alle parole di mio padre e voglio fidarmi di te.
– Tuo padre mi conosce da tanto tempo! Siamo cresciuti insieme e insieme abbiamo frequentato il Seminario, poi, quando lui se n’è uscito e si è formato una famiglia, siamo sempre stati molto in contatto. Lui conosce tutte le mie vicissitudini e mi è stato sempre vicino. Mi fa piacere che mi stimi e io lo ricambio di cuore perché tuo padre è un uomo di grande valore!
– Bene, e io ho la fortuna di conoscere entrambi.
– Sono contento che ti abbia preparato all’incontro con me. Lui è la persona che mi conosce di più. E non ti ha detto altro di me?
– Che all’intelligenza acuta unisci un gran cuore.
– Cerco di non perdere di vista la vita nella sua interezza…
– E ha aggiunto: “Un’intelligenza anche molto brillante ma senza cuore può arrivare a concepire idee mostruose, teorie che possono uccidere”. Devo confessarti che tu invece trasmetti una cordiale umanità, rassicurante.
– E tu manifesti un’umanità pronta, vigile, aperta. Tu sei l’interlocutore di cui io ho bisogno. Già dal nostro primo incontro qualche anno fa, quando sono venuto in visita da voi, mi ha colpito il tuo entusiasmo per la vita, per la bellezza, per la giustizia e per la verità. Allora stavi finendo l’università… Filosofia, vero? Tuo padre mi aveva parlato spesso di te e devo dire che conoscerti di persona non mi ha affatto deluso. Il tuo desiderio di imparare, l’intelligenza che hai dimostrato fin da piccolo… Sapevi metterlo in difficoltà con i tuoi ‘perché’, lui, che è esperto di tante cose, studioso di filosofia, di scienza, di religione. Spesso lo disarmavi.
– Quando ero piccolo pensavo che mio padre sapesse tutto.
– Nessuno sa tutto, forse neanche Dio! Vedi, ho molte cose da dirti, da comunicarti, anzi da condividere con te. Non voglio indottrinarti, ma semplicemente offrirti queste mie scoperte e intuizioni che ritengo non sia bene vadano perdute. Non è bene per il Cristianesimo, non è bene per la Chiesa Cattolica, non è bene per l’umanità. E se tra quello che ti dirò troverai qualcosa che vuoi condividere, magari sviluppare, ne sarò felice.
– Spero che tu non ti offenda, ma io non sono disposto ad accettare teorie o idee che non siano davvero convincenti e che non tocchino il mio cuore.
– Così ti voglio! Sei giovane, hai energie fresche, volontà di andare fino in fondo, rifiuti di ricevere passivamente una conoscenza data per certa senza esaminarla, smontarla, verificarla… Tu puoi fare molto per l’umanità e per il Regno di Dio, sì, ne sono convinto. Ecco perché ho chiesto a tuo padre di farti questa proposta da parte mia: stare un po’ di tempo qui con me, il tempo che ci vorrà per conoscerci e parlare di tutto… a cominciare dall’inferno, se così ti piace. E poi io sono vecchio. Sto toccando gli ottanta e gli acciacchi non mancano. Quanto vivrò ancora? Per cui forse non abbiamo molto tempo.
– Ma dall’aspetto direi che sei ancora in gamba! Comunque non perdiamo tempo e torniamo subito al nostro primo argomento. Beh, ti ho detto, in tutta sincerità, che il tuo ‘No’ secco, riguardo all’Inferno, mi ha sconcertato. E ora ti chiedo: “Perché? Perché non credi all’Inferno?”. Fammi capire.
Navigazione Rapida dei Paragrafi
- Un dialogo promettente
- L’Inferno cattolico
- La Geenna del fuoco
- Formazione del dogma
- La pastorale della paura
- La ‘razionalità’ dell’Inferno
- Mistici contro teologi
- Catechismo dell’Inferno
- Bontà di Dio e libertà dell’uomo
- Cattivi e buoni
- Il teologo fallito
- Figli di Dio perché generati da Dio
- Un’unica Legge
- Differenza tra inferno e perdizione
- Due Principi Coeterni?
- L’Inferno Pedagogico
- Il Paradiso di tutti
- Il Secondo Paradiso
- Il Terzo Paradiso
- La via della consapevolezza
- Salvaguardia dell’Essere
- La Parabola del ritorno
- Nessuna decisione irrevocabile
- L’estinzione totale è possibile?
- L’Essere Unico si fa creazione
- Apocatastasi ovvero Ricapitolazione
- Agostino contro Origene
- Reincarnazione e Divinizzazione
- Escatologia del Magistero Cattolico
- La Retribuzione finale
- Purgatorio e suffragi
- Il Traffico delle Indulgenze
- Il peccato e il peccatore
2. L’Inferno cattolico
– Bene, Riprendiamo proprio da lì.
– Allora, perché tu non ci credi? Non è una verità che la Chiesa cattolica ‘propone a credere’ con continuità da duemila anni?
– Sì, sì anche se non è una proposta ma, diciamolo schiettamente, è una ‘imposizione a credere’…
– Ma dell’Inferno parla più volte Gesù con parole chiare, inequivocabili!
– Con tuo padre hai mai parlato di questa tua paura?
– Sì, certo. Ma devi sapere che mia nonna materna era molto religiosa, una robusta fede all’antica. Appena sgarravo in qualche cosa, qualche capriccetto da bambino o qualche disubbidienza, subito mi parava davanti l’Inferno. A volte me lo descriveva pure. Mi veniva la pelle d’oca e mi aggrappavo alle sue ginocchia.
– Insomma, ti ha traumatizzato. Ma tuo padre?
– Lui mi ha detto di stare tranquillo. All’inferno ci va chi ci vuole andare, chi rifiuta Dio in modo volontario, consapevole, ostinato. Per cui chi non ha queste intenzioni, non ci deve neppure pensare.
– Eh già, Carlo è pragmatico, le questioni le risolve in modo pratico. Ma il tuo problema, mi pare di capire, è sapere se c’è ‘l’Inferno Cattolico’ oppure no?
– Perché ‘cattolico’? Se l’Inferno c’è riguarda tutti!
– Dico ‘Inferno Cattolico’ perché il Magistero della Chiesa Cattolica, interpretando ‘a modo suo’ le Sacre Scritture, ne ha fatto un articolo di fede. A dire il vero si è basato sul Nuovo Testamento, perché nell’Antico si parla solo dello ‘Sheol’ che non è l’Inferno e corrisponde agli ‘Inferi’ o a quello che i greci chiamavano ‘Ade’, un luogo in cui si riteneva andassero gli spiriti dei defunti, senza altre specificazioni.
– Hai ragione. Io sono cattolico e l’Inferno di cui ho paura è l’Inferno che mi ha insegnato la Chiesa Cattolica. Ma sono un lettore accanito della Bibbia…
– Bene, questo faciliterà il nostro dialogo!
– La Bibbia è il libro della Rivelazione! E proprio lì ho trovato espressioni che fanno rabbrividire: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli” (Mt 25,41) e ancora: “Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti gli operatori di iniquità e li getteranno nella fornace ardente dove sarà pianto e stridore di denti” (Mt 13,41-42) Capisci perché mi fa paura? Non si tratta solo di mia nonna. E’ il Vangelo che parla chiaro!
– Senti la definizione dell’inferno con la quale siamo stati istruiti noi: io, tuo padre, tua nonna. La prendo dal Catechismo di San Pio X: “L’inferno è il patimento eterno della privazione di Dio nostra felicità e del fuoco, con ogni altro male, senza alcun bene”. È questo l’Inferno di cui hai paura?
– Sì, proprio questo. E mi spaventa soprattutto perché si tratta di una situazione definitiva, che non si può più cambiare. Si tratta della ‘privazione eterna di Dio’, di patimento ‘eterno’ e di ogni male… Capisci che in questa espressione ‘ogni male’ la fantasia di un bambino può spaziare. Senza contare i pittori che hanno rappresentato l’Inferno con tutti i supplizi più agghiaccianti, Dante col suo Inferno, i predicatori che si sbizzarrivano in descrizioni raccapriccianti con lo scopo di impedire di peccare…
– Sai che cosa spaventa me?
– Non l’Inferno… perché hai detto che non ci credi.
– No, già lo sai. Mi ‘spaventa’ il fatto che vi siano stati, e vi siano tutt’ora, fior di teologi cattolici, di alti Prelati, Vescovi e Cardinali e, perché no? Papi, Pio X era Papa e un ‘Santo Papa’, che hanno insegnato e insegnano questa dottrina come ‘rivelazione di Dio’, quindi verità assoluta, indiscutibile, da accettare e da credere senza obiezioni. Chi nega che esista l’Inferno Cattolico è già destinato laggiù, non ti pare? Per gli eretici c’è la scomunica sulla terra e l’Inferno subito dopo. Sai perché mi spaventa? Te lo dico con grande amarezza… perché una dottrina del genere annulla la rivelazione di Dio fatta da Cristo. È la ‘pastorale del terrore’. Se davvero esistesse questo Inferno, non solo Dio non sarebbe buono, ma Dio non sarebbe affatto!
– Una domanda: la Chiesa cattolica sulla concezione dell’Inferno ha fatto dei progressi o è rimasta alla formulazione del Catechismo di Pio X, che poi è quello su cui si è formata mia nonna buonanima e anche mio padre?
– Bisogna prendere atto di qualche cambiamento, ma la sostanza è rimasta invariata. Prima si parlava molto dell’Inferno e ora se ne parla poco. Prima veniva presentato come una punizione inflitta da Dio, come a dire: ‘E’ Dio che ti caccia all’Inferno’ e ora è presentata come auto-punizione, ovvero: ‘Sei tu che scegli di andare all’Inferno’. Prima si parlava delle pene dell’Inferno in modo molto realistico e fisico, ora se ne parla più in senso spirituale… Ma la sostanza è rimasta tale quale, ossia il Magistero continua ad insegnare che l’Inferno esiste realmente, la possibilità di finirci è seria, perché si tratta dell’alternativa al Paradiso e soprattutto, questo è l’aspetto più inquietante ‘l’Inferno è eterno’, cioè non avrò mai fine… mai!
– Ci saranno di certo documenti più autorevoli che un Catechismo concepito soprattutto per i bambini?
– Intendi …definizioni del Magistero?
– Sì, proprio quelle.
– Bene. Allora ti propongo un ‘excursus’ sui vari pronunciamenti del Magistero della Chiesa dalle origini a oggi. Ci sarà molto utile per le nostre considerazioni.
– Un viaggio attraverso i secoli per scoprire la formazione di un dogma. Interessante!
– Partiamo dal ‘Presbitero Lucido’ che aveva formulato una sua Dottrina delle predestinazione riprovata dal ‘Sinodo di Arles’ del 473. Lucido ha poi sottoscritto un documento di ritrattazione di cui ti leggo il passo relativo all’Inferno. Considera che il documento è stato redatto dal vescovo Fausto e approvato dai 30 Padri Sinodali della Gallia: “Professo che ad azioni colpevoli capitali sono preparati fuochi eterni e fiamme infernali, giacché meritatamente alle colpe umane che vengono sostenute fino alla fine segue il giudizio di Dio, in cui incorrono giustamente coloro che non avranno creduto queste realtà con tutto il cuore”. Come vedi per chi muore in ‘Peccato Capitale’ è pronto il fuoco eterno. I colpevoli sono giudicati da Dio e quindi meritano giustamente una punizione del genere.
– Ci sono già tutti gli elementi dell’Inferno Cattolico. Per ‘colpe sostenute fino alla fine’ s’intende l’ostinazione del peccatore che non si pente, ossia come diciamo noi oggi ‘muore in peccato mortale’.
– Infatti. Ecco ora uno stralcio dalla Lettera
‘Sub
catholicae professione’ inviata dal Papa Innocenzo IV nel 1254 al
Vescovo di Frascati: “Se qualcuno, senza
la penitenza muore in peccato mortale, costui
senza alcun dubbio sarà tormentato per sempre nelle fiamme della geenna eterna”
[i].
3. La Geenna del fuoco
– La ‘Geenna’ è nominata anche da Gesù nei Vangeli.
– Oh sì, più volte nei sinottici. Diamoci un’occhiata. Ecco il primo passo. Gesù dice: “Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l’anima e il corpo nella Geenna” (Mt 10,28).
– Qui sembra che Gesù attribuisca a Dio il compito di condannare i reprobi alla punizione eterna facendo ‘perire anima e corpo nella Geenna’.
– L’espressione ‘anima e corpo’ indica l’uomo intero. Infatti la salvezza o la perdizione riguarda l’uomo nella sua totalità. Senti quest’altra espressione di Gesù: “Se la tua mano ti scandalizza, tagliala: è meglio per te entrare nella vita monco, che con due mani andare nella Geenna, nel fuoco inestinguibile. Se il tuo piede ti scandalizza, taglialo: è meglio per te entrare nella vita zoppo, che esser gettato con due piedi nella Geenna. Se il tuo occhio ti scandalizza, cavalo: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, che essere gettato con due occhi nella Geenna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue”(Mt 18,8-9). Tra l’altro Gesù utilizza una formula che si trova già in Isaia, in un contesto in cui Dio parla del riscatto dei figli di Israele: “Uscendo, vedranno i cadaveri degli uomini che si sono ribellati contro di me; poiché il loro verme non morirà. Il loro fuoco non si spegnerà e saranno un abominio per tutti” (Is 66,24). Sono espressioni per indicare la punizione riservata ai ribelli, ma bisogna notare che non indica una punizione eterna!
– Noto che qui dice che per salvarsi si può entrare nella vita monco, zoppo e senza un occhio… Addio interezza del corpo!
– Ma sono espressioni ‘iperboliche’ di Gesù. Facciamo attenzione a non cadere nell’errore di Origene che leggendo il passo in cui Gesù dice che “Alcuni si fanno eunuchi per il regno dei Cieli” (Mt 19,12) si è evirato! Poteva essere fatto Santo per la sua dedizione a Cristo, ma questo atto compiuto contro il proprio corpo ha pregiudicato la sua beatificazione.
– E’ stato forse una delle prime vittime del ‘fondamentalismo biblico’!
– Il povero Origene non ha avuto fortuna anche per un altro motivo. E’ caduto sotto le grinfie di Giustiniano che considerava il ruolo di Teologo coessenziale a quello di Imperatore. Per cui arrivò a scagliare 9 ‘anatematismi’ contro l’opera di Origene ‘De principiis’. Anatematismi letti pubblicamente al Sinodo di Costantinopoli del 543 e ratificati da Papa Vigilio l’anno dopo.
– Ce n’è qualcuno che riguarda l’argomento dell’Inferno?
– Eh sì. Ci sono due punti interessanti. Primo: “Se qualcuno dice o ritiene che il Signore Cristo nel secolo futuro sarà crocifisso per i demoni come lo fu per gli uomini, sia anatema” (Denz N° 408).
– E Origene pensava questo?
– Pare di sì visto che la condanna è per lui. Ma credo che pensasse questo in vista di una positiva soluzione finale. Infatti viene condannata un’altra proposizione collegata con questa. Senti: “Se qualcuno dice o ritiene che il castigo dei demoni e degli uomini empi è temporaneo e che esso avrà fine dopo un certo tempo, cioè ci sarà un ristabilimento (Apocatastasi) dei demoni e degli uomini empi, sia anàtema” (Denz N° 411).
– Ahi, ahi, qui sei in causa anche tu che rifiuti l’Inferno Eterno.
– Ma non ho parlato… finora, del ‘ristabilimento di demoni ed empi’.
– Ma se non c’è l’Inferno Eterno dove finiranno diavoli ed empi? Saranno riabilitati e ammessi anche loro alla festa finale oppure verranno distrutti?
– Per ora non mi pronuncio. Di questo parleremo a suo tempo.
– Va beh, vuoi tenermi col fiato sospeso…
– Torniamo a parlare della Geenna. Hai notato che Gesù parla della ‘Geenna del fuoco’ in modo molto realistico. E queste sue espressioni si prestano ad essere interpretate in ‘senso letteralistico’. La ‘Valle della Geenna’ si trova fuori dalle mura di Gerusalemme. In questa valle Salomone aveva concesso alle sue molte donne, non appartenenti al popolo ebraico, di erigere altari ai loro Dei e di compiere sacrifici. Quindi era un luogo altamente contaminato dall’idolatria. In seguito è divenuto il luogo dove si bruciavano i rifiuti, le carogne di animali e la spazzatura.
– Si prestava bene allora a raffigurare l’Inferno.
– Un’immagine che Gesù ha preso dalla realtà. C’è ancora un passo interessante: “Io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna” (Mt 5,22).
– Qui la punizione della Geenna sembra sproporzionata rispetto alla colpa!
– Hai ragione. La colpa è grave perché offende la dignità di una persona, ma se bastasse una colpa per finire nella Geenna, ovvero nell’Inferno, nessuno si salverebbe. Come vedi Gesù usa spesso un linguaggio iperbolico per dare maggiore efficacia al suo discorso. In greco ‘hyperbolé’ vuol dire ‘eccesso’. Nel linguaggio comune l’iperbole è molto usata e i comici con le loro espressioni iperboliche, caricaturali, strappano molte risate. Ma proprio perché si valuta la differenza tra la realtà e l’esagerazione. Quindi dobbiamo fare molta attenzione alle ‘interpretazioni letteralistiche’ quando Gesù parla in modo iperbolico!
– Papa Innocenzo IV allora è caduto nel letteralismo quando ha affermato: “Se qualcuno muore in peccato mortale sarà tormentato per sempre nelle fiamme della geenna eterna”!
– Ci è caduto lui e ci ha fatto cadere la Chiesa aggiungendo un pronunciamento autorevole alla Dottrina dell’Inferno. Voglio farti notare delle particolarità riguardo alle tre formulazioni di Gesù sulla Geenna. Prima di tutto questa: “Colui che ha il potere di far perire e l’anima e il corpo nella Geenna”. Perire vuol dire morire, cessare di esistere, per cui ne deriva che nella Geenna cesserebbe di esistere anche l’anima. Si tratta allora di un’estinzione totale, non del permanere in una forma di esistenza dentro la Geenna. Che te ne pare?
– Interessante!
– Nota ora quest’altra: “Il loro verme non muore e il fuoco non si estingue”. Qui si parla solo di ‘verme’ e ‘fuoco’ e si dice che né muoiono, né si estinguono. Ma questi sono gli ‘agenti di distruzione’ che attaccherebbero corpo e anima della quale però non si dice che continua a vivere.
– Anche questa notazione è interessante!
– E poi valuta questa espressione: “Sarà sottoposto al fuoco della Geenna”. Questo fuoco a cui è ‘sottoposto’ chi parla male del fratello sembra più una punizione correttiva che una definitiva condanna. Ho voluto fare queste sottolineature per mostrarti come, anche facendo attenzione al senso letterale, si può non cadere nel ‘letteralismo’. – Ho capito la lezione: ‘Il letteralismo biblico è veramente una grande insidia’!
4. Formazione del dogma
– Continuiamo la nostra carrellata. Ed ecco la professione di fede dell’Imperatore Michele Paleologo: “Le anime di coloro che muoiono in peccato mortale, o con il solo peccato originale, subito discendono all’Inferno, anche se punite con pene differenti” (Denz N° 858). Siamo nel 1274. Ma il Concilio di Firenze, XVII Concilio Ecumenico, nel 1439 con la Bolla ‘Laetentur Caeli’ trasforma questa professione di fede in solenne definizione (Denz N° 1306).
– Per cui tutti i ‘non battezzati’ andranno all’Inferno perché solo il Battesimo elimina il ‘Peccato originale’!
– Eh, sì! Allora non era stata ancora formulata la teoria del ‘Limbo’. Papa Giovanni XXII ribadisce il concetto nella sua Lettera ‘Nequaquam sine dolore’ agli Armeni del 1321: “Le anime di coloro che muoiono in peccato mortale o con il solo peccato originale, discendono subito all’inferno, per essere punite con diverse pene e in diversi luoghi” (Denz N° 926).
– Ecco l’Inferno realistico che prende forma, si parla infatti di un Inferno ‘con più luoghi’ come Lucido che parla di più ‘fuochi eterni e fiamme infernali’.
– Ma questo stesso Papa Giovanni XXII ha formulato una sua concezione sulla condizione dell’anima dei defunti che ha suscitato perplessità nel Re Filippo VI di Francia e in molti Cardinali. La sua idea era che le anime dei defunti non avessero immediatamente la visione di Dio e venissero ammesse alla piena beatitudine unicamente dopo il Giudizio Universale. Allo stesso modo riteneva che sia i demoni che gli uomini riprovati sarebbero andati al castigo eterno dell’Inferno solo dopo il Giudizio Universale.
– Questa concezione contrasta con quanto ha scritto agli Armeni.
– Appunto. Si vede che nel frattempo aveva cambiato idea. Su pressione di Filippo VI per esaminare queste idee ‘papali’ si è messa in moto addirittura l’Inquisizione. Nel gennaio del 1334 i Cardinali convinsero il Papa a dichiarare che avrebbe revocato la sua concezione se essa fosse stata trovata dall’Inquisizione in contrasto alla comune dottrina della Chiesa. E il 3 dicembre di quell’anno, in punto di morte, egli revocò, anzi possiamo dire che sconfessò, ogni sua convinzione. Ti leggo solo il finale della sua ritrattazione: “Sottomettiamo al modo di sentire della Chiesa e dei nostri successori, tutte le nostre cose dette o scritte, relative a qualsiasi argomento in ogni sua parte e in qualunque luogo e in qualunque condizione che abbiamo o abbiamo avuto finora” (Denz N° 990-991).
– Voleva proprio morire in pace…
– E non finire all’Inferno per essersi messo contro la ‘dottrina comune’ della Chiesa sull’Inferno! Il suo successore, Benedetto XII, pensò infatti di stroncare qualsiasi idea che si discostasse dalla Dottrina Cattolica con un pronunciamento solenne sulla ‘Sorte dell’uomo dopo la morte’. E’ la Costituzione ‘Benedictus Deus’ del 1342: “Noi definiamo che, secondo la generale disposizione di Dio, le anime di coloro che muoiono un peccato mortale attuale, subito dopo la loro morte, discendono all’inferno, dove sono tormentate con supplizi infernali, e che tuttavia, nel giorno del giudizio, tutti gli uomini con i loro corpi compariranno ‘davanti al tribunale di Cristo’ per rendere ragione delle loro azioni, ‘per ricevere ciascuno ciò che gli spetta in conseguenza di quello che ha fatto quando era nel corpo, sia di bene che di male’ (2Cor 5,10)” (Denz N° 1002).
– Qui compare un elemento nuovo. La distinzione tra l’inferno immediato e quello finale, in cui tutti gli uomini, ‘in anima e corpo’, saranno giudicati da Cristo e quindi coloro che sono condannati all’Inferno vi andranno anche con il corpo.
– Sì, e questa ‘opinione’ dura tutt’ora.
– E’ un aspetto inquietante che richiede ulteriori precisazioni. Ma non si tratta di un’opinione, come dici tu, ma di un pronunciamento papale.
– Non è l’unica volta… diciamo che è un ritornello continuamente ribadito.
– Terrificante! Comunque vedo come l’Inferno realistico ha preso via via forma ad ogni nuova definizione.
– Ed eccoci ai tempi nostri. Nella Lettera ‘Recentiores episcoporum synodi’ redatta dalla ‘Congregazione per la Dottrina della fede’ il 17 maggio 1979 al punto 7 si trova questa definizione: “La chiesa, in fedele adesione al Nuovo Testamento e alla tradizione, crede alla felicità dei giusti, i quali saranno un giorno con Cristo. Essa crede che una pena attende per sempre il peccatore, il quale sarà privato della visione di Dio, come crede alla ripercussione di tale pena in tutto il suo essere. Essa crede, infine, per quanto riguarda gli eletti, ad una loro eventuale purificazione che è preliminare alla visione di Dio ed è, tuttavia, del tutto diversa dalla pena dei dannati. E’ quanto la Chiesa intende quando parla di inferno e purgatorio” (Denz N° 4657).
– Nell’Inferno Eterno una ‘pena eterna dell’anima e del corpo’ attende il peccatore. Già, ‘lo attende’ che strano modo di esprimersi! Come se si trattasse di un mostro pronto ad avventarsi sul malcapitato! La Chiesa quindi ‘crede alla ripercussione della pena in tutto l’essere del peccatore’. Prendo atto che la Dottrina dell’Inferno è ormai ben definita e comprende anche questo aspetto così atroce e impressionante! E devo dirti che, in base alle informazioni che mi hai finora fornito, e vengono da fonti autorevoli, l’Inferno a questo punto mi terrorizza ancora di più!
– Ma non esiste! E’ tutta una montatura e presto te ne convincerai, stai tranquillo! La verità ti renderà sereno e imperturbabile. Sono tutte sciocchezze, invenzioni, cattive interpretazioni della Scrittura, manipolazioni eseguite ad arte allo scopo di spaventare e dominare.
– Lo spero… me lo auguro. Conto molto su quello che mi dirai tu.
– Il Magistero sa benissimo che l’Inferno è stato rappresentato, a partire dalle espressioni evangeliche iperboliche, in tinte fosche da educatori, catechisti, predicatori, artisti… Pensa solo a Bosch o a Dante! E allora il discorso continua così: “In ciò che concerne le condizione dell’uomo dopo la morte, c’è da temere particolarmente il pericolo di rappresentazioni fantasiose ed arbitrarie, perché i loro eccessi entrano, in gran parte, nelle difficoltà che spesso incontra la fede cristiana. Tuttavia, le immagini usate nella S. Scrittura meritano rispetto. E’ necessario cogliere il senso profondo, evitando il rischio di attenuarle eccessivamente, il che equivale spesso a svuotare del loro contenuto le realtà che esse designano” (Denz N° 4658).
5. La pastorale della paura
– Beh, di eccessi nella rappresentazione dell’Inferno ce ne sono stati tanti anche con l’avallo della Chiesa. Da una parte consiglia di ‘evitare gli eccessi’ ma dall’altra di ‘trattare con rispetto le immagini della Sacra Scrittura’, che però, se vengono prese alla lettera favoriscono e hanno favorito gli eccessi. Il solito metodo diplomatico di ‘salvare capra e cavoli’!
– E’ vero. Considera che, al giorno d’oggi, certe pitture fantasiose e terrificanti dell’Inferno invece di spaventare indurrebbero ad allontanarsi dalla fede. Anzi, molti lo hanno fatto perché la ‘punizione eterna’, inflitta da Dio per colpe circoscritte nel tempo, appare di una tale enormità che si finisce col rifiutare un Dio del genere e di conseguenza anche la Chiesa.
– Ma quando è iniziata la ‘pastorale della paura’ nella Chiesa cattolica?
– Possiamo cominciare da San Cipriano morto martire che in una sua Lettera scrive: “Noi saremo beati e contenti di essere onorati dalla bontà divina, mentre rimarranno sotto accusa e miserabili coloro che, avendo abbandonato Dio o essendosi ribellati a Lui, avranno fatto la volontà del diavolo, sicché, necessariamente, costoro saranno con il diavolo, torturati da un fuoco inestinguibile”(Lettera 58,10).
– San Cipriano fissa l’umanità in due categorie per tutta l’eternità.
– La sua sembra più la consolazione del martire nel veder puniti i suoi aguzzini. La concezione dell’Inferno ha avuto la sua prima sistemazione teologica da Sant’Agostino. E dato il prestigio che godeva nella Chiesa le sue idee sono state accolte in modo acritico. Agostino ha elabora la ‘Dottrina del Peccato originale’ e della sua trasmissione, per cui tutti gli uomini nascono peccatori e, se non vengono battezzati, andranno all’Inferno, anche se sono bambini. L’Inferno è per tutti i cristiani che si ostinano in qualche peccato e muoiono in quello stato. Inoltre, poiché ci si chiedeva quando comincia l’Inferno, Agostino risolve il problema a modo suo che poi entrerà a far parte della concezione della Chiesa: “L’Inferno comincia subito dopo la morte ma dopo il giudizio finale le sofferenze dei dannati saranno più gravi perché un fuoco materiale brucerà corpo e anima senza consumarli”. Ecco il cosiddetto ‘supplizio del senso’.
– Ecco il ritornello: ‘corpo e anima’.
– Che ti dicevo?
– Ma il ‘supplizio del senso’ riguarda solo il fuoco?
– Eh no, bello mio! Tu non puoi immaginare che cosa hanno saputo inventare Padri della Chiesa, Predicatori, Teologi, Prelati e anche ‘Santi’ per terrorizzare la gente. Ti presento un Santo di tutto rispetto, Sant’Ignazio di Loyola. Ebbene nei suoi ‘Esercizi Spirituali’ dedica la parte quinta ad una approfondita e particolareggiata meditazione sull’Inferno. Ignazio si avvale molto dell’immaginazione per rappresentare al vivo delle scene che si imprimano bene nella memoria, e si avvale di tutti i cinque sensi: “Punto primo. Con gli occhi della mente, vedere l’immenso fuoco e le anime come dentro a dei corpi incandescenti. Punto secondo. Con l’orecchio sentire i gemiti, le urla, le grida, le bestemmie contro Cristo Nostro Signore e tutti i Santi…”
– Un momento! Scusa se t’interrompo. Poiché si tratta di uno sforzo della propria immaginazione… il Santo spingerebbe a formulare bestemmie contro Cristo e i Santi per rendere più realistica la scena. Ma si rende conto che in questo modo chi immagina sta effettivamente producendo bestemmie?
– Forse non ha pensato a questa sottigliezza. Vado avanti: “Punto terzo. Con l’odorato sentire il fumo, lo zolfo, la cloaca e la putrefazione. Punto quarto. Col gusto assaggiare le cose amare, per esempio le lacrime, la tristezza e il tarlo della coscienza. Punto quinto. Col tatto toccare nel modo che il fuoco tocca le anime”.
– Hai ragione. Coinvolge tutti i sensi immaginando le cose più dolorose o disgustose.
– E alla fine devi “avere un colloquio con Cristo nostro Signore… perché non ha lasciato che tu finissi tra i dannati ma ha sempre avuto per te tenerezza e misericordia”.
– Quindi i dannati all’Inferno sono lì perché Gesù ‘li ha lasciati finire lì’? Allora invece di ringraziare questo ‘Nostro Signore’, che non può essere il Gesù Cristo vero, io vorrei rimproverarlo perché ha lasciato finire tanta gente a patire per tutta l’eternità in quel luogo di tortura!
– Vedo che cominci a scaldarti e ad indignarti, ma calmati, perché avremo modo di scoprire altre enormità a proposito dell’Inferno Cattolico. Un altro Santo che ci istruisce sull’Inferno e San Francesco di Sales. Nel suo libro ‘Introduzione alla vita beata’ del 1609 insegna a fare alcune considerazioni sugli orrori infernali. Ti leggo qualche brano: “Mettetevi alla presenza di Dio. Immaginate una città tenebrosa, che brucia tutta di zolfo e fetida pece, piena di cittadini che non possono uscire. I dannati stanno dentro l’abisso infernale come dentro questa sventurata città, dove patiscono tormenti indicibili in ognuno dei loro sensi e in tutte le loro membra… gliocchi patiranno la visione orribile dei diavoli e dell’inferno… gli orecchi non sentiranno che gemiti, lamenti e pianti disperati”.
– Fin qui espone la sua versione della ‘pena del senso o dei sensi’.
– Ma ecco ora la pena più grave: “Oltre a questi tormenti ce n’è uno ancora più grande, che è la privazione e la perdita della gloria di Dio, la quale è preclusa per sempre ai dannati”. E questa pena è ulteriormente aggravata da questa ultima considerazione: “Considerate anzitutto l’eternità delle pene, che rende da sola insopportabile l’inferno”.
– Pensavo che San Francesco di Sales fosse un santo più umano e compassionevole…
– E lo era, ma accetta passivamente il ‘dogma’ della dannazione e non si rende conto che, se c’è un Inferno così spietato, allora vuol dire che il Dio che conosciamo attraverso Gesù Cristo… è spietato.
– Beh, però è vero che l’Inferno è presentato come un atto di giustizia di Dio, non di vendetta o di crudeltà fine a se stessa.
– L’eternità dell’Inferno non può in nessun modo essere presentata come ‘un atto di giustizia’, checché ne dicano i teologi o il Magistero cattolico.
– Forse hai ragione…
6. La ‘razionalità’ dell’Inferno
– Il Teologo che ha cercato di dare una spiegazione razionale dell’Inferno ‘come luogo della giustizia di Dio’ è il grande Tommaso d’Aquino…
– Anche lui Santo.
– Un sant’uomo, ma viveva nel solco della tradizione dogmatica della Chiesa. Anzi se ne è fatto paladino e la domanda più impegnativa alla quale ha tentato di rispondere è proprio questa: “Come può un Dio infinitamente buono condannare a una sofferenza eterna la propria creatura?”
– La domanda è ancora più inquietante se si tratta di ‘molte creature’.
– Ovvio. Tommaso ha tentato varie risposte, giudica tu quanto siano convincenti, soprattutto trattandosi di ragionamenti logici, freddi, distaccati davanti ad un problema che è ‘tragico’. Il tema dell’Inferno lo ha trattato nella ‘Summa contra Gentiles’ (1263-64), nel trattato ‘De malo’ (1266-67) e anche nella sua ‘Summa theologica’. Io te ne do necessariamente una sintesi. Prima ragione: “Il peccato mortale sovverte il principio che regola l’ordine universale, e questa è una colpa irreparabile la cui sanzione non può essere che eterna”.
– Discorso molto astratto soprattutto perché non si dice che ‘cos’è il peccato mortale’. Non mi convince.
– C’è chi ha fatto un elenco dei peccati mortali che mandano dritti all’Inferno, come il Vescovo Cesario di Arles, sostenitore accanito di Sant’Agostino e della sua concezione dell’Inferno, nonché della ‘Dottrina del Peccato originale’, al punto che è riuscito a far diventare il Sinodo di Orange una pietra miliare nella storia di questo dogma. Ebbene ecco il suo elenco: “Omicidio, furto, ubriachezza, ira, falsa testimonianza, sacrilegio”.
– Il problema è un altro. Bisognerebbe precisare il profilo del peccatore meritevole dell’Inferno, più che fare una lista dei peccati. Nella realtà non esistono ‘peccati’ ma ‘esseri umani che peccano’, ossia compiono azioni negative, distruttive, egoistiche. Ma la medesima azione negativa per uno è peccato, perché vi è consapevolezza, deliberazione, ostinazione, e per un altro può essere solo errore o incapacità o debolezza. Anche la legge degli uomini in un’azione grave come l’omicidio distingue la fattispecie: omicidio intenzionale, preterintenzionale, colposo, premeditato, per gelosia, per vendetta… Insomma: ‘Esiste il reo più che il reato, il peccatore più che il peccato’!
– Sono d’accordo con te. La stessa distinzione tra peccati mortali e veniali è molto astratta. Senti un’altra ragione di San Tommaso: “Chi deliberatamente sceglie il peccato mortale finisce in una condizione dalla quale non può più uscire con le proprie forze perché ha messo se stesso, creatura, al di sopra del creatore. Questa è una scelta definitiva che continuerebbe in eterno se la creatura potesse vivere in eterno per cui deve essere punita in eterno”.
– Ma il peccatore non può sempre pentirsi, chiedere perdono e ottenerlo?
– Certo, ma per i meritevoli dell’Inferno significa che hanno compiuto una ‘scelta irrevocabile’, che non prevede pentimento.
– Mah! Non mi convince. Chi pecca non fa scelte irrevocabili, pecca e basta. Anche se dovesse peccare con arroganza, anche se dicesse: “Non mi pentirò mai!” ciò non significa che non possa cambiare idea.
– Vedi, il Teologo deve giustificare una pena eterna e allora deve ipotizzare una scelta irrevocabile. Chi si pente non fa parte di quella categoria. Chi pecca e non si pente va all’Inferno. Chi è il capo dell’Inferno? Satana. Anche di Satana si dice che ha fatto ‘una scelta irrevocabile’ della quale non si pentirà mai. Quindi vedi l’analogia tra gli uomini dannati e i diavoli dannati.
– Ho una domanda da farti: “Dove sta scritto nella Bibbia che il Diavolo ha fatto una scelta irrevocabile dalla quale non tornerà mai indietro?”
– Francamente… da nessuna parte.
– Quindi è un’invenzione dei Teologi.
– Diciamo una ‘deduzione’… Il Diavolo prima di essere ribelle era un Angelo, forse addirittura un Arcangelo. Nel pensiero dei teologi queste creature sono ‘puri spiriti’.
– Ed ecco allora mi si presenta un’altra domanda: ‘Dove sta scritto nella Bibbia che sono ‘puri spiriti’?
– Con la stessa franchezza devo risponderti: ‘Da nessuna parte’.
– Quindi siamo in presenza di una opinione e di una deduzione.
– Infatti. Ma ora lascia che ti esponga in modo completo la deduzione. Essendo un ‘puro spirito’ doveva essere molto vicino a Dio e anche molto intelligente…
– Altre deduzioni!
– Insomma, lasciami finire. Ti sto esponendo l’opinione autorevole della teologia cattolica accredita presso il Magistero.
– Taccio e ascolto.
– Ti dicevo che se questo ‘puro spirito’, dopo la ribellione designato come Diavolo o Satana, con tutta la sua eccelsa intelligenza ha deciso di mettersi contro Dio, deve averlo fatto a ragion veduta e quindi, secondo il loro illuminato parere, non tornerà mai più indietro, per cui la sua decisione è sancita come ‘irrevocabile’.
– Ho capito che si tratta di un castello di ipotesi e deduzioni teologiche quindi non c’è nessun vero fondamento scritturale.
– Sai che, mentre cercavo di esporti le ragioni dei teologi, mi è balzato nella mente, con tutta evidenza, il pensiero che essi hanno voluto a tutti i costi dare una formulazione razionale al ‘mistero dell’iniquità’, per cui hanno inventato questa storia della ‘scelta irrevocabile’… di cui effettivamente non c’è nessuna notizia nella rivelazione.
– Le mie domande insistenti sono servite allora a qualcosa.
– Indubbiamente!
– Credo che dovremo approfondire questo tema…
– E’ il ‘Mistero dell’Iniquità’ e, nei limiti del possibile, lo faremo.
– C’è qualche altro tentativo di Tommaso di giustificare l’eternità dell’Inferno?
– Sì e questa è una ‘ragione decisiva’ e di tutto rispetto: “La pena è proporzionata alla dignità della persona offesa: offendere il Dio infinito merita una pena infinita. La creatura finita non può soffrire con infinita intensità e bisogna quindi che ci sia una compensazione nella durata”.
7. Mistici contro teologi
– Decisiva, eh? Mi hai fatto venire in mente una cosa. Hai qui il libro di Santa Caterina da Siena ‘Dialogo della Divina Provvidenza’?
– Sì, ce l’ho. E quel volume là sullo scaffale. Santa Caterina è stata proclamata ‘Dottore della Chiesa’.
– Sì, lo so, per questo la chiamo in causa. Senti che dice a proposito di colpa infinita e di pena infinita. O meglio senti che cosa dice Dio attraverso di lei: “Non sai tu figliola mia, che tutte le pene che un’anima soffre o può soffrire in questa vita non bastano a punire nemmeno la più piccola colpa? Infatti l’offesa fatta a me, che sono Bene infinito, richiede un’infinita soddisfazione. E’ vero che il prezzo consiste nel desiderio dell’anima, cioè nella vera contrizione e nel dolore per il peccato. Il vero pentimento infatti paga il prezzo della colpa e della pena, non grazie alla sofferenza che esso comporta, la quale, per grande che sia, è sempre limitata, bensì per il desiderio santo dell’anima, che è infinito. Dio, che è infinito, vuole infinito amore …Gli atti finiti non sono sufficienti né a punire né a premiare, se manca il condimento dell’amorosa carità” (Dialogo N.3). Da questo brano risulta che Dio è misericordioso e mette le persone in condizione di riparare colpa e pena. Che ne dici?
– Già. Ma mentre Caterina offre una prospettiva di salvezza per Tommaso non c’è che la dannazione eterna, ovvero infinita, a controbilanciare la colpa infinita. Tommaso è considerato ‘l’Ipse dixit’, per cui la sua autorità è indiscussa, e ha detto: ‘La creatura finita non può soffrire con infinita intensità e quindi compensa con la durata infinita’. E questa ‘durata’ ce l’hal’Inferno eterno!Invece Caterina, anzi Dio Padre attraverso di lei, offre una interessante soluzione: ‘Il vero pentimento paga colpa e pena, non grazie alla sofferenza che è sempre limitata, bensì per il desiderio santo dell’anima, che è infinito’. Due impostazioni: la prima inesorabile, la seconda geniale: l’amore riscatta il peccato!
– Se Dio facesse della sua infinità un mezzo per opprimere l’umanità… che razza di Dio sarebbe? Non certo il Dio che si è rivelato in Cristo! Dio è colui che dona la sua infinità, ossia la sua natura divina, per mettere gli esseri umani in condizione di amarlo con il suo stesso amore e riparare così colpa e pena.
– Ecco la differenza che corre tra un Teologo razionalista e una Mistica innamorata di Dio! Uno va con la logica e diventa spietato, l’altra con l’amore e diventa una cosa sola con Dio, misericordiosa come Lui.
– Fra le questioni che affrontano i Teologi c’è quella che riguarda il numero dei dannati. Si parte da una frase di Gesù, interpretata ovviamente in senso letterale: “Molti sono i chiamati, pochi gli eletti” (Mt 22,14). Che cosa ha veramente inteso dire Gesù con queste parole?
– I Teologi lo sanno. “I salvati sono pochi” scrive San Tommaso d’Aquino. Vincenzo de’ Paoli si sbilancia: “Io credo che tre quarti delle persone saranno dannate per il peccato d’ignavia”. E Grignon de Monfort eccede: “Il numero dei beati è così piccolo, ma così piccolo che fra diecimila persone ce n’è uno appena”.
– Ma questa brava gente non si è resa conto che ogni persona che si danna aumenta l’infelicità di Dio e rappresenta il suo fallimento? Se poi fossero davvero così tanti… Dio avrebbe fatto meglio a non creare nessuno, perché questa sua creazione sarebbe in modo spropositato una fabbrica di disperazione e di perdizione!
– Nel secolo XVI il problema acquistò un nuovo sviluppo con la scoperta delle Americhe. La domanda che si fecero allora fu questa: “Se è vero, come la Chiesa Cattolica insegna che ‘Fuori della Chiesa non c’è salvezza’ a quanto ammonta il numero di coloro che hanno vissuto in quelle terre e quelli che ci vivono tutt’ora?” Ecco che si dovettero annoverare milioni di dannati supplementari che non erano stati previsti.
– Un Inferno veramente sovrappopolato! Che catastrofe umanitaria!
– Però qualcuno cominciò ad usare un po’ di buon senso e di umanità. Ed ecco che si affacciò la soluzione che ‘per salvarsi’ fosse sufficiente l’osservanza della legge naturale, secondo quanto afferma San Paolo: “Quando i pagani, che non hanno la legge, per natura agiscono secondo la legge, essi, pur non avendo legge, sono legge a se stessi; essi dimostrano che quanto la legge esige è scritto nei loro cuori come risulta dalla testimonianza della loro coscienza e dai loro stessi ragionamenti, che ora li accusano ora li difendono” (Rm 2,14-15).
– Finalmente un po’ di respiro e di speranza!
– E, saltando due millenni, si arriva al Concilio Vaticano II: “Quelli che senza colpa ignorano il Vangelo di Cristo e la sua Chiesa e che si sforzano di compiere con le opere la volontà di Dio, conosciuta attraverso il dettame della coscienza, possono conseguire l’eterna salvezza” (Lumen Gentium n° 16b).
– Anche se con queste parole la Chiesa Cattolica contraddice quanto ha sempre insegnato, almeno libera milioni di anime dall’incubo dell’Inferno!
8. Catechismo dell’Inferno
– Ora dopo quest’ampia carrellata sui Vangeli e sulla Tradizione diamo un’occhiata al Catechismo della Chiesa Cattolica pubblicato nel 1992 che parla dell’Inferno ai NN. 1033-1037.
– Bene. Penso che mi sia molto utile approfondire ciò che pensa ‘ai nostri giorni’ la Chiesa Cattolica sul tema dell’Inferno e della dannazione. Già un po’ l’abbiamo fatto, ma ora l’ultimo Catechismo sfornato dal Magistero chiarirà ogni cosa. Almeno me lo auguro.
– ‘Chiarirà’? Ti illudi. E più appropriato dire che ‘oscurerà’, comunque eccoti accontentato: “Morire in peccato mortale senza essersene pentiti e senza accogliere l’amore misericordioso di Dio, significa rimanere separati per sempre da lui per una nostra libera scelta. Ed è questo stato di definitiva auto-esclusione dalla comunione con Dio e con i beati che viene designato con la parola inferno” (CCC n° 1033). Come ti dicevo si insiste sulla ‘libera scelta’ e la ‘autoesclusione’. Non è Dio che ti manda all’Inferno, non vai lì per punizione divina ma… per tua ‘decisione libera’.
– E chi sarebbe così idiota da scegliere liberamente e lucidamente l’Inferno? Se è vero che si va all’Inferno sapendo esattamente quello che si sta facendo… nessuno farà mai questa scelta.
– Per capire meglio devo leggerti allora anche l’inizio del paragrafo che ho saltato. Ascolta: “Non possiamo essere uniti a Dio se non scegliamo liberamente di amarlo. Ma non possiamo amare Dio se pecchiamo gravemente contro di lui, contro il nostro prossimo o contro noi stessi: ‘Chi non ama rimane nella morte. Chiunque odia il proprio fratello è omicida, e voi sapete che nessun omicida possiede in se stesso la vita eterna’ (1Gv 3,15). Nostro Signore ci avverte che saremo separati da lui se non soccorriamo nei loro gravi bisogni i poveri e i piccoli che sono suoi fratelli” (CCC n° 1033). Vedi, anche qui si parla di ‘libera scelta’ ma riguarda l’amore di Dio e l’amore del prossimo. Per cui, questo è il ragionamento: “Se non scegliamo liberamente di amare Dio e il prossimo, in pratica scegliamo liberamente la separazione da Dio, e se arriviamo alla fine della vita in questo rifiuto e come se scegliessimo liberamente la separazione da Dio, cioè l’Inferno”. Mi hai seguito?
– Altroché. C’è però da chiedersi: “Quanti conoscono in modo consapevole, chiaro, senza fraintendimenti che c’è questo collegamento?”
– Hai ragione. Bisognerebbe conoscere bene i Vangeli. Nel paragrafo successivo si fa riferimento a quanto è riportato dai Vangeli come detto da Gesù: “Gesù parla ripetutamente della ‘Geenna’, del ‘fuoco inestinguibile’, che è riservato a chi sino alla fine della vita rifiuta di credere e di convertirsi, e dove possono perire sia l’anima che il corpo. Gesù annunzia con parole severe che egli ‘manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno tutti gli operatori di iniquità e li getteranno nella fornace ardente’, e che pronunzierà la condanna: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno!”(CCC n° 1034).
– Fuoco inestinguibile… fuoco eterno. Non basta citare questi passi isolandoli dal contesto dei Vangeli, equivale ad assolutizzarli. Bisogna invece collegarli con i passi in cui si parla della misericordia di Dio e vedere come ‘Inferno cattolico’ e ‘Misericordia di Dio’ possono stare insieme.
– Sono pienamente d’accordo. Proprio assolutizzando quei passi, senza considerarli nel contesto di tutto il Vangelo, si è arrivati a formulare l’Inferno Cattolico. Ed ecco ora l’esposizione precisa del dogma cattolico: “La Chiesa nel suo insegnamento afferma l’esistenza dell’Inferno e la sua eternità. Le anime di coloro che muoiono in stato di peccato mortale, dopo la morte discendono immediatamente negli inferi, dove subiscono le pene dell’inferno, ‘il fuoco eterno’. La pena principale dell’inferno consiste nella separazione eterna da Dio, nel quale soltanto l’uomo può avere la vita e la felicità per le quali è stato creato e alle quali aspira” (CCC n° 1035).
– Avevi ragione quando hai detto che non è cambiato niente: discesa immediata all’Inferno dopo la morte di coloro che sono ‘in stato di peccato mortale’, fuoco eterno che sarebbe la ‘pena del senso’ e poi la ‘separazione eterna da Dio’.
– Ascolta ora il richiamo alla responsabilità personale: “Le affermazioni della Sacra Scrittura e gli insegnamenti della Chiesa riguardanti l’Inferno sono un appello alla responsabilità con la quale l’uomo deve usare la propria libertà in vista del proprio destino eterno”(CCC n° 1035).
– Giusto riferimento alla responsabilità personale. È il ‘libero arbitrio’ che ci permette di compiere le nostre scelte, ma dobbiamo anche avere una conoscenza adeguata ed essere sicuri di trovarci davanti alla verità della rivelazione e non a dottrine di uomini!
– E proprio perché ognuno è responsabilizzato ecco, subito dopo, l’appello alla conversione che giunge direttamente da di Gesù: “Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa; quanto stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla Vita, e quanto pochi sono quelli che la trovano!” ( Mt 7,13-14).
– Questo è uno di quei passi che può favorire la credenza che effettivamente siano pochi quelli che ‘entrano nella via che conduce alla vita’ perché l’Inferno sembra essere più invitante e accessibile. Cosicché l’Inferno, alla fin fine, sarebbe più popolato del Paradiso!
– Stai ora attento a questa ultima notazione: “Dio non predestina nessuno ad andare all’inferno; questo è la conseguenza di una avversione volontaria a Dio (un peccato mortale), in cui si persiste sino alla fine” (CCC n° 1037). Insomma, all’Inferno ci va solo chi ci vuole andare ma… è più facile finire lì che finire in Paradiso!
– Dopo questa scorpacciata di pronunciamenti dogmatici e teologici sono pronto a sentire che cosa hai da dirmi tu sull’Inferno con argomentazioni serie ben ponderate.
9. Bontà di Dio e libertà dell’uomo
– In realtà quanto ti dirò è il frutto di una grande impresa e direi di una conquista. E spero lo sia anche per te.
– Me ne sto accorgendo. Bisogna combattere contro prese di posizione assolute e millenarie.
– Proprio così! Ebbene, amico mio, l’Inferno Cattolico, come questo ‘excursus’ ha dimostrato, è un’invenzione del Magistero che ha interpretato alcuni passi evangelici in modo letterale. Ecco la convinzione a cui sono arrivato. Quindi dell’Inferno non devi avere più paura per il semplice fatto che quell’Inferno lì non c’è, non esiste, non c’è mai stato né mai ci sarà!
– Trallalero… trallalà!
– La tua mi sembra un’allegria poco convinta, anzi ironica.
– E’ evidente che non mi basta la tua bella dichiarazione. Sono lento a maturare delle convinzioni nuove e ho ancora molte obiezioni, aspetti da chiarire, domande da fare. Intanto vorrei dire che se facciamo piazza pulita dell’Inferno… non ci sarà più limite al peccato. La paura dell’Inferno ha sempre avuto una funzione moralizzatrice, ne converrai, spero.
– Per un certo tempo, forse. Ma ha provocato anche reazioni che sono passate dalla negazione dell’Inferno alla negazione di Dio che lo ha preparato, diciamo pure creato, e lo tiene… in vita, anche se è luogo di morte! Vedi, se ci fosse davvero l’Inferno come ‘condanna alla sofferenza eterna’, non si potrebbero affermare né la bontà di Dio, né la libertà dell’uomo, né il senso della creazione, né il valore della redenzione.
– Infatti! Qui sta il nodo del problema!
– La ‘concezione dell’inferno’ è collegata con la ‘concezione della salvezza’ che è tutt’uno con la ‘concezione di Dio’. Ascolta questo ragionamento. Dio è buono, crea per amore e vuole donare il meglio alle sue creature. Sei d’accordo?
– La bontà di Dio non si discute!
– Dio è dunque buono e vuole darti cose buone perché ti ama… ma tu prova a dirgli di no, prova a disubbidirgli e vedrai quanto è spietato e crudele. E’ capace di tenerti per sempre nel luogo peggiore che si possa immaginare. Dirai ancora che Dio è amore?
– Certo che la bontà di Dio non è conciliabile con questa punizione senza scampo, senza soluzione, senza reale alternativa.
– Quanto al senso della creazione, che significato ha una creazione in cui anche una sola creatura, ma sembrano essere tante, è condannata a pene terribili ed eterne?
– Infatti, io mi sono sempre chiesto: “Ma come fa Dio a godere della beatitudine eterna insieme ai salvati, mentre altri soffrono in quel modo?”
– Appunto. Ma i teologi del calibro di San Tommaso, spiegavano che una delle gioie dei beati sarà contemplare nelle pene dei dannati la giustizia di Dio e ciò a cui si sono sottratti!
– Inaccettabile! Un teologo intelligente come lui è arrivato ad affermare questo?
– E’ la ‘stupidità degli intelligenti’ che si fanno trascinare dal rigore della logica.
– Meglio stare in guardia dalla ‘logica’ se può far diventare disumani.
– La ‘logica’ è un ottimo strumento d’indagine purché sia esercitato nei suoi limiti. Anche la ‘critica’ può servirsi della logica. Un coltello è un semplice arnese ma può servire per tagliare una fetta di pane o per uccidere. Così è la logica.
– Un esempio azzeccato!
– Ora pensa alla redenzione. Cristo Redentore dell’umanità quanti ne salva? E gli altri? Una ‘massa di dannati’, come chiamava sant’Agostino l’umanità decaduta dopo il ‘Peccato Originale’, per la qual non c’è rimedio… se non per alcuni? Valeva la pena allora creare per un fallimento del genere?
– Ma con i ‘cattivi’, cioè le persone che disprezzano Dio e la sua Legge, Dio che dovrebbe fare? I ‘cattivi’ non possono certo avere lo stesso trattamento dei ‘buoni’, cioè di quelli che hanno rispettato la Legge di Dio, hanno amato Dio e il prossimo e muoiono nella sua grazia.
10. Cattivi e buoni
– Ecco, parliamo allora dei ‘cattivi’. Chi sono i cattivi? Come si diventa cattivi?
– L’uomo è creato libero: sceglie quindi liberamente se vuole stare con Dio o contro Dio, ubbidire a Dio o disubbidire, fare la volontà di Dio o la propria.
– Qui è il punto. Ascoltami. Ti espongo la condizione dell’uomo secondo questa impostazione. Voglio applicarla a te, forse apparirà più chiaramente. Dio, senza chiederti nulla decide di crearti, sei un essere mano, sei libero. Nella tua libertà hai due possibilità: fare quello che dice Dio oppure non farlo. Appunto, sei libero. Decidi di fare quello che Dio vuole da te perché ti sembra la cosa migliore. Bravo! Ti aspetta la ricompensa, chiamiamola il Paradiso. Ma supponi che tu voglia esercitare la tua libertà, visto che ce l’hai, nell’altra direzione. Che accadrà? Andrai per tutta l’eternità in quel terribile luogo chiamato Inferno, là soffrirai tutti i tormenti e tutti i mali e non avrai più modo di vedere Dio, sia pure solo per protestare. Quindi la tua libertà, se ci pensi bene, ha solo uno sbocco sensato, quello di ubbidire a Dio per evitare il peggio. Hai detto che hai paura dell’Inferno, paura di andarci, vero? Ebbene, sicuramente terrorizzato dalla prospettiva dell’Inferno farai il buono tutta la vita e così andrai a goderti il Paradiso!
– Mi stai prendendo in giro.
– A dire il vero è questa concezione della libertà che è una presa in giro! Non puoi rifiutarti di essere creato e una volta creato, se non vuoi soffrire eternamente, è meglio che tu ubbidisca a Dio. Sei davvero libero? Pensaci. E’ vera libertà questa?
– No, hai ragione. E’ evidentemente una ‘costrizione’ mascherata da libertà.
– Quindi, poiché siamo certi che Dio è buono… la libertà che ci ha dato non può essere questa. Dobbiamo ricercare quale sia la nostra ‘vera libertà’.
– Fammela scoprire, ti prego! Sono libero ma, a quanto pare, non conosco il senso vero della mia libertà, è così?
– Sì, e non lo conosci perché ti sono stati prospettati l’Inferno e il Paradiso come due luoghi da scegliere, entrambi reali, destinazioni ineludibili: ‘O l’una o l’altra, scegli!’. Tu pensa: ‘Chi sarà mai quel cretino che sceglierà l’inferno?’ Eppure, a quanto pare, molti andrebbero all’inferno. Sarà proprio così?
– Ma siamo liberi sì o no?
– Te l’ho detto, siamo liberi, ma d’una libertà vera, liberi di scegliere tra due alternative che non siano offensive della nostra dignità di uomini. Ma prima di parlare di questa libertà dobbiamo vedere che cosa vuol dire ‘essere buoni’. Lasciamo i ‘cattivi’ per un momento all’inferno.
– Ma se non c’è!
– Ho scherzato. Volevo dire: lasciamo per un momento in sospeso la questione dell’Inferno per i cattivi. Va meglio così? E ora occupiamoci dei buoni. Che in fondo siamo noi, non è vero? C’è un mattacchione che ha detto: “Gli uomini si distinguono in buoni e cattivi. La distinzione è fatta dai buoni”.
– Mi fai venire in mente quando la maestra si doveva assentare e mi mandava alla lavagna. Prendevo un gesso e facevo una bella riga perpendicolare a metà, da una parte scrivevo BUONI e dall’altra CATTIVI e poi appena uno si muoveva o parlava o rideva scrivevo il suo nome nella colonna dei CATTIVI.
– E i buoni come li riconoscevi?
– Erano quelli che stavano zitti, con le braccia conserte, fissi, immobili e mi guardavano.
– Guardavano il giudice. Io, tanti anni fa, ho insegnato per un periodo ai bambini della scuola primaria. Insegnavo Religione, beninteso. Una volta un bambino mi ha chiesto di fare proprio quello che facevi tu con tanta sicurezza. Io dovevo per l’appunto allontanarmi un attimo e ho detto: ‘Bene, prendi il gesso, scrivi BUONI e CATTIVI’, ovviamente lui l’ha fatto già pregustando la sua funzione di giudice. Allora gli ho detto: ‘Ora scrivi il tuo nome nella colonna dei CATTIVI e vai pure a posto’. Quel bambino mi ha guardato smarrito, non ha osato disubbidire e ha cominciato a scrivere con la mano che gli tremava il suo nome. I suoi compagni cominciavano a ridere. Allora ho detto: ‘Vedi che non è una cosa piacevole trovarsi in quella colonna, chiunque ti ci metta? Cancella pure tutto e vai a posto’. Respiro di sollievo del ragazzo. E allora rivolto alla scolaresca ho detto: ‘Ragazzi, mi fido di voi. Siete tutti buoni. Leggete silenziosamente il Sussidiario a pagina 12’.
– E come è andata l’autodisciplina?
– Devo dire che sono stati tutti tranquilli, forse nel timore che li mettessi io nella colonna dei cattivi!
– Hai detto. ‘Occupiamoci dei buoni’ ma mi pare che, al di là di distinzioni superficiali, dobbiamo capire che cosa voglia dire ‘essere buoni’.
– L’uomo è buono. Dio l’ha creato buono. Tutti gli uomini sono buoni. I bambini nascono buoni.
– Ma allora… il ‘Peccato Originale’?
– Vorrei per il momento non parlarne. Una cosa alla volta. È un argomento della massima importanza e lo affronteremo sicuramente, non voglio evitarlo, ma per ora vorrei, per così dire, dare per scontata la bontà dell’uomo in relazione alla bontà di Dio, senza prendere in considerazione la cosiddetta ‘Dottrina del Peccato Originale’.
– Va bene. Bontà dell’uomo ‘data ma non concessa’.
– Sia pure. Ora ti chiedo: ‘Sai qual è il fine che Dio si è prefisso creandoti?’
– La domanda è traducibile in quest’altra: ‘Che cosa vuole da me’?
– No. Ti sto chiedendo: ‘Sai che cosa vuole fare lui per te’?
– Vuole darmi la felicità.
– Certo, ma è una risposta generica e non basta. Stiamo parlando di Dio. Dio ti crea. Che cosa vuole conseguire? Anzi, diciamo meglio: ‘Chi vuole che tu sia’?
– Un essere umano come dice la Scrittura “a sua immagine e somiglianza” (Gn 1,26).
– Tutto qui? ‘Essere umano’ e basta?
– Vuole adottarmi come figlio… farmi diventare ‘Figlio di Dio’.
– Risposta esatta ma… le parole sono ambigue sai, e sei incorso in un errore.
– Mi sto rendendo conto che soppesi ogni mia parola, devo stare attento a parlare.
– Il fatto è che le parole tradiscono i nostri schemi mentali. Le parole sono ambigue, come ti dicevo, cioè hanno molti significati e possono ingannarci. Guai ad assolutizzare le parole, soprattutto quelle che si trovano nella Bibbia. Dimmi: ‘Che cosa significa diventare Figlio di Dio’? Non diciamo, parlando dell’umanità in genere: ‘Siamo tutti figli di Dio’? Che bisogno c’è allora di diventarlo?
– È vero, siamo già tutti figli di Dio come ‘creature’, ma con Gesù Cristo le cose cambiano. Lui ci ha rivelato che il Padre vuole farci diventare ‘Figli di Dio’ in un modo nuovo, pieno, speciale.
11. Il teologo fallito
– Quanti modi ci sono di essere Figlio di Dio?
– Per quanto ne so… due. Uno è il Figlio di Dio, il Logos, che si è fatto uomo, l’altro modo è il nostro. Diventiamo figli di Dio ‘per adozione’, come dice San Paolo. Quindi, ci sono due modi.
– Davvero? Serie A, Gesù Cristo, e serie B, tutti noi, o meglio quelli di noi che credono in lui, diciamo i ‘buoni’.
– Questa è quanto insegna la Chiesa Cattolica.
– La Chiesa Cattolica o la Bibbia?
– Perché, il Magistero della Chiesa Cattolica può insegnare in modo diverso dalla Bibbia?
– Veramente dice di non farlo. E noi stiamo alle sue affermazioni oppure verifichiamo?
– Sono qui per cercare la verità a qualunque costo e penso che chi insegna dovrebbe essere contento di essere sottoposto al vaglio più severo. Se non ha nulla da temere, anzi, apparirà ancora più chiaramente lo splendore della sua verità. Mi viene in mente un brano del Vangelo di Giovanni: “Chiunque fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere. Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio” (Gv 3,20-21).
– Non mi risulta che la Chiesa Cattolica gradisca molto far risplendere la sua verità attraverso di me. Chi sono io? Un ‘teologo dissidente’, che non si è accontentato di seguire la via sicura tracciata dalla Chiesa per i suoi teologi, ma ha aperto porte sbarrate e s’è inoltrato per sentieri inesplorati. Sai che ti dico? Io sono un‘teologo cattolico fallito’. Sì, come teologo ho veramente fallito. Ma ho deciso di essere un uomo alla ‘ricerca della verità’, anzi, per essere più preciso un ‘Figlio di Dio’ che cerca la verità guidato dal buon senso e illuminato dallo Spirito!
– Allora il tuo cammino è sicuro.
– Sicuro, sì, ma bisogna essere molto vigilanti, caro… figliolo, posso chiamarti così?
– Potresti essere mio padre.
– Siamo coetanei con Carlo, già. Ma ti ho chiamato ‘figliolo’ perché voglio lasciarti la mia eredità, quello che ho trovato sui sentieri impervi dello Spirito. Allora, torniamo al nostro destino: diventare ‘Figli di Dio’! Voglio mostrarti che esiste un solo modo di essere Figlio di Dio. Seguimi attentamente. Tutte le domeniche in Chiesa recitiamo il Credo, la nostra solenne professione di fede che si chiama ‘Simbolo Niceno-costantinopolitano’ perché ci sono voluti due Concili per definire il nocciolo, cioè l’essenza, della nostra fede cattolica. Ebbene quando dichiariamo la nostra fede in Gesù Cristo, proclamiamo: “Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato non creato…”. Per cui il modo di essere ‘Figlio di Dio’ è quello di essere ‘Figlio generato’. Dio genera Dio. Ci siamo fin qui?
– Ti seguo… con una certa trepidazione.
12. Figli di Dio perché generati da Dio
– Ora dobbiamo prendere in mano il Vangelo di Giovanni. Eccolo qua. Lo tengo sempre vicino a me. È il Vangelo che preferisco perché testimonia Cristo in un modo così vivo, così reale, così comunicativo che riesci quasi a vederlo, cioè a contemplarlo. Bene. Ora leggo un brano del Prologo: “Il Logos… venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto. A quanti però l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati” (Gv 1,11-13). Non noti nulla?
– Noto sì, noto che usa lo stesso verbo ‘generare’. Dio Padre genera ‘suo Figlio’ e genera ‘suoi Figli’ anche gli esseri umani che accolgono Cristo… Stupendo!
– E allora con l’adozione, come la mettiamo? L’hai ricordato tu: è un’espressione che troviamo in San Paolo. Allora, che mi dici? Sei Figlio di Dio… adottato o generato?
– Preferisco generato! E poi non è questione di preferenza, abbiamo visto che lo dice la Rivelazione.
– Dio ti adotta, se vogliamo usare questo termine, ‘generandoti’. Ecco la verità. E diventi vero ‘Figlio di Dio al modo di Gesù Cristo’, ossia l’unico modo di essere Figli di Dio. Gesù ha spiegato questo mistero in modo molto chiaro: “In verità, in verità ti dico, se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio. Quel che è nato dalla carne è carne e quel che è nato dallo Spirito è Spirito. Non ti meravigliare se t’ho detto: dovete rinascere dall’alto. Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito” (Gv 3,5-8). Parleremo ancora di questa ‘Nascita dallo Spirito’. Per ora voglio farti notare che l’essere umano ‘genera esseri umani’ e Dio, Essere Divino, ‘genera esseri divini’ come lui, quindi possiamo dire ‘Dio genera Dio’. E Dio è uno solo…
– Ma se il ‘Figlio di Dio è uno’… come possiamo credere che ce ne siano tanti?
– Te lo spiega San Paolo: “Quelli che egli da sempre ha conosciuto li ha anche predestinati ad essere conformi all’immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli” (Rm 8,29). Capisci? L’Unigenito, senza cessare di essere ‘Uno’, diventa il ‘Primogenito tra molti fratelli’, ossia diventa ‘Molti’.
– Ma non è logico! Come può essere ‘Uno’ e ‘Molti’ simultaneamente?
– Certo che è fuori dalla logica. Guai a noi se Dio si potesse rinchiudere nella logica! Devi entrare in una visione di Dio che va oltre la logica. Ci ritorneremo. È un punto essenziale. A questo proposito voglio dirti che certe questioni che si affacciano nel nostro discorrere dobbiamo metterle da parte, non perché non siano importanti, ma per esaminarle a fondo, come meritano. Ti chiedo un po’ di pazienza. Tutte le verità si richiamano perché fanno parte di un’Unica Verità, ma noi possiamo affrontarle soltanto una alla volta.
– Me ne sto accorgendo, anche perché stai suscitando in me tante domande… ma capisco che non posso fartele tutte assieme.
– Vedi, quando si tocca un punto si tocca tutto l’insieme. Se affrontiamo la concezione cattolica dell’Inferno, che è erronea e antievangelica, non possiamo fare a meno di occuparci di altre concezioni in cui si sono infiltrati errori non meno gravi, come la ‘Creazione dal nulla’, il significato della ‘Incarnazione del Figlio di Dio’, la ‘Dottrina della Trinità’, la ‘Legge fondamentale dell’Essere’, in che consista la ‘Salvezza’, la ‘Resurrezione di Cristo e di ogni salvato’. E queste sono le questioni principali, ma ve ne sono molte altre. E’ tutto l’impianto teologico e dogmatico che deve essere esaminato alla luce della rivelazione biblica, con l’aiuto dell’intelligenza, del buon senso e sicuramente dello Spirito Santo che vuole guidarci alla ‘alla verità tutta intera’ (Gv 16,13).
– Ci attende una mole spropositata di lavoro!
– Non ti spaventare. Procederemo con calma, una argomento alla volta, un problema alla volta.
– Ho l’esigenza di capire e anche di controbattere, se è il caso.
– Certo. In assoluta libertà. Perseguendo il metodo che ti ho presentato, con tutta l’ostinazione che sarà necessaria, ci libereremo certamente da tutte le interpretazioni letterali della Scrittura e dalle contaminazioni razionaliste e filosofiche.
– Stavamo riflettendo sul ‘fine che Dio si è prefisso creando l’uomo’. Allora, se ho capito bene, questo è lo scopo: far diventare ogni essere umano, ‘Figlio di Dio in pienezza’!
– Sì, partecipazione piena alla natura divina. Senti San Giovanni: “Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è” (1Gv 3,1-2).
– Ritengo di avere capito. Il Nuovo Testamento mi sembra ricco di espressioni che convalidano questa tua interpretazione.
13. Un’unica Legge
– Bene, ora possiamo dire chi sono i ‘buoni’. Ogni uomo creato da Dio è buono. Per mantenersi in questa bontà deve semplicemente ubbidire ad una sola Legge: la ‘Legge dell’Amore’. Amare Dio, amare i propri simili, amare tutti gli esseri viventi, amare tutto ciò che esiste, in una parola tutta la Creazione! Amare non è un sentimento: amare è ‘donazione di sé’, quindi servizio attento alle necessità degli altri e anche ‘Donazione di sé a Dio’, da cui tutto proviene. Sei d’accordo su questa concezione dell’amore?
– Certo, l’amore vero è ben più che un sentimento, diventa azione, servizio, cura degli altri… di chi ha bisogno.
– Come l’amore vero di una madre per il suo bambino. Il suo cuore è pieno d’amore e ogni suo gesto, anche il più piccolo per la sua creatura, è ‘amore-servizio’. Questo è l’amore vero. E questa è l’unica Legge, l’unico Comandamento.
– Possiamo allora dire che ‘è buono chi osserva questa Legge’.
– Infatti. Questa Legge è inscritta nell’intimo di ogni essere umano, nel suo cuore. Assecondare questa Legge significa vivere secondo verità, giustizia e amore… quindi ‘essere buoni’. Quando Gesù chiarisce come si svolgerà il ‘giudizio finale’ lo presenta in questi termini: “Il Figlio dell’uomo, al quale il Padre ha rimesso il giudizio, chiamerà ogni essere umano e gli dirà: ‘Che cosa hai fatto per i tuoi simili: ti sei preso cura di loro o li hai abbandonati? Quello che hai fatto a loro l’hai fatto a me. Quello che non hai fatto a loro non l’hai fatto a me’ (cfr Mt 25,31-46).
– Giudizio in base all’amore-servizio.
– Dato che c’è un’unica Legge, l’Amore, non può che esserci un solo giudizio: il giudizio sull’amore, l’amore vero che è dono e servizio.
– Quindi va in Paradiso chi ama in questo modo e va’ all’Inferno chi non ama così. Mi sembra tutto logico.
– Ti ho detto che Dio non puoi racchiuderlo nella logica. Non puoi afferrare con la logica né il ‘senso del creato’, né ‘l’essere umano’ in quanto sono in stretta relazione con Dio. ‘Dio, il Creato e l’Umanità’sono tre misteri, anzi sono un unico grande mistero. Bisognerebbe entrare un po’ a fondo nel ‘Mistero della Creazione’ per sapere come Dio crea. Ma tu hai voluto partire dall’Inferno e quindi, per ora, continuiamo a occuparci dell’Inferno. Vedi, chi rifiuta l’Unica Legge, a cui Dio stesso ubbidisce, non rifiuta solo una Legge, rifiuta l’Essere che lo costituisce, cioè rifiuta se stesso, rifiuta il dono che ha ricevuto che è il dono dell’esistenza. Se dovesse insistere in modo caparbio nel rifiuto di amare e quindi di donarsi, in lui comincerebbero a manifestarsi segnali di morte, ossia di ‘diminuzione dell’essere’ perché in realtà lo sta rifiutando. Si riscuoterà davanti a questi segnali ‘pedagogici’ che gli rivelano la sua condotta erronea o continuerà a vivere in spregio alla Legge dell’Amore?
– C’è chi va avanti tutta la vita a pretendere di essere servito, senza muovere un dito per gli altri.
– Amenoché non abbia un tornaconto personale. Solo allora si mobilita e sembra interessato agli altri, ma lo fa in funzione di sé. Infatti quando si parla di servizio, di ‘dono di sé’, deve essere chiaro che si tratta di un gesto di gratuità, senz’altro interesse che il bene dell’altro. Questi ‘segnali pedagogici’ che si manifestano nella psiche, nel corpo, nello stato di salute, nelle condizioni di vita per alcuni sono un’occasione di verifica, di ripensamento e anche di ‘conversione’ all’amore per altri… purtroppo no.
– E quindi chi rifiuta la ‘pedagogia dell’Essere’ andrà all’Inferno?
– Chi vive in questo modo vive già in un suo ‘Inferno’, perché vive una vita senza amore, una vita che nega e soffoca il flusso dinamico di tutto il suo essere… Ma si profila all’orizzonte un rischio ancora peggiore: ‘la perdita totale dell’essere’! Questa sarebbe la vera perdizione.
14. Differenza tra inferno e perdizione
– Ma è un rischio reale o solo un’ipotesi? Non credi all’Inferno ma credi alla ‘Perdizione’? Pensavo che fossero la stessa cosa. Però ho notato che hai usato il condizionale ‘sarebbe’. Quindi.. non è un rischio reale.
– ‘Inferno eterno’ e ‘perdizione’ non sono la stessa cosa. Ciò che ho chiamato ‘Perdizione’ indica il ‘Non-essere’. Secondo questa ipotesi chi, rifiutando la Legge dell’Essere, il suo dinamismo, la sua gratuità, che si esprime nella donazione di sé, nell’amore, nel servizio… ahimè, si pone in opposizione così estrema all’Essere Unico, vale a dire all’Essere che lo costituisce, che corre il rischio di perderlo! Come è possibile pretendere di esistere rifiutando il dinamismo essenziale dell’Essere? E’ una ‘contraddizione ontologica radicale’, capisci?
– Però si tratta soltanto di una ipotesi. Infatti, se ci guardiamo intorno constatiamo che chi agisce nel modo che hai illustrato, cioè in spregio alla Legge dell’Essere, è ampiamente sopportato da Dio. Dio non gli impedisce di agire malamente, usa pazienza, tolleranza… Non lo fulmina!
– E’ vero, ma lo fa in vista del cambiamento. Gesù l’ha detto più volte: “Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per me, la salverà. Che giova all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi si perde o rovina se stesso?” (Lc 9,24-25).
– Quindi ‘perdersi’, secondo l’ipotesi che hai fatto, e che Gesù con queste parole sembrerebbe confermare, significa: ‘perdere l’essere’. Ho capito bene? Ma l’anima non è immortale?
– Dobbiamo intenderci su come è fatto l’essere umano.
– La Chiesa ha sempre insegnato la ‘concezione dualistica dell’essere umano’ ossia ‘ anima e corpo’. L’anima è spirituale ed è immortale.
– Abbiamo detto, ed eri d’accordo, che non avremmo dato per scontato nulla, nessuna dottrina, nessuna concezione e neppure dogma. E dobbiamo anche stare molto attenti a come leggiamo e interpretiamo le Sacre Scritture. Certamente lì c’è la rivelazione di Dio, ma bisogna saperla estrarre. Senza la guida dello Spirito Santo, e anche un certo buon senso, potremmo ‘prendere lucciole per lanterne’.
– Grazie che mi ricordi il metodo della nostra conversazione. Ma l’uomo allora com’è fatto? Che dice la Bibbia?
– La Bibbia insegna una visione dell’essere umano ‘triadica’. L’uomo è ‘spirito, anima e corpo’. Quindi la Chiesa la sua concezione dualistica non l’ha di certo ricavata dalla rivelazione.
– L’insegnamento del Magistero della Chiesa, su questioni così fondamentali come la costituzione dell’essere umano, non è fondato sulla Scrittura? Ma è mai possibile?
– Te l’ho detto: è possibile, possibilissimo e vedrai che troveremo in seguito altre sfasature. Ti ci dovrai abituare.
– Ma allora se non si fonda sulla Sacra Scrittura… su che cosa si fonda?
– Su ragionamenti, concezioni e filosofie di uomini! San Paolo dice con chiarezza: “Il Dio della pace vi santifichi fino alla perfezione, e tutto quello che è vostro, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo” (1Ts 5,23). E l’autore della lettera agli Ebrei è ancora più preciso: “La parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore” (Ebr 4,12). Capisci? La parola di Dio penetra fino al punto in cui avviene la distinzione dell’anima e dello spirito e che cosa fa la Chiesa? ‘Appiccica insieme’, è il caso di dirlo, anima e spirito, inventa l’espressione ‘anima spirituale’, riduce l’essere umano a due dimensioni e così facendo lo perde nella sua verità, nella sua interiorità. Poi va avanti e decreta che la ‘ragione’ sia il vertice delle capacità conoscitive dell’uomo, e infine stabilisce che ragione e intelletto siano sinonimi, perdendo così la capacità dello ‘spirito dell’uomo’ d’intuire direttamente la verità mediante l’intelletto.
– Allora non è l’anima che è immortale ma… lo spirito.
– Sì, lo spirito dell’essere umano è immortale.
15. Due Principi Coeterni?
– Che bel pasticcio!
– Nella concezione cattolica dell’immortalità dell’anima, che dovrebbe in realtà chiamarsi ‘spirito’, il peccatore, ossia in definitiva colui che rifiuta la Legge dell’Essere, perché questo è il peccato, è condannato ad esistere, contro la propria volontà, tra sofferenze atroci per tutta l’eternità.
– Questo Inferno Cattolico è una grave offesa alla libertà individuale.
– Gli ‘spiriti immortali’ di persone ‘cattive’ dove starebbero di casa? Nell’Inferno! E dove sarebbe situato? Ovviamente in Dio, perché non c’è alcunché ‘fuori di Dio’ che è l’Unico Essere. Questi ‘spiriti’ sarebbero condannati a stare in Dio eternamente senza volerci stare, ribelli e contro Dio. Ma allora, se ci pensi bene, sarebbe un inferno anche per Dio! Sono sue creature, lui le ama, per farle esistere ha donato loro il suo stesso essere, sia pure in una configurazione limitata, e alla fine deve sopportarle in se stesso per tutta l’eternità con la loro cattiveria, rabbia e disperazione. Non ti sembra che sarebbe un ‘Inferno’ anche per Dio?
– E’ vero! La concezione dell’Inferno, pensata per gli uomini ribelli, si ritorcerebbe in un ‘inferno per Dio’. Come potrebbe Dio godersi la ‘Nuova Creazione’, come potrebbe essere nella beatitudine, se in un ‘certo angolo di se stesso’, non si sa quanto vasto, dovesse ospitare tutta quella gente destinata a soffrire atrocemente? Soffrirebbe anche lui o se ne infischierebbe altamente protetto dalla sua impassibilità?
– Non dimenticare che la teologia che teorizza l’Inferno è la stessa che teorizza l’impassibilità di Dio.
– Già, è vero. Due idee che vanno a braccetto.
– Capisci ora come una simile concezione dell’Inferno sollevi una mole enorme di problemi?
– Non posso darti torto.
– Vedi se riesci anche a darmi ragione… ti ho dato motivi più che validi.
– Sì, è vero, ma ho ancora qualche titubanza, qualche perplessità. Capisci che una concezione che arriva addirittura dai Vangeli, che è stata inculcata da duemila anni, che ha spaventato anzi terrorizzato intere generazioni … non è semplice spazzarla via, sia pure con argomentazioni così chiare e puntuali come le tue.
– Eh sì, i condizionamenti prodotti dall’istruzione cattolica si sono sedimentati nella nostra psiche e vi sono ancorati saldamente. Ti capisco. Anch’io ho dovuto faticare e lottare per liberarmene.
– Allora puoi immedesimarti nelle mie difficoltà. Non appena voglio arrivare a prendere atto che l’Inferno Eterno non c’è, non può esserci, mi assalgono paure, timori, dubbi…
– Se annulliamo la concezione dell’Inferno Eterno che continua a imporci il cieco Magistero della Chiesa Cattolica molte cose cambiano.
– Direi che cambia tutto!
– Vedo che stai aprendo gli occhi. Sì, cambia tutto perché è tutto collegato. Se tocchi un punto tocchi tutto.
– Ma dimmi, e voglio che ci guardiamo bene negli occhi l’un l’altro: ‘L’Inferno non esiste proprio? Ne sei davvero sicuro? Non è uno stratagemma per liberarci di una prospettiva legata strettamente ai nostri comportamenti cioè alla nostra responsabilità? Terrificante, è vero, ma rispondente alle esigenze della Giustizia di Dio?’
– Vedi che, come hai chiesto, incrocio il mio sguardo con il tuo, e in tutta sincerità e franchezza ribadisco che l’Inferno Cattolico, così come è concepito e soprattutto con la caratteristica dell’eternità, non esiste affatto, non può esistere, ed è stato formulato sulla base di interpretazioni letterali della Scrittura!
– Grazie. Avevo bisogno di questo ‘vis-a-vis’.
– A voler essere precisi bisogna dire che un certo Inferno esiste, ma non può essere eterno.
– Ma ti stai contraddicendo!
– No, no. E’ tutta un’altra concezione dell’Inferno che non ha niente a che vedere con l’Inferno Cattolico. Ti esporrò tra poco quello che io chiamo ‘Inferno Pedagogico’ escogitato per la rieducazione e non per la condanna eterna. Ma ora, considerato che in te vi sono ancora resistenze, in parte anche inconsce, per aiutarti voglio presentarti l’obiezione per me più radicale rispetto all’Inferno Eterno. La considero risolutiva. Sbarazziamoci definitivamente di questa anticaglia cattolica.
– L’Inferno liquidato un volta per tutte? Mi piace l’idea! E con l’obiezione che stai per espormi lo ‘estinguiamo’ davvero e per sempre?
– Non ha senso dire che ‘estinguiamo l’Inferno Cattolico’ perché non esiste affatto, ma ‘annulliamo’, questo sì, la ‘concezione dell’Inferno Cattolico’ che esiste nella mente dei Gerarchi del Magistero Cattolico, dei Teologi Cattolici e purtroppo in tutti i fedeli cattolici che ne subiscono l’autorità. L’Inferno Eterno è una concezione crudele e stupida, stigmatizzata da definizioni dogmatiche cattoliche. E’ una ‘camicia di forza’ che ti è stata infilata fin da quando eri piccolo e ti ha condizionato in tutto, ma ora è venuto il momento di liberartene completamente, Non te la devi neanche slacciare e sfilare perché ora la facciamo a brandelli!
– Mi hai già detto molte cose convincenti al riguardo…
– Sì, ma quella che ti esporrò è la più convincente di tutte. Vedrai tu stesso se lo è oppure no. Ma prima torniamo a considerare la libertà che Dio dà all’uomo creandolo.
– Se permetti faccio io il riepilogo. Abbiamo visto che c’è una concezione dell’uomo in cui la sua libertà è costretta tra due possibilità di scelta: ubbidire a Dio e ricevere il premio del Paradiso o disubbidire e ricevere il castigo dell’Inferno. Paradiso e Inferno, in questa concezione sono eterni, non avranno mai fine.
– Se ubbidisci ‘continuerai ad esistere’ con Lui per sempre e sarai felice…è la Beatitudine.
– E’ quello che si chiama il Paradiso.
– Se disubbidisci ‘continuerai ad esistere’ ma lontano da Lui per sempre e sarai infelice, anzi soffrirai terribilmente. Occorre mettere bene in evidenza che, in questo secondo caso, vorresti non esistere, ma sei condannato ad esistere. Il dono di esistere è diventato la tua condanna!
– Ogni volta che si ripresenta questa ‘condanna ad esistere’ mi fa venire i brividi, è veramente terribile! L’esistenza di coloro che disubbidiscono a Dio diventa così un ‘inferno insopportabile’ che sono inchiodati a vivere eternamente. Brr, è allucinante!
– Ma è una concezione del tutto falsa e chi crede a questa alternativa e a questo Inferno ‘bestemmia il nome di Dio’, che è amore, e ne fa un carnefice tra i più spietati. Infatti, Dio fingerebbe di farti un dono, che è la vita, ma se osi rifiutarlo te lo impone come una condanna. Possiamo ancora dire che Dio è buono? No, se esiste questo Inferno… Dio è cattivo!
– Quindi, dato che Dio è buono… questo Inferno non esiste!
– Ben detto, e noi dobbiamo riscattare la bontà di Dio. Dio, Unico Essere, è Amore!
– L’unico criterio per interpretare le Scritture deve essere la verità imprescindibile che ‘Dio-Amore’.
– Per cui se qualcuno interpreta una passo della Scrittura in modo da elaborare una Dottrina che non renda a Dio l’onore che gli è dovuto, ossia la glorificazione del suo Nome, ‘che è Amore’, chiunque egli sia… è blasfemo e invece di onorare Dio lo disonora.
– La concezione dell’Inferno, come esistenza eterna nella sofferenza, nella privazione di Dio e nell’odio di Dio, contraddice l’Amore di Dio, quindi è una interpretazione gravemente sbagliata delle Scritture.
– Certamente! E, ribadisco, chi elabora questa interpretazione o dottrina, chi la dogmatizza, chi la insegna, chi si ostina a difenderla non è nell’amore e nella verità di Cristo, fosse pure un Teologo, un Mistico o addirittura un Papa!
– Certo smantellare questa dottrina millenaria, riproposta in continuazione dal ‘Magistero della Chiesa’, non è impresa da poco.
– Il ‘terrore dell’Inferno’ non è solo collegato con la disubbidienza a Dio ma anche alla Chiesa.
– Già, è vero! E se mi volessi ribellare a questa concezione dell’Inferno, mi ribellerei all’autorità della Chiesa, e quindi… sarei pronto per essere spedito all’Inferno. Che situazione… d’Inferno!
– Allora, alla luce di tutto quello che abbiamo condiviso, ti chiedo: ‘Hai ancora paura dell’Inferno’?
– Aspetto l’obiezione radicale rispetto all’Inferno Eterno che mi hai preannunciato. Poi ti risponderò.
– Vedi, spesso si è fatto coincidere il ‘timor di Dio’ con la ‘paura di Dio’mentre in realtà il ‘timore di Dio’ è l’amore nei confronti di Dio, quindi è il ‘timore’ di compiere qualche azione che ci allontani da Lui. Quindi il vero ‘timore di Dio’ scaccia ogni ‘paura di Dio’ e ci tiene strettamente uniti a lui… per amore.
– I ‘timorati di Dio’ allora… non sono altro che gli ‘innamorati di Dio’!
– Hai detto una cosa bellissima, direi romantica, però questa è la verità.
– Questa argomentazione che mostra in modo inoppugnabile la nullità dell’Inferno la sforni oppure no? Sono impaziente di sentirla e di strapparmi di dosso definitivamente questa maledetta ‘camicia di forza’!
– Sì, è una riflessione che ‘taglia la testa al toro’ e mostra in tutta evidenza quanto è assurda e blasfema questa dottrina dell’Inferno. Prendiamo allora in considerazione ciò che viene affermato: ‘L’Inferno esiste ed è eterno’.
– Così dicono…
– Mi piace sentire che ormai sei quasi completamente dissociato. Bene! Se vogliamo dire qualcosa di sensato dobbiamo sempre partire dalla verità fondamentale: ‘L’Essere è unico’. Bisogna partire sempre di lì.
– Sono pienamente d’accordo: c’è un ‘Unico Essere’, origine di ogni essere.
– Bene. Ora ti chiedo: ‘L’eternità è qualità divina sì o no’?
– Dio è l’Unico Essere… quindi l’Unico Eterno.
– L’Inferno, nella concezione che stiamo esaminando, è il Male, il Peccato, il Regno di Satana e lì finirebbero tutti quelli che odiano Dio. E’ questa la descrizione che viene fatta tradizionalmente dell’Inferno Cattolico?
– Sì, in sintesi è questa.
– Allora, sai che ti dico? Chi la pensa così attribuisce al ‘Male’, ovverossia a Satana, e al suo Regno che è l’Inferno, la qualità divina dell’eternità. Si stabiliscono così due opposti entrambi eterni: il ‘Bene’ che è Dio, con il suo eterno Paradiso e il ‘Male’, che è Satana con il suo Regno eterno che è l’Inferno. Abbiamo eternizzato il Male! Questo è Manicheismo!
– Già, il Manicheismo credeva all’esistenza di due Principi coeterni il Bene e il Male che si combattono senza fine.
– Questa concezione dell’Inferno è un Manicheismo di ritorno. I due Principi invece di essere fissati come eterni all’inizio, sono fissati alla fine, ma il risultato è sempre quello.
– Ma è terribile!
– Anzi, ti dirò di più, questa concezione è peggio del Manicheismo. Vedi, la religione fondata da Mani crede nell’esistenza, fin da principio, di Luce e Tenebre che si manifestano e agiscono come due forze contrapposte. Nella realtà si trovano mischiate, ad esempio l’anima-luce è unita alla materialità e corporeità. Per cui la salvezza si realizza separando il nucleo luminoso o divino dalle tenebre. Ma alla fine, e questo è interessante, ci sarà il definitivo trionfo della Luce.
– Per questo dicevi che la credenza di un Inferno eterno è una concezione peggiore del Manicheismo.
– Eh sì, perché questo ‘Inferno finale’, se davvero ci fosse, impedirebbe il pieno trionfo di Dio. Anzi, possiamo tranquillamente affermare che l’Inferno, qualora esistesse, non sarebbe altro che il ‘fallimento di Dio’.
– Fallimento parziale, perché ci sarebbero anche quelli che si salvano.
– No, fallimento totale. Dio non è divisibile in parti, se fallisce… fallisce tutto! E alla fine dovrebbe subire la presenza in sé di creature sue che lo odiano! Nel caso, fosse davvero così, non potrebbe vivere veramente in pace, né gustare la gioia. Non potrebbe essere affatto ‘beato’!
– E allora povero Dio!
– Ricordi a chi dobbiamo la prima formulazione di questo fasullo Inferno eterno?
– Nel nostro ‘excursus’ è saltato fuori Agostino d’Ippona.
– Proprio lui, il ‘grande’ Agostino che in gioventù era manicheo… e con le sue interpretazioni della Scrittura ha formulato alcune concezioni, una più devastante dell’altra: la ‘Dottrina del Peccato originale’ e la sua trasmissione per generazione, la ‘massa dei dannati’, l’Inferno eterno e parecchie altre scempiaggini, di cui parleremo a suo tempo.
– Perché chiamarlo ‘grande’ se ha combinato tutti questi disastri?
– Agostino era molto stimato ai suoi tempi. Era, a dire il vero, molto dotato: intelligente, letterato, colto, conoscitore della Scrittura e capace di una sottile dialettica per combattere tutti quelli che non la pensavano come lui. Il Papa Celestino I nella Lettera ‘Apostolici Verba’ ai Vescovi delle Gallie del maggio 431 riconosceva con queste parole l’autorità di Agostino: “Sempre siamo stati in comunione con Agostino, uomo di santa memoria per la sua vita e i suoi meriti; mai neppure una voce di nocivo sospetto lo offuscò: ricordiamo che egli a suo tempo aveva tanto sapere, da essere annoverato sempre, anche antecedentemente dai miei predecessori, tra i migliori maestri” (Denzinger n° 237).
– Essendo stimato così tanto, come ‘uno dei migliori maestri’, non c’è da stupirsi dell’influenza che ha esercitato da vivo e da morto. Influenza che dura tutt’ora.
– Bisogna distinguere però i suoi errori dottrinali da coloro che, appoggiandosi alla sua autorità, ne hanno abusato, come ad esempio il Vescovo olandese Giansenio che, partendo proprio da Agostino è arrivato a formulare la ‘Dottrina della Doppia Predestinazione’.
– Vale a dire?
– Secondo questa teoria, nella ‘massa dei dannati’, che sarebbe l’umanità perduta dopo il Peccato Originale, Dio sceglie liberamente chi vuole perché sia salvato. Questa scelta non dipende in nessun modo dall’essere umano ma solo da Dio che concede la sua grazia a chi vuole. E’ una delle idee peggiori di Agostino che Giansenio nel 1600 ha ripreso e fatta sua, incurante di disonorare il Nome di Dio, come ti dicevo prima, dipingendolo come un Essere che condanna alla sofferenza eterna le sue creature senza una ragione plausibile… anzi per pura crudeltà.
– Ma la Chiesa Cattolica ha condannato questa dottrina!
– Sì, certo, ma avrebbe dovuto condannare anche il ‘Padre della Chiesa’ Agostino quale primo formulatore di queste assurdità… e non l’ha fatto. Ed ecco perché prima, ironicamente, l’ho chiamato il ‘Grande Agostino’.
– Sant’Agostino Vescovo di Ippona, difensore della Chiesa di Roma contro tutte le tendenze eretiche del suo tempo, interprete della Sacra Scrittura, polemista ineguagliabile… Insomma, per quanto ne so è sempre stato portato in palmo di mano nella Chiesa Cattolica, anche oggi.
16. L’Inferno Pedagogico
– Lasciamolo nell’alone della sua gloria e torniamo a noi. Allora, ti ha convinto il mio argomento? E’ risolutivo anche per te?
– Sì, devo riconoscere che di tutte le ragioni per mandare al macero l’idea dell’Inferno Eterno questa è davvero la più convincente. Se esistesse avremmo dato al ‘Male’ la patente dell’eternità, lo avremmo assolutizzato e contrapposto a Dio, all’Essere Unico, al Bene. Che assurdità! Ma fior di teologi cattolici… non sono mai arrivati a questa semplice considerazione?
– Quando vengono posti dei ‘dogmi’ l’intelligenza è bloccata. Da quel momento ragiona a partire da quei punti fermi, che sono in realtà ‘pregiudizi’, e non attinge più direttamente la verità, anche la più semplice.
– Bisogna ritrovare la semplicità dei bambini, ha ragione Gesù.
– Infatti, la “sapienza è rivelata ai piccoli” (Lc 10,21).
– Allora, quest’ultima considerazione, insieme ovviamente a tutte le altre, ti ha finalmente convinto dell’assurdità dell’Inferno Eterno insegnato dal Magistero della Chiesa Cattolica? Vuoi liberarti una volta per tutte di questo mortificante condizionamento che soffoca la tua libertà, annebbia la tua intelligenza, avvilisce la tua dignità e sconvolge la tua intera esistenza?
– Sì, basta! Hai ragione, non posso che darti ragione e ti ringrazio perché con tanta pazienza mi hai condotto alla piena luce mostrandomi la verità.
– Finalmente! Ora possiamo brindare. Ecco qui un liquorino che fa al caso nostro. Lo prepara una vecchietta che abita in un casolare in cima al paese. Nei tempi bui sarebbe stata additata come strega e forse condannata al rogo, ma è una simpatica donna che conosce le erbe e insegna rimedi naturali a chi va a trovarla per qualche acciacco. Mi ha messo a posto il fegato con un suo infuso. Allora, ti piace il liquorino? E’ adatto al nostro brindisi per il definitivo sfacelo dell’Inferno Eterno?
– Sì, perfetto! Ci voleva.
– Ti farò conoscere la Susanna. Una donna eccezionale!
– La conoscerò volentieri.
– Una donna semplice e buona, erede di una sapienza popolare che si tramanda di generazione in generazione, che fa del bene a tutti, ma in passato sarebbe stata giudicata e condannata come ‘strega’, mandata al rogo e cacciata senza pietà all’Inferno. Vedi a quali estremi ha portato la ‘mentalità infernale’ della Gerarchia Cattolica. Ora le ‘streghe’ non si bruciano più e neppure gli eretici… ma sono messe in atto altre forme di emarginazione e condanna. E le ‘scomuniche’ sono sempre armi micidiali nelle mani del potere ecclesiastico.
– E la ‘scomunica’, se non è tolta, caccia dritti dritti all’Inferno.
– Non potendo mandare al rogo nell’Aldiquà si mandano al rogo nell’Aldilà.
– Ascolta, c’è chi dice che, tutto sommato, Inferno, Purgatorio e Paradiso siano già su questa terra. Tu che ne pensi?
– Sì, è una idea che si sente spesso. Ma chi lo affermava espressamente era Santa Caterina da Genova che sosteneva di averne avuto l’ispirazione dallo stesso Cristo. Se il ‘Paradiso’ si concepisce semplicemente come la comunione con Dio, ebbene possiamo dire che inizia già qui, in questa vita. Se per ‘Purgatorio’ s’intende la necessità di pentirsi e rimediare ogni qualvolta si commettono azioni sbagliate, egoistiche, negative ebbene questa purificazione dovrebbe avvenire qui ed è salutare. Riguardo all’Inferno, eliminata la concezione dell’Inferno Eterno, ritengo che situazioni ‘da Inferno’ possano essere vissute da esseri umani nella vita presente. Te ne ho già parlato, se ben ricordi.
– Sì, la situazione di chi viola in continuazione la ‘Legge dell’Essere’.
– Appunto! E io lo chiamo ‘Inferno Pedagogico’ e per molti può protrarsi anche dopo la morte.
– Ovviamente sarebbe sempre ‘transitorio’.
– Certamente, ma potrebbe essere molto severo, da non augurare a nessuno. E comunque ha una funzione riabilitativa per riportare la persona, diciamo chiaramente il suo spirito, nella ‘Via della Vita’.
– Spiegami bene in che consiste questo ‘Inferno Pedagogico’. Visto che questo è un Inferno che esiste e chiunque può incapparci, quindi anch’io, mi interessa capire bene com’è e come soprattutto si può evitare.
– Ti accontento subito. Dimmi: ‘Che cos’è il peccato’?
– Trasgressione della ‘Legge dell’Essere’?
– Sì, appunto… trasgressione. Vedi la parola ‘peccato’ è usata e abusata ma raramente spiegata come si deve. Il peccato è credere che sia possibile vivere e ‘non amare’, non donarsi, non servire, ma al contrario ‘appropriarsi’ di sé, degli altri, della vita, della natura, della società per proprio uso e consumo. Questo comportamento egoistico è determinato dalla presunzione di sapere come è meglio vivere e corrisponde alla più totale cecità.
– Quanti hanno questa presunzione!
– Egoismo, egocentrismo, egolatrìa … Quelli che vivono immersi in questi atteggiamenti Gesù li chiama collettivamente ‘il mondo’.
– ‘Mondo’ è un’espressione ambigua anche sulla bocca di Gesù. A volte ne parla come di una realtà del tutto negativa, per la quale ‘neppure vuole pregare’ (Gv 17,9). In altri casi dichiara di essere pronto a morire per il ‘mondo’!
– Cita pure i passi a cui ti riferisci.
– Nella sua preghiera sacerdotale dice: “Padre, non ti prego per il mondo ma per loro che io ho tolto dal mondo” (Gv 17,9) mentre il Vangelo di Giovani dice: “Il Padre ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio” (Gv 3, 16).
– ‘Mondo’ vuol dire sia ‘l’Umanità egoista che rifiuta Dio’, sia semplicemente ‘l’Umanità che ha bisogno di Dio’.
– L’umanità che rifiuta Dio ha la presunzione di sapere come vivere per avere il meglio della vita!
– E invece va incontro al peggio. L’Essere, l’Unico Essere, che ti è stato donato nella ‘misura ontologica umana’, lo accogli veramente solo se osservi la ‘Legge’ inscritta nell’Essere stesso. Questa Legge è il suo dinamismo, la sua vitalità. Questa Legge è l’Amore, inteso come donazione di sé, cura e servizio.
– Essere Unico, Legge dell’Essere, Amore, Servizio, Donazione di sé sono allora un’unica realtà!
– Proprio così e non è possibile a nessuno pretendere di ‘esistere’ rifiutando ad oltranza la Legge inscritta nel proprio essere. Chi lo fa va contro te stesso e contro l’Essere Unico che però, come abbiamo già visto, continua pazientemente e generosamente ad offrire se stesso, perché lui è il primo a vivere la sua stessa Legge, senza derogare mai, a qualunque costo.
– Ammirevole!
– L’Essere Unico è fedele a se stesso e questa sua capacità di amare non si lascia condizionare dall’indifferenza, dal rifiuto, da tutti i tentativi di sfruttamento e strumentalizzazione, dall’ostinazione, dalla ribellione, dalla prevaricazione…Questo suo amore, che è la sua stessa vitalità, il suo dinamismo, il suo segreto e la sua forza, condurrà tutti gli esseri e tutta la Creazione alla Pienezza.
– Ho capito che chi disubbidisce alla Legge dell’Essere si fa una sua Legge, non è così?
– Eh sì! Ma è una falsa autonomia! ‘Autonomo’ significa ‘colui che si fa la propria legge’, perché in greco ‘nomos’ vuol dire appunto ‘legge’. Ma chi pretende di instaurare una sua ‘Legge’, in opposizione alla ‘Legge dell’Essere’, compie un’operazione folle, perché la ‘Legge dell’Essere’ è l’Amore ed è tutt’uno con l’Essere stesso, come ti ho detto, è il suo dinamismo, la sua stessa essenza.
– Quindi chi fa così si illude. Sta facendo qualcosa d’impossibile, d’innaturale, di perverso!
– Eh sì! Chi compie atti contrari alla ‘donazione’ fa in realtà atti di ‘appropriazione’. Chi agisce così commette l’errore di ritenere che questo sia il modo migliore per guadagnare se stesso, gli altri e tutto quello che gli capita a tiro. Ma è una illusione e in realtà ottiene il contrario! L’essere che lo costituisce gli scivola via a poco a poco. Più si sforza di afferrarlo per piegarlo ai propri desideri e più gli sfugge e sperimenta la deprivazione progressiva dell’essere: ecco l’Inferno sulla terra. Ma per fortuna si tratta solo di un ‘Inferno Pedagogico’.
– Questa condizione penosa e dolorosa ha quindi uno scopo educativo, vuole insegnarci qualcosa.
– Sì, chi se ne infischia della ‘Legge dell’Essere’… più trasgredisce e più sperimenta la diminuzione di essere con tutte le inevitabili conseguenze: segnali di malattia fisica, sgretolamento psichico e ottenebrazione dello spirito.
– Ecco il grande insegnamento di questo terribile ‘Inferno Pedagogico’!
– Vuole insegnarci, e lo fa con il rigore necessario, a tornare nella ‘Via della Vita’, vuole insegnarci a vivere bene, nella verità, nell’amore, nella giustizia e nella sapienza, cioè a vivere nel rispetto della ‘Legge dell’Essere’, che è essenziale all’Essere stesso.
– E chi spende la sua vita infischiandosene di questa ‘Verità dell’Essere’ ne subisce necessariamente delle conseguenze negative gravi.
– Sì, certo, te l’ho detto. Sperimenta una graduale ‘deprivazione di essere’. Per cui sente che sta perdendo colpi, avverte calo di energie, disorientamento, e in lui subentrano malattie e sofferenze di ogni tipo.
– E allora… che può fare?
– Dovrebbe allarmarsi e rendersi conto che quello che sta facendo in definitiva è ‘contro se stesso’. Dovrebbe smettere di ‘rubare l’essere’, di appropriarsene per sfruttarlo in modo egoistico e cominciare a guardarsi intorno in modo diverso. Dovrebbe smettere di strumentalizzare gli altri, prestare attenzione ai loro bisogni e rendersi disponibile ad aiutarli…
– Un radicale cambiamento di vita!
– Sì, ma può avvenire progressivamente. Ed ecco che chi intraprende questa svolta si rende conto che il suo ‘inferno’ diminuisce, comincia a stare meglio, si sente sollevato, addirittura ‘rinato’!
– Ho in mente esempi di persone che hanno vissuto questo tipo di ‘conversione’.
– E’ il modo più comune di imparare la ‘Legge dell’Essere’ a proprie spese. E’ una lezione dura, a volte anche durissima per i più ostinati, ma è ‘salutare’ perché insegna a vivere la verità dell’Essere che è l’Amore.
– Potresti fare qualche esempio di qualcuno che vive questo tipo d’Inferno?
– Ce ne sono tanti, perché il Signore “Corregge quelli che ama”(Ebr 12,6). Prendiamo il caso di una persona golosa e ingorda. Il goloso vuole gustare tutto, assaggiare tutto, sperimentare ogni cibo e quindi arriva a fare “del suo ventre un idolo” (Fl 3,19). L’ingordo è avido e non sa trattenersi per cui mangia ciò che gli piace a ‘crepapelle’, diciamo ‘fino a scoppiare’. Esiste sul piano pratico la ‘Gastronomia’ che significa ‘Governo dello stomaco’ e poi, sul piano scientifico, c’è la ‘Scienza dell’Alimentazione’. Chi mangia infischiandosene bellamente delle Leggi relative al buon nutrimento del proprio corpo avrà, proprio a causa del cibo che ha ingurgitato, il suo ‘inferno’. Mal di stomaco, mal di pancia, mal di fegato, calcoli biliari e poi arriveranno malattie vere e proprie e … se non ci si corregge, anche la morte. L’Inferno Pedagogico ti insegna che se vai avanti così, se continui a disubbidire alle Leggi del corpo, morirai, cioè perderai la vita.
– I mali sono progressivi e quindi queste sofferenze ci danno il tempo di emendarci. Forse sarebbe più appropriato parlare di ‘Purgatorio in Terra’.
– Ma sì, se vuoi chiamalo anche così, anche se il ‘Purgatorio’ per i cattolici ha un significato molto diverso. Ne parleremo.
– Allora vada per il ‘Purgatorio in Terra’.
– Voglio ora farti un altro esempio che riguarda la vita dello spirito.
– Anche il nostro spirito è sotto il controllo di Dio?
– Non si tratta di un vero e proprio controllo, perché la Legge è inscritta nell’essere che ci è dato, nel corpo come nello spirito. Chi non rispetta in se stesso questa Legge ne subisce le conseguenze, affinché impari a non fare più ciò che lo danneggia.
– Certo che, quando sgarra lo spirito, gli effetti dovrebbero essere più gravi.
– E’ ovvio. Se ubbidisci alla ‘Legge dell’Essere’ che è l’Amore, vivrai per sempre, cioè conserverai l’essere che ti è stato dato, anzi potrai giungere ad avere la ‘pienezza di essere’, cioè la ‘Vita di Dio’. Se invece disubbidisci alla ‘Legge dell’Amore’, il tuo spirito s’indebolirà sempre di più, e se non ti fermerai, ma continuerai ad abusare di te stesso, ebbene… l’essere, che è la tua sussistenza, si ridurrà in modo progressivo e sperimenterai in te stesso, e quindi anche nel tuo spirito, come ti ho detto, l’Inferno Pedagogico.
– Che è anche un ‘Purgatorio Pedagogico’.
– Sì, possiamo chiamarlo anche così. Si tratta di un’unica strategia educativa messa in atto dall’Essere Unico. Questo Inferno o Purgatorio, se necessario, può continuare anche dopo la morte per chi ha ancora da smaltire azioni compiute contro la Legge dell’Essere. Ma di questo sarà bene parlarne più tardi.
– Ora che sono alleggerito dalla paura dell’Inferno posso affrontare tutto con calma e serenità.
– Molto bene. Ora parliamo del Paradiso.
– Respiriamo finalmente una boccata d’aria pura che ci disintossichi da tutti i miasmi dell’Inferno, che soffocano anche solo a pensarci. Ma il paradiso c’è? Dimmi che credi al Paradiso.
17. Il Paradiso di tutti
– Ma sì, certo, però dobbiamo intenderci su che cosa significhi ‘Paradiso’. E quindi ti esporrò la mia idea di ‘Paradiso’ dopo che tu mi avrai detto che cos’è per te il ‘Paradiso’.
– Dove hai messo il Catechismo di Pio X?
– Eccolo qua!
– Come per l’Inferno partiamo dalla definizione che ci offre la Tradizione della Chiesa. Vediamo… l’ho trovata: “Il paradiso è il godimento eterno di Dio, nostra felicità e, in Lui, di ogni altro bene, senza alcun male”.
– Ti soddisfa? E’ tutto chiaro?
– E’ una definizione simmetrica a quella dell’Inferno che hai letto prima. Veramente mi suscita molte perplessità. Vedo che non si parla di un luogo, mentre nell’immaginario si parla di ‘avere un posticino in paradiso’. E poi non dice chi sono io, qual è la mia identità. Sembra che entri alla presenza di Dio come essere umano. Ma come può un essere umano con tutti i suoi limiti ‘godere Dio’. Io personalmente, ho sempre pensato il Paradiso come una situazione di piena comunione con Dio, ma non riesco ad andare oltre… Ora voglio sentire te.
– Se un essere vive bene, nel rispetto della ‘Legge dell’amore’, quando muore si trova in comunione con Dio, ma in un rapporto che ha dei limiti, come hai detto tu. L’essere umano, in quanto tale, non può conoscere Dio in pienezza. Quindi il Paradiso, prima della venuta di Cristo, era sì, uno stato di vita in comunione con Dio ma con i limiti della condizione umana. Questo possiamo chiamarlo ‘Primo Paradiso’: “I giusti vivono per sempre, la loro ricompensa è presso il Signore e l’Altissimo ha cura di loro. Per questo riceveranno una magnifica corona regale, un bel diadema dalla mano del Signore, perché li proteggerà con la destra, con il braccio farà loro da scudo” (Sp 5,15-16).
– I ‘giusti’ di tutte le epoche e di tutti i popoli hanno questo destino?
– Direi di sì. Non conta quale sia la religione che si professa, conta il rispetto della ‘Legge dell’amore’. Abbiamo già considerato ciò che scriveva Paolo ai Romani. Ti rinfresco la memoria: “I pagani, che non hanno la legge, per natura agiscono secondo la legge… essi dimostrano che quanto la legge esige è scritto nei loro cuori come risulta dalla testimonianza della loro coscienza e dai loro stessi ragionamenti, che ora li accusano ora li difendono” (Rm 2,12-15).
– Ma in base alla ‘dottrina del peccato originale’ non può esserci nessun giusto dopo il peccato dei Progenitori!
– No, i ‘Giusti’ ci sono, basti l’esempio di Abramo. Però per ora è meglio che non entriamo nel merito di questa dottrina. Come ti ho detto poco fa, non possiamo seguire contemporaneamente tutti gli argomenti. Sono collegati, come puoi vedere tu stesso, e dobbiamo prima o poi esaminarli tutti, per cui ti assicuro che di questo parleremo appena possibile, ma per ora acquisiamo ciò che dice la Sacra Scrittura. Ci sono molti giusti dichiarati tali proprio dalla Bibbia: Abele, Enoch, Noè, Abramo, Giobbe…
– Basta così, accetto.
– E poi ‘giusti’ non vuol dire ‘santi’. I ‘giusti’ sono coloro che hanno osservato la ‘Legge dell’Essere’ ma sono rimasti nella condizione umana. C’è un’evoluzione successiva, un lungo ‘iter’ per arrivare a conseguire la ‘pienezza di essere’.
– Per cui questo ‘Primo Paradiso’ è provvisorio.
– Eh sì. Non basta ‘essere con Dio’ bisogna ‘diventare Dio’ per entrare in ‘comunione ontologica con Dio’. Ed ecco allora il ‘Secondo Paradiso’ aperto da Cristo.
– Fantastico!
– Reale, molto reale! Ma pur essendo donato… dobbiamo conquistarcelo.
– Parlamene, mi interessa molto. Evitare l’Inferno Pedagogico e inoltrarsi in questo Paradiso è il massimo a cui io possa aspirare.
– Tu? Tutti, amico mio, tutti. Anch’io e non è fantasia ma realtà!
– Ho detto ‘fantastico’ per dire ‘meraviglioso’…Ti ascolto.
18. Il Secondo Paradiso
– Consideriamo allora questo ‘Secondo Paradiso’ inaugurato da Gesù di Nazareth, il ‘Figlio di Dio che si è fatto uomo” (cfr. Gv 1,14). Stupendo mistero è il ‘Mistero dell’Incarnazione’. Gesù è presentato da Giovanni Battista, il più grande profeta dell’Ebraismo, come “Agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo” (Gv 1,29). E qui è necessaria una precisazione della massima importanza.
– Su ‘Gesù Agnello’?
– Diciamo su ‘Gesù agnello sacrificale’. Nella Messa è stata fatta addirittura una variazione. Il celebrante mostra l’ostia consacrata e dice: ‘Ecco l’Agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo’. Hai notato la differenza?
– Certo. ‘Toglie i peccati’ invece di ‘Toglie il peccato’. A questo punto allora mi chiedo che cosa deve intendersi per questo unico ‘peccato’ che Gesù ‘toglie dal mondo’.
– Ecco, proprio lì volevo arrivare. Gesù non è venuto a ‘togliere i peccati’ perché ognuno, quando trasgredisce la Legge dell’Essere, deve arrivare a prenderne coscienza, chiedere perdono alle persone offese e, per quanto è possibile, rimediare al mal fatto ma soprattutto decidere di cambiare vita per realizzare una vera comunione con Dio.
– Allora… che cos’è per te questo ‘peccato’ che Cristo è venuto a togliere?
– Il ‘peccato’ è ciò che ‘manca all’essere umano’, che pur essendo già ‘somigliante a Dio’ (Gn 1,26) è circoscritto al proprio ‘limite ontologico’, per divenire pienamente ‘Figlio di Dio come Cristo’.
– Ah, sorprendente!
– Approfondiremo bene questo aspetto importantissimo. Per ora un’altra testimonianza di Giovanni Battista ci fa capire come questo avverrà: “Ho visto lo Spirito scendere come una colomba dal cielo e posarsi su di lui. Io non lo conoscevo, ma chi mi ha inviato a battezzare con acqua mi aveva detto: L’uomo sul quale vedrai scendere e rimanere lo Spirito è colui che battezza in Spirito Santo. E io ho visto e ho reso testimonianza che questi è il Figlio di Dio” (Gv 1,32-34).
– La testimonianza di Giovanni dice che Gesù per togliere agli esseri umani la loro ‘mancanza di essere’, cioè il ‘peccato’, vedi che seguo la tua interpretazione, ha effuso lo Spirito Santo…
– Sui suoi discepoli ma, possiamo dire, progressivamente sull’intera umanità.
– Comincia dai discepoli e poi, via via si comunica a quelli che accolgono la loro predicazione e quindi a tutti coloro che credono in lui, vero?
– Sì, è così. C’è ancora una testimonianza resa a Gesù dal cugino Giovanni che ci spiega più precisamente il senso dell’Effusione dello Spirito. Questa: “Chi viene dal cielo è al di sopra di tutti. Egli attesta ciò che ha visto e udito, eppure nessuno accetta la sua testimonianza; chi però ne accetta la testimonianza, certifica che Dio è veritiero. Infatti colui che Dio ha mandato proferisce le parole di Dio e dà lo Spirito senza misura” (Gv 3,31-34). Hai seguito bene? Gesù ‘dà lo Spirito senza misura’ per renderci davvero ‘Figli di Dio come lui’.
– Ho capito, eccome!Ci dà il suo stesso Spirito! Lo Spirito del Figlio!
– Bisogna accogliere la testimonianza di Giovanni Battista nella sua integrità, evitando modificarne le parole, per arrivare alla piena rivelazione della missione di Cristo: ‘Cristo dà lo Spirito senza misura, cioè il suo stesso Spirito, a coloro che credono in lui’. Il Magistero non ha seguito questa via, ma ha manipolato e interpretato questo testo in modo assai riduttivo.
– Sì, sono d’accordo. Bisogna leggere il Vangelo in modo accurato, anzi bisogna ritornare al Vangelo per verificare che cosa c’è scritto senza fidarci di interpretazioni che lo sfigurano.
– Torniamo allora a considerare questo ‘Secondo Paradiso’. Lo Spirito di Dio segue le sue vie, che sono misteriose, e dalla Pentecoste in poi inizia un rapporto nuovo con tutta l’umanità, anche al di là dell’azione di evangelizzazione compiuta dai discepoli. Senti che cosa dice il Concilio Vaticano II: “In tutti gli uomini di buona volontà lavora invisibilmente la grazia. Cristo è morto per tutti e la vocazione ultima dell’uomo è effettivamente una sola, quella divina, perciò dobbiamo ritenere che lo Spirito Santo dia a tutti la possibilità di venire a contatto, nel modo che Dio conosce, col mistero pasquale” (LG n°22,e).
– Dio è sovranamente libero e raggiunge tutti.
– Gesù è la via per andare al Padre. Chi lo accoglie per quello che è, ossia crede in lui, ‘viene generato da Dio, nasce dallo Spirito e diventa figlio di Dio’. Questo è il ‘Secondo Paradiso’ e comincia subito con il Battesimo. Giovanni scrive alla fine del suo Vangelo: “Molti altri segni fece Gesù in presenza dei suoi discepoli, ma non sono stati scritti in questo libro. Questi sono stati scritti, perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome” (Gv 20,30-31). Avere la Vita, l’unica Vita, che è la ‘Vita di Dio’: ecco il Paradiso! Non è un luogo, ma una comunione strettissima con Gesù. E’ diventare “una cosa sola con lui”(Gv 17,21), vivere la sua vita, conoscerlo per immedesimazione. Non sei più semplicemente essere umano perché nello spirito sei diventato ‘Figlio di Dio’. Si è compiuta in te una ‘trasformazione ontologica’ per cui ‘sei Dio’ e puoi entrare in relazione con lui ‘da Dio a Dio’ e conoscerlo per quello che è. Questo, ripeto, è il ‘Secondo Paradiso’.
– Allora presumo che ce ne sia ancora un altro… il ‘Paradiso Finale’!
– Infatti. Gesù è risorto, non è semplicemente tornato in vita: è risorto! Il Figlio di Dio si è fatto uomo, un uomo in carne ed ossa. Ebbene dopo la sua morte il suo corpo ha subito una trasformazione prodigiosa, è divenuto glorioso, ossia divinizzato. Ora Gesù Cristo risorto può “ricapitolare in sé tutte le cose” (Ef 1,10) a cominciare da tutti coloro che vogliono essere uniti a lui. E allora, alla fine dei tempi, ci sarà la resurrezione di tutti: “Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me; colui che viene a me, non lo respingerò, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. E questa è la volontà di colui che mi ha mandato, che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma lo risusciti nell’ultimo giorno. Questa infatti è la volontà del Padre mio, che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; io lo risusciterò nell’ultimo giorno” (Gv 6,36-40).
– Questo sì che è un bel Paradiso!
– Ma non è finita lì. Vuoi che Dio abbandoni la sua Creazione? Pensi che Dio sia interessato solo all’essere umano?
– Beh, l’essere umano è ‘l’unica creatura che Dio ha voluto per se stessa’… tutte le altre sono in funzione sua.
– E chi ha detto queste baggianate?
– Lo sai meglio di me!
– Sì, è l’insegnamento tradizionale della Chiesa, ma non c’è nessun fondamento biblico. Questa è filosofia sull’uomo, antropologia filosofica. Dio ha creato ‘ogni essere’ per se stesso e in ‘connessione ontologica’ con tutti gli esseri e ovviamente con Lui, il Creatore. La creazione è mistero non meno dell’essere umano. La creatura, anche la più minuscola, è mistero e non un mistero qualsiasi ma ‘mistero di Dio’. Ascolta il libro della Sapienza: “Tu ami tutte le cose esistenti e nulla disprezzi di quanto hai creato; se avessi odiato qualcosa, non l’avresti neppure creata. Come potrebbe sussistere una cosa, se tu non vuoi? O conservarsi se tu non l’avessi chiamata all’esistenza? Tu risparmi tutte le cose, perché tutte sono tue, Signore, amante della vita, poiché il tuo spirito incorruttibile è in tutte le cose” (Sp 11,24-26 e 12,1).
– Vorrei farti tante domande sulla creazione…
19. Il Terzo Paradiso
– Devi pazientare, a suo tempo me le farai e ti risponderò, spero esaurientemente. Vediamo per ora solo l’esito. Dove va tutta la creazione? Dio ha predestinato tutti al raggiungimento di questa meravigliosa ‘Palingenesi’ o ‘Nuova Creazione’. La felicità in Dio non è un’aspirazione solo dell’essere umano, ma di tutta la creazione e di ogni creatura. Senti San Paolo: “La creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio; essa infatti è stata sottomessa alla caducità non per suo volere, ma per volere di colui che l’ha sottomessa e nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio. Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto; essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo” (Rm 8,19-23). C’è un’attesa di tutta la Creazione ed è un’attesa di Resurrezione. Cristo è Colui che ricapitola ‘in sé’ tutte le cose. Ho detto ‘in sé’. Mistero grande! ‘Tutto è stato fatto per mezzo di Lui e in Lui’ (Col 1,16) e nella comunione di tutta la Trinità trova il suo compimento: “Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in lui. Egli è anche il capo del corpo, cioè della Chiesa, il principio, il primogenito di coloro che risuscitano dai morti per ottenere il primato su tutte le cose. Perché piacque a Dio far abitare in lui ogni pienezza” (Col 1,16-18). Ecco il‘Paradiso Finale’.
– E l’Inferno?
– L’abbiamo liquidato ma ecco che si riaffaccia alla mente, eh? Ebbene sai che ti dico? Non c’è posto per l’Inferno… nel Paradiso.
– Ti prendi gioco dei rimasugli inconsci dei miei condizionamenti.
– Ma sai perché non c’è posto? Perché il Paradiso è Dio e in Dio non può esserci posto per l’Inferno! Dio sarà tutt’uno con il suo Paradiso: “Dio sarà tutto in tutti” (1Cor 15,28 ).
– Bellissima questa visione in cui ‘Dio sarà tutto in tutti’… Ma, così come sono impostate le cose, Dio darebbe una sola ‘chance di vita’ a ciascuno di noi e ci giochiamo l’eternità, in pochi anni, per aver trasgredito qualche comandamento di una legge disumana e troppo severa, come è quella imposta dalla morale cattolica.
– Abbiamo detto che l’esistenza dell’Inferno è del tutto contraria alla bontà di Dio e alla verità dell’Essere Unico e allora anche la prospettiva di una sola vita è assolutamente inadeguata e insufficiente a prepararci ad un vero incontro con Dio, non ti pare?
– E quello che stavo pensando.
– Dato che, ‘grazie a Dio’, la concezione cattolica dell’Inferno Eterno l’abbiamo fatta crollare miseramente… vedrai che anche il problema di una sola vita… troverà una soluzione.
– Esclusa la ‘dannazione eterna’ hai profilato l’ipotesi della ‘perdizione dell’essere’ dicendo però che una scelta del genere si può fare solo in assoluta consapevolezza.
– Infatti. Ogni essere umano, essendo libero, può agire contro la Legge dell’Essere, quindi contro di sé, illudendosi invece di esaltare se stesso e di conseguire chissà quali conquiste. Ma si tratta solo di realizzazioni provvisorie e ingannevoli. Sì, molti agiscono sotto la pressione di passioni e sono completamente ciechi e sordi. Il loro agire sembra davvero proiettato verso la perdita di se stessi e dell’essere che li costituisce.
– Quindi stai profilando una ‘rinuncia all’essere’ da incoscienti non da persone consapevoli. Rinunciare ad essere, non è cosa da poco! Bisogna ponderare bene il passo che si vuole fare, posto che non sia solo una ipotesi ma una reale possibilità.
– L’Essere Unico, ha una pazienza senza fine nei confronti di tutti coloro che continuano a ‘muoversi a tentoni’ alla ricerca del senso dell’esistenza. C’è anche chi arriva a volersi disfare del proprio essere ritenuto solo causa di dolore.
– Chi coltiva il caparbio e irragionevole tentativo di ‘estinguersi’, ma senza la possibilità riuscirci, si troverebbe a vivere una sorta d’Inferno veramente spiacevole e doloroso , o mi sbaglio?
– Proprio così! Hai detto bene: ‘Senza riuscirci’ e quindi anche qui possiamo dire: ‘Grazie a Dio’!
– Certo grazie alla sua pazienza inesauribile, alla sua misericordia, alla sua capacità di attesa, al suo assoluto rispetto della nostra libertà. Ma ad un certo punto questo gioco deve finire o no? Non può andare avanti per l’eternità.
– Infatti. Oltre la concezione sbagliata dell’Inferno Eterno e l’ipotesi inquietante della ‘perdita totale dell’essere’ vi è certamente un’altra via.
– Finora l’hai lasciata in sospeso e, questa ‘Terza Via’, sembra essere quella più promettente, anzi quella decisamente positiva. Vuoi parlarmene sì o no?
– Sì, è la via che ci porta al conseguimento della ‘pienezza dell’essere’ per tutti, nessuno escluso. Ma dobbiamo arrivarci gradualmente. Non ti preoccupare. Affronteremo la questione in modo completo.
– E io te ne sarò grato. E’ troppo importante e devo, anzi voglio capirla fino in fondo.
– Ti dirò tutto quello che ho scoperto, tutto quello che so. Questo è un aspetto tra i più problematici. Pensa in particolare a tutti coloro che non sono arrivati neanche al punto di poter scegliere… I bambini che muoiono nel grembo della madre, ad esempio, sia per aborti spontanei, sia per interruzione di gravidanza. Che possibilità hanno avuto di scegliere se ‘essere o non essere’? E quelli che muoiono in tenera età? E coloro che nascono in ambienti dove non sono formati adeguatamente per assumersi delle responsabilità e particolarmente per attuare la scelta fondamentale che è quella di aderire alla Legge dell’Essere?
– Mi stai dicendo che ‘una sola chance di vita’ per moltissimi è insufficiente a compiere la loro scelta in piena consapevolezza.
– Sì, è così e bisognerà arrivare a parlare della ‘Reincarnazione’ ma è un argomento estremamente delicato e deve essere considerato in modo serio, documentato, in un quadro più vasto del solo cristianesimo e soprattutto del cattolicesimo.
– La Chiesa Cattolica, voglio dire il Magistero, mi risulta sia del tutto contrario alla ‘Reincarnazione’.
– Sì, è così. Ma non tutti i cattolici sono contrari, e neppure tutti i teologi. Lo vedremo tra breve.
– E’ un argomento interessante e affascinante non vedo l’ora di trattarlo adeguatamente.
– Ma la ‘Reincarnazione’ non è fine a se stessa. Ad un certo punto ci apre la via alla ‘Pienezza di essere’, come ti ho detto.
– Mi viene in mente l’Apocatastasi di Origene. Si tratta di questo?
– Più o meno, ma questa idea dell’Apocatastasi dobbiamo definirla con molta circospezione perché quella di Origene è stata bollata di eresia.
– E quella che hai in mente tu… è diversa?
– Lo vedrai tu stesso.
– ‘Reincarnazione’… ‘Apocatastasi’…realtà o illusioni?
20. La via della consapevolezza
– Mettiti tranquillo. Tratteremo i temi della Reincarnazione e dell’Apocatastasi quanto prima. Ma ritengo che sia necessario esplorare ancora più a fondo l’ipotesi del rifiuto dell’Essere con la determinazione di conseguire il ‘non-essere’.
– Ma perché ti ostini a propormi questa ipotesi? Non l’abbiamo già esclusa? Puoi mai accadere che una creatura umana arrivi a desiderare la negazione della propria esistenza fino a raggiungere l’estinzione totale? E Dio lo permetterebbe? Ma non è assurdo e inconcepibile alle stregua della concezione dell’Inferno Eterno? In fondo sarebbe una ‘nullificazione per sempre’ quindi ‘eterna’!
– Per tranquillizzarti ti dico che io una volta pensavo che fosse possibile e ti spiegherò perché. Ma successivamente ho intuito ragioni così profonde e convincenti che mi hanno fatto cambiare idea… e ti spiegherò anche queste.
– Ti confesso che questa ipotesi, ogni volta che si è affacciata nei nostri discorsi, mi angustiava terribilmente, ma ora, sapendo che per te non ha più valore, ti seguo volentieri. Esploriamo pure questa possibilità… se pensi che sia utile.
– Sì, ritengo che questa ulteriore indagine possa servirci perché è una tesi sostenuta da autorevoli teologi e ancor oggi viene riproposta e condivisa. Non basta dichiararla assurda e inconcepibile, come hai fatto tu poc’anzi, reagendo impulsivamente…
– Te l’ho detto: mi metteva sottosopra…
– Ti capisco. Ma ora vediamo di vagliarla e trovare le motivazioni e le argomentazioni adatte a smontarla definitivamente, come abbiamo fatto per l’Inferno Eterno.
– Va bene. Ci sto. Così mi piace.
– Riflettiamo all’uso della parola ‘nulla’. Attenzione! Noi diciamo ‘nulla’ come se fosse qualcosa. E’ l’inganno delle parole. Abbiamo un sostantivo e pensiamo che vi corrisponda ‘qualcosa di sostanziale’. Invece no, non è così. La parola ‘nulla’ in sé non ha significato. Dobbiamo intenderla come ‘nulla di qualcosa’, quindi ha un significato ‘relativo’ non ‘assoluto’.
– Quindi il ‘nulla di essere’ ha senso solo se supponiamo che sia possibile la ‘perdita completa dell’essere’. ‘Perdizione’ indicherebbe la ‘perdita dell’essere’ che costituisce la persona, più esattamente lo spirito della persona. E’ così?
– Sì, e ora svilupperò le ragioni relative all’ipotesi della ‘perdita completa dell’essere’.
– La motivazione principale per cui si può ipotizzare il ‘rifiuto totale dell’essere’, e quindi la sua ‘estinzione’, riguarda l’esercizio della libertà.
– Valore sacro, intangibile perché costituisce la nostra dignità. Anche Dio, che ce l’ha dato, lo rispetta e non lo viola mai e poi mai. Coloro che si spacciano per suoi ‘rappresentanti’, capi delle varie correnti del Cristianesimo, e prima fra tutte la Chiesa Cattolica, non hanno alcun ritegno a calpestarlo in molti modi, ma Dio lo preserva, lo difende, lo custodisce perché da lì dipende la possibilità di amarlo liberamente.
– Bene. Vedo che hai le idee molto chiare sulla ‘libertà individuale’, che è poi la libertà del nostro spirito, e questo mi facilita il compito di spiegarti il mio pensiero.
– Ti ascolto con la massima attenzione.
– Di solito si parte dalla fatto che non abbiamo chiesto di venire all’esistenza, anzi non essendoci non abbiamo potuto rifiutare, ma ora, vivendo in questo mondo, ‘nel pieno delle nostre facoltà’, possiamo arrivare a decidere, per nostra scelta personale a fronte delle terribili situazioni che offre la vita, di non volere più esistere. Possiamo suicidarci, ma la morte fisica non significa affatto ‘estinzione dello spirito’.
– Il quale è caratterizzato dall’immortalità!
– Appunto. Allora facciamo un passo ulteriore e decidiamo di non esistere anche come ‘spirito’. Poiché non è possibile direttamente ‘suicidare lo spirito’ utilizziamo la strategia di opporci alla ‘Legge dell’Essere’, che è appunto il ‘dinamismo dell’Essere’, e invece di amare e servire ci buttiamo a capofitto nell’esaltazione dell’Ego, rifiutando di amare e di servire, anzi odiando e asservendo gli altri a noi stessi. Sono in molti a farlo, purtroppo! Con l’ostinata contraddizione in noi stessi del ‘dinamismo dell’Essere’ esprimiamo la nostra precisa volontà di rifiutare l’Essere, perché non si può continuare ad esistere fruendo dell’Essere e al tempo stesso disprezzarne il suo dinamismo interiore, la sua vera essenza.
– Quindi, secondo questa malaugurata ipotesi sarebbe possibile la ‘perdita dell’esistenza’ anche riguardo al nostro spirito. Gli esseri umani possono arrivare a rifiutare l’immortalità del loro spirito?
– Teoricamente. Perché siamo liberi e restiamo liberi. Ma quando ho detto che il rifiuto dell’Essere deve avvenire ‘nel pieno delle proprie facoltà’ ho ipotizzato una condizione impossibile. E’ vero che esercitiamo tutte le nostre capacità in modo libero, non costrittivo, ma abbiamo davvero la ‘pienezza della luce’? Possiamo dire di conoscere fino in fondo l’Essere a cui stiamo rinunciando? No! C’è molto di più di quello che abbiamo visto o creduto di vedere, c’è molto di più. Quindi il nostro rifiuto ad amare e ad esistere è causato solo dalla nostra cecità e dalla nostra ignoranza. Ricordi quello che Gesù ha detto riguardo a chi lo crocifiggeva?
– Ah sì! “Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno” (Lc 23,34).
– Uccidevano il ‘Creatore della vita’ e pensavano di eliminare un delinquente comune, come erano i due ladroni crocifissi accanto a lui!
– Eppure chi si trova in quella condizione esistenziale non vede altre prospettive che farla finita in modo drastico: sbarazzarsi dell’essere che non ha chiesto.
– C’è una rivelazione fatta da Pietro. Ascolta: “Il Signore non ritarda nell’adempiere la sua promessa, come certuni credono; ma usa pazienza verso di voi, non volendo che alcuno perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi” (2Pt 3,9). Ecco, Dio non vuole che ‘alcuno perisca’. E questo vale sia per la ‘morte fisica’, sia per la ‘morte dello spirito’.
– Noi ormai sappiamo che chi insiste ad abusare dell’essere, per quanto si spinga oltre, non potrà mai perderlo del tutto, vero?
– Sì, te l’ho detto, io sono convinto che questo non possa avvenire.
– A questo punto fammi capire bene le fondate ragioni per cui questa ipotesi è da escludere tassativamente.
– Sì, la cosa è della massima importanza. Se l’Essere Unico ti ha donato l’esistenza non vuole che tu, per la tua ignoranza, arrivi a rifiutarla. Sa il grande valore che la tua esistenza ha per te, ma anche per lui. Per questo anche se non può impedirti di continuare a rifiutarla, rimanendo nell’ostinata e perversa strategia di ribellione alla sua Legge, ti dà altre ‘chances’ perché tu scopra il valore di ciò che rifiuti.
– Quindi… ci costringe a vivere? Ma allora è una situazione simile a quella prospettata dalla concezione dell’Inferno Eterno! Anche lì Dio costringerebbe i dannati a vivere e soffrire per sempre! Se ci costringe a vivere in realtà ostacola l’esercizio della nostra libertà!
– Le due situazioni sono molto diverse. Nell’Inferno, così come è concepito, chi ci va è inchiodato eternamente ad una sua ‘decisione irrevocabile’, mentre
nell’offrirti altre possibilità di vita rimane aperta l’eventualità di cambiare idea, di conoscere la verità dell’essere e la tua verità nell’Essere.
– Sì, è vero. Ho fatto una considerazione affrettata.
– Dio non ha fretta, vuole convincerti non costringerti, per cui io ritengo che ti darà altre innumerevoli occasioni, se sarà necessario, perché tu arrivi a vedere la luce e ad apprezzare l’Essere per quello che è. E lo fa perché ti ama, perché vuole il meglio per te!
– Ma sembra una storia senza fine!
– No, io sono convinto che alla fine, anche il più ostinato e recalcitrante, sceglierà la luce e la vita, sceglierà di ‘rimanere per sempre’ rinunciando ad annientare la propria esistenza, perché arriverà a comprendere che, solo donando il proprio essere a chi gliel’ha donato, potrà entrare nella pienezza dell’Essere che è la felicità più grande a cui si possa aspirare!
– Siamo liberi di ‘rifiutare l’essere’ ma anche l’Essere Unico, che ce l’ha dato, è libero di ‘rifiutare il nostro rifiuto’.
– Per questo dilaterà il nostro tempo e ci darà tutte le occasioni necessarie a farci comprendere il grande, assoluto, imprescindibile valore dell’Essere Unico e del nostro stesso essere individuale…
– E allora finalmente arriveremo ad arrenderci in modo consapevole, libero, determinato ‘ad essere e ad essere per sempre’. Ho capito?
– Sì, vedo che hai capito. Ma ritorneremo su questo punto così fondamentale.
– Ma la vita umana è breve, per alcuni anche brevissima. Come può darci ‘innumerevoli occasioni’?
– Sì, è vero. La vita è breve, c’è chi vive a lungo ma c’è anche chi muore giovane!
– E poi ci sono persone che prendono una china e non si voltano mai indietro, muoiono senza alcun segno di pentimento… Hai fatto un discorso molto teorico e poco realistico sulle ‘innumerevoli occasioni’.
– E’ vero. Ho lasciato delle cose in sospeso… ma presto le chiarirò! Per ora abbandoniamo lì la questione.
21. Salvaguardia dell’Essere
– Ma io avrei molte domande da sottoporti.
– Sì, lo so e ti capisco. Ma ora voglio offrirti il frutto di quella che per me è stata una ‘illuminazione’ riguardo all’impossibilità dell’estinzione totale dell’essere che ci costituisce. Sei pronto ad accoglierla?
– Spero… ma prima di riconoscerla come una ‘vera illuminazione’ io la esaminerò con il mio senso critico che non fa sconti, e lo sai bene.
– Certo, certo… dobbiamo esaminare sempre ogni cosa e io sono contento di sottoporre questa mia ‘intuizione’ al vaglio della tua critica.
– Ah, ora fai marcia indietro. Prima l’hai chiamata ‘illuminazione’ e ora la chiami ‘intuizione’… Che succede, stai mettendo le mani avanti? Timore che infranga la tua ‘lampadina’?
– No, un’idea che brilla nella mente all’improvviso dopo lunghe riflessioni, su un tema estremamente arduo come quello dell’esistenza, è qualcosa che non può essere considerata una conclusione logica, una deduzione, una semplice argomentazione. Per me è stata illuminante e mi ha convinto in modo decisivo e definitivo della ‘positività dell’Essere’. Chiamala come vuoi: illuminazione, intuizione, soluzione, folgorazione, lampo di genio… va tutto bene. Ma ora ascolta di che si tratta, poi deciderai come catalogarla.
– Ti ascolto.
– L’Essere Unico, nel donarsi generosamente alle sue creature, ha posto una ‘salvaguardia’ per cui nessuno può compiere in se stesso questa ‘estinzione dell’essere’. Sarebbe un atto eguale e contrario all’atto creativo di Dio. Gli esseri umani, nella loro follìa e presunzione, possono illudersi di sfidare Dio, di contrapporsi a lui, anche di ‘farsi Dio’, ma è solo ignoranza, simile a quella di Satana, solo cecità, solo squallido egocentrismo, limite estremo della ribellione alla Legge dell’Essere che è Amore.
– Interessante questa ‘salvaguardia’, è nel nostro interesse ma anche nel suo.
– L’Essere Unico, dona generosamente se stesso, ma prende le sue precauzioni. Per ora non riesco a dirti altro ma sappi che la ‘salvaguardia’ che l’Essere Unico ha posto donando ‘Se Stesso’ alle creature, rispetta sia la loro libertà individuale, sia la propria libertà.
– Quindi che si fa, si gioca a rimpiattino con Dio senza arrivare mai ad una conclusione?
– No, ad un certo punto la conclusione arriverà.
– E sarà positiva se non è possibile che una creatura umana pervenga alla ‘estinzione totale del proprio essere’ pur andandoci molto vicino. E’ così?
– Ma nel frattempo tutti gli ostinati, i ribelli, i prevaricatori, gli egoisti avranno innumerevoli occasioni per riflettere, e vivranno un ‘Inferno Pedagogico’ pari alla loro ostinazione. Ma alla fine, l’Essere che costituisce le persone ed è l’Essere di Dio, e non può estinguersi, sparire, finire, avrà il sopravvento nella persona stessa. Ed essa giungerà così alla consapevolezza che il suo bene, la sua esistenza, la sua realizzazione, la sua felicità non sono nell’opporsi all’Essere Unico, ma nel lasciarsi attrarre e quindi nel ritorno, sì, il ritorno come il ‘Figlio’ della famosa parabola narrata da Gesù, nota come ‘Parabola del Figliol Prodigo’.
– E perché ‘prodigo’?
– Perché ha speso malamente ‘quasi’ tutto il suo essere. La parabola però potrebbe essere meglio definita come ‘Parabola del Padre irremovibile nell’Amore’, pronto sempre ad accogliere il figlio che liberamente, consapevolmente, responsabilmente, un passo dietro l’altro torna a lui.
– Hai detto che quel figlio ha speso ‘quasi’ tutto il suo essere, l’eredità ricevuta dal Padre. E’ arrivato al limite del ‘rifiuto dell’essere’ ma non l’ha oltrepassato, perché non ha potuto o non ha voluto?
– Il suo stesso spirito lo ha fermato e gli ha dato la consapevolezza del limite raggiunto.
-Ma avrebbe potuto inoltrarsi di più?
– No, la ‘salvaguardia posta dall’Essere Unico’ impedisce il dissolvimento individuale. Ma a quel punto la ‘consapevolezza dello spirito’ si fa così acuta che il ‘limite’ posto da Dio viene a coincidere col ‘limite’ che la creatura pone a se stessa.
– Interessante… anche se al ‘limite’ del pensabile. E rimango molto perplesso.
– Per aiutarti ora ti propongo di ripercorrere la Parabola del Figliol Prodigo. Lì, questo mistero è illustrato nei particolari. Leggi e man mano che andrai avanti farò dei commenti interpretandola in senso ‘ontologico’.
– Vale a dire?
– In rapporto all’Essere. ‘Ontos’ in greco significa ‘essere’. Il ‘Criterio d’interpretazione ontologica’ consente di comprendere le parole di Cristo nella loro massima profondità.
22. La Parabola del ritorno
– Conosco questa famosa parabola ma mi sembra di accingermi in un’impresa nuova come se ci addentrassimo in una terra inesplorata.
– Scopriremo cose interessanti.
– Leggo: “Un uomo aveva due figli. Il più giovane disse al padre: ‘Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta’. E il padre divise tra loro le sostanze. Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto”.
– L’espressione ‘parte del patrimonio che mi spetta’, interpretata appunto in ‘senso ontologico’, rivela il Padre quale ‘Essere Unico’ che costituisce i suoi figli, le sue creature, ‘dando se stesso’, comunicando il proprio essere.
– Il ‘senso ontologico’ è un’interpretazione illuminante, ma dovrai spiegarmelo più a fondo.
– Sì, è mia intenzione quando parleremo della Sacra Scrittura. Ma intanto capirai sempre meglio questo ‘Criterio d’interpretazione’ proprio mediante l’applicazione pratica che ne stiamo facendo.
– Ottima scuola.
– Ci sono vari ‘Criteri interpretativi’ che possono aiutarci ad accostarci alla ‘Rivelazione’ e in una prossima conversazione li esamineremo uno ad uno.
– Ho sempre avuto il desiderio d’interpretare la Scrittura in modo adeguato, corretto, senza cadere in ‘mie’ elucubrazioni e se mi offrirai dei ‘criteri’ validi e sicuri te ne sarò grato.
– Si tratta di ‘criteri interpretativi’ desunti dalla stessa Scrittura.
– Bene. Intanto provo ad esercitarmi con questo ‘criterio ontologico’. Posso dire che lo ‘sperpero delle sostanze’ è lo ‘sperpero del proprio essere’? Quel giovane avrebbe scelto di vivere solo per se stesso, una vita da egoista, da egocentrico… come se tutto quello che il Padre gli ha donato potesse davvero sperperarlo in quel modo.
– Eh sì, questa è l’illusione di chi prevarica, di chi si appropria del dono ricevuto per farne l’uso peggiore. Ritengo sia necessaria una precisazione sulle Parabole di Gesù che, pur contenendo riferimenti alla realtà non sono ‘realistiche’, anzi risultano paradossali. Per cui mentre si comprendono le parole il senso profondo può sfuggire.
– Un esempio?
– In questa Parabola c’è un Padre che si comporta molto stranamente perché dona la sua ‘eredità’ prima di morire col rischio che il figlio minore, uno scavezzacollo immaturo, possa dissipare il suo patrimonio. Non è strano? Anomalo? Un padre reale sarebbe più cauto, non credi?
– Già, è vero!
– E allora non si tratta di una padre terreno ma nientemeno che di Dio, l’Essere Unico che dona generosamente se stesso. Il proprio patrimonio.
– Caspita! Un altro piccolo esempio?
– La Parabola del Seminatore ci presenta un seminatore folle, non un buon seminatore secondo criteri umani. Ha un buco nella bisaccia e perde il suo seme per la strada, vede un cespuglio di rovi e vi getta il suo seme, un po’ di terra che ricopre un sasso e vi getta il suo seme e solo alla fine semina in terra adatta. Che strano seminatore, eh?
– Interessante. Parabole con elementi reali ma non realistiche. Concetto acquisito. Esaminiamo ancora questa parabola che si rivela una miniera di scoperte.
– Torniamo all’illusione di questo giovane che prevarica appropriandosi dell’essere ricevuto per farne un uso egoistico. Andrebbe a finire molto male, ma la ‘salvaguardia’ posta dall’Essere Unico non lo permetterà, senza tuttavia violare la libertà della persona.
– Devo capire bene in che consiste questa ‘salvaguardia dell’Essere’.
– Vedi, per quanto un essere umano possa arrivare a non rispettare l’essere che gli viene donato e lo costituisce, è insita in lui una ‘salvaguardia’ per cui può arrivare al limite ma non oltrepassarlo perché proprio a quel punto scatta quello che vorrei chiamare ‘istinto dell’Essere’.
– E’ forse simile all’istinto di sopravvivenza.
– Sì, ma mentre l’istinto di sopravvivenza vigila sull’incolumità fisica questo istinto preserva l’incolumità dello spirito. Ma dobbiamo arrivare a capirlo poco alla volta. C’è un proverbio che esprime questa verità: ‘Dio lascia fare ma non strafare’.
– Già, me lo dice sempre mia madre.
– Donna saggia!
– Vado avanti: “Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno”.
– La penuria dei mezzi di sussistenza indica che stanno cominciando i segnali negativi, potrebbe morire di fame, potrebbe ammalarsi ed è certo che in quella instabilità incomincia a star male anche psicologicamente, non ti pare?
– Possiamo dedurlo ragionevolmente.
– Qui c’è una stranezza che vale la pena di mettere in evidenza. Il giovane ha speso tutto e quindi è nel bisogno, ma contemporaneamente ‘in quel paese venne una grande carestia’. Non è bizzarro? La situazione interna del giovane corrisponde a quella esterna. In senso ‘ontologico’ col nostro comportamento noi creiamo non solo in noi stessi, ma anche intorno a noi, il deserto, la siccità, la carestia.
– Sempre più interessante. Ora il nostro protagonista cerca di rimediare alla sua situazione: “Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci”.
– Per gli Ebrei il porco, cioè il maiale, è un animale ‘immondo’. E’ sempre stato proibito per loro mangiare la sua carne. ‘Pascolare i porci’, animali considerati immondi, significava quindi essere contaminati. Gesù parlava agli Ebrei per i quali ‘pascolare i porci’ era una degradazione estrema.
– Da Figlio di un gran Signore a ‘guardiano di porci’… è una umiliazione massima.
– Sì, una discesa, un abbassamento, una deprivazione di ‘essere’.
– “Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma nessuno gliene dava”. Arriva al punto di voler cibarsi come i porci delle carrube.
– La precisazione ‘Nessuno gliene dava’, secondo me significa che pur disposto a vivere come un ‘porco’ non gli era consentito. Ecco la ‘salvaguardia’.
– “Allora rientrò in se stesso…”
– Fermati! Qui è il punto essenziale. Si trova al limite e mentre la ‘salvaguardia dell’essere’ agisce creando le condizioni estreme, anche il suo spirito si risveglia ed egli ‘rientra in se stesso’, cioè accede al suo nucleo vitale più profondo e ritrova il collegamento che si era oscurato.
– Questa ‘interpretazione ontologica’ è veramente illuminante!
– Riprendi la lettura.
– “Allora rientrò in se stesso… e disse: ‘Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame!’
– Non gli è consentito mangiare quello che mangiano i porci. Si potrebbe pensare: ‘Ma se era a servizio del proprietario dei porci avrebbe dovuto ricevere un compenso per poter comprarsi qualcosa da mangiare, no ?’.
– Infatti, stavo facendo proprio questa riflessione. Sembra un’incongruenza.
– E lo è. Come ti ho detto, la parabola pur avendo riferimenti reali non è ‘realistica’. Gesù vuole porre in evidenza la situazione psicologica e spirituale di questo giovane che è appena arrivato in mezzo ai porci per pascolarli. E’ ridotto agli estremi, ha fame e vedendo che mangiano carrube vorrebbe allungare le mani e prenderle per nutrirsene, ma non gli è consentito. Non è ‘porco’ fino a quel punto. Ecco il limite che gli è posto, quello che ho chiamato ‘salvaguardia’. Ed ecco il risveglio della sua consapevolezza: ‘Io qui muoio di fame!’.
– Mi hai sciolto il dubbio. Sto rendendomi conto che ‘Ontologico’ è più che ‘realistico’ infatti ci introduce in una realtà più profonda. Vado avanti: “Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio”.
– Egli ora, rientrato in se stesso, compie un esame del suo comportamento in modo lucido, oggettivo e anche spietato. Riconosce di avere peccato. Ha trasgredito la ‘Legge dell’Essere’, quindi si è messo contro l’Essere Unico che è suo Padre, ha sperperato quasi tutta l’eredità ricevuta, ha calpestato la propria dignità di ‘Figlio dell’Essere Unico’.
– Pur facendo questo esame ‘spietato’ di se stesso non cade nella disperazione ma decide di levarsi da quella situazione estrema e di tornare dal Padre. Non teme di essere respinto a motivo della sua condotta?
– Il giovane ha già formulato non solo il giudizio su di sé ma anche la sua condanna: ‘Trattami come uno dei tuoi garzoni’. Sì è giudicato e condannato da solo, questo gli dà la certezza di essere accolto dal Padre. Non ritorna a lui con alterigia e prepotenza con la pretesa di ritrovare il suo posto di Figlio. No, torna per collocarsi da sé all’ultimo posto, quello di un ‘garzone’ ossia di un ‘servitore del Padre’.
– Già, se il peccato, cioè la trasgressione è l’appropriazione egoistica dei beni per servirsene a proprio piacimento, il ‘servire’ è invece l’accoglienza della Legge dell’Essere, che è amore e servizio.
– Ecco, ora si è posto nella giusta relazione col Padre, cioè con l’Essere Unico e quindi può tornare a lui: ‘Mi leverò e andrò da mio padre’. L’espressione ‘mi leverò’ indica la sua volontà precisa di uscire dall’avvilimento in cui è sprofondato per attuare da sé il proprio riscatto.
– Le tue spiegazioni ‘ontologiche’ sono per me estremamente chiarificatrici. Dopo aver deciso egli agisce: “Partì e si incamminò verso suo padre”.
– Il suo ‘camminare verso il Padre’ è in realtà il percorso a ritroso. Si era allontanato con le sue gambe e ritorna con le sue gambe, passo dopo passo. La sua però non una ‘indietreggiata’ ma è in realtà una ‘avanzata’ inesorabile. Egli va verso il Padre e verso se stesso. E ogni passo sancisce la sua determinazione a ritrovare il Padre, Essere Unico, per non lasciarlo più.
– “Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò”. Posso commentare io questa scena così commovente?
– Sì, ma non in senso sentimentale… ma ‘ontologico’, chiaro?
– Già, forse mi stavo ingarbugliando proprio nella commozione. Ho sentito tanti commenti del genere e ci stavo cascando.
– Prova allora a interpretare questo momento così importante della Parabola in ‘chiave ontologica’.
– Se il Padre lo vide quando era ancora lontano… vuol dire che non lo ha mai perso di vista, quindi lo ha seguito fin là dove si era inoltrato in mezzo ai porci.
– Ben detto.
– L’Essere Unico è tutt’uno con le sue creature e, pur lasciandoci liberi, vigila su di noi… e non cessa mai di attirarci verso di Sé, senza farci violenza, senza costrizione alcuna, senza imporci nulla. Ci attrae e attende. Ecco perché la Parabola ci fa sapere che ‘lo vide quando era ancora lontano’.
– Infatti, se ricordi ‘partì per un paese lontano’, e proprio lì il Padre non lo perse mai di vista.
– Già, è vero!
– Fin qui, direi te la sei cavata molto bene.
– ‘Commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò’. Qui posso fare una sottolineatura sentimentale? Mi sembra d’obbligo: il Padre, corre, gli si getta al collo, lo bacia!
– No, continua l’esame ontologico.
– Ma risulterebbe freddo!
– E tu impegnati in una interpretazione ontologica ‘calda’, perché no?
– Il Padre, essendo in realtà l’Essere Unico che non ha mai abbandonato il Figlio, lo ha seguito nelle sue peripezie e sa in che stato si trova dopo le sue riflessioni, la sua ritrovata consapevolezza e il suo desiderio di riconciliazione per sempre con lui…
– Stai andando benissimo!
– Ecco che si proietta verso di lui, gli corre incontro per fargli capire che apprezza la sua decisione, l’approva, l’aspettava e per lui nulla è cambiato. Vederlo arrivare, correre verso di lui, abbracciarlo e baciarlo significa che non c’è più alcun ostacolo alla loro armonia e alla loro perfetta comunione.
– Bravissimo.
– Ed ecco che il giovane può finalmente dare sfogo alla sua confessione sincera: “Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio”. Il Padre ascolta ma già sapeva e questa confessione non condiziona minimamente il suo comportamento.
– Adesso fermiamoci un attimo e lasciamo il Padre e il Figlio abbracciati.
– Grazie di questa pausa. Però che faticaccia! In tutta sincerità devo confessarti che mentre procedevo nell’analisi ‘ontologica’ mi sono commosso sempre più.
– Vedi che andare in profondità significa raggiungere la commozione vera, oltre l’emozione, che pure ha il suo valore, ma è più epidermica e transitoria. Bene, ora andiamo avanti, leggi pure.
– No, aspetta. Visto che mi stai addestrando a notare le anomalie… come si spiega che il figlio dica: ‘Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te’. Normalmente con la parola ‘Cielo’ s’intende Dio. Noi con la nostra interpretazione abbiamo identificato il Padre con l’Essere Unico, quindi con il Cielo… con Dio. Sono perplesso.
– Io credo che Gesù proprio qui offra la ‘chiave ontologica’ della parabola. Il Padre di questo racconto è Dio. Ma identificandolo con il ‘Cielo’ Gesù intende riferirsi ad una concezione più grande di Dio. Non il Dio degli Ebrei ma appunto l’Essere Unico.
– Credo che sia proprio così. Procedo: “Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l’anello al dito e i calzari ai piedi”. Interessante quel ‘ma’. Il Padre non intende assecondare il Figlio nella sua volontà di eseguire su di sé la giusta punizione del suo comportamento dissipato, egoista, dissacrante: da ‘figlio’ venire declassato al rango di ‘garzone’.
– Infatti. Ora lascia a me il commento, continuo io. Il Padre, Essere Unico, sa che il figlio è ormai entrato nella giusta dimensione, perché scegliendo di essere ‘garzone’ sceglie il servizio più umile. Ma scegliere di servire significa scegliere di amare. Ecco la svolta! E allora può riconoscere che il Figlio ha ritrovato la sua dignità interiore che ora può esprimersi anche esteriormente.
– Già…La sua dignità rappresentata dal vestito più bello, dall’anello al dito e dai calzari.
– Non è molto realistico quel ‘portate qui’, perché il figlio dovrebbe fare un bel bagno per ripulirsi della sporcizia accumulata in giro, soprattutto nel suo soggiorno tra i porci. Ma dal punto di vista ‘ontologico’ è già pulito, lavato, purificato. Continua a leggere.
– “Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa”.
– Da un punto di vista ‘ontologico’, le parole usate dal Padre sono estremamente precise. ‘Il figlio era morto’… In lui ormai tutti i segnali di morte erano presenti e ridotto in estrema miseria stava per morire di fame. ‘Il figlio era perduto’… Vedi, questa è la ‘perdizione dell’essere’, che pur non arrivando alla ‘perdizione totale’, cioè all’estinzione, ne presenta ormai i connotati ed ha lo scopo pedagogico di risvegliare alla ‘verità dell’essere’: ‘Nessuno può pretendere di esistere rifiutando il dinamismo proprio dell’essere che è l’amore servizio’. E’ impossibile! Non si può manipolare l’essere che ci costituisce a nostro piacimento ‘per sempre’. Possiamo farlo solo nella misura consentita dal nostro ‘limite ontologico’ ma… non fino in fondo, non fino ad estinguere la consapevolezza del nostro spirito.
– Ed è bellissima la ‘Festa dell’Essere’. Il Padre festeggia l’unità ritrovata col Figlio. Vado avanti?
– Sì, ora arriva il ‘guastafesta’. Leggi, leggi pure. La Parabola non è finita. – “Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò. Il servo gli rispose: È tornato tuo fratello e il padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo. Egli si arrabbiò, e non voleva entrare”. Io non ho mai saputo che cosa pensare di questo fratello. La sua è invidia o gelosia? Da dove nasce la sua rabbia?
– Leggi ancora l’ultima parte e poi vedremo di esaminare la reazione del figlio maggiore in senso ontologico, lasciando da parte l’interpretazione sentimentale che può fuorviarci.
– Ubbidisco: “Il padre allora uscì a pregarlo. Ma lui rispose a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che questo tuo figlio, che ha divorato i tuoi averi con le prostitute, è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Mi impressiona il fatto che il Padre esca ‘a pregarlo’ per farlo entrare e partecipare alla festa, ma il figlio maggiore è irremovibile.
– Irremovibile nella sua grettezza d’animo. Da qui risulta che ci sono due modi di rapportarsi al Padre, quindi all’Essere Unico. Il giovane, e non è casuale che sia il più giovane, morde il freno, è insofferente alla disciplina, vuole esercitare la sua libertà fino in fondo e con tutto il suo gruzzolo se ne va per le vie del mondo e vive spensieratamente a modo suo, come se potesse dettare lui la Legge. E’ imprudente, impaziente, è ‘prodigo delle sue sostanze’ e le disperde, ma imparerà a sue spese e in modo drammatico e doloroso la ‘verità dell’Essere’, l’importanza di tornare nella comunione con il Padre, diciamo tra le braccia dell’Essere Unico, vivendo la piena comunione con lui.
– E il Figlio Maggiore? Si direbbe ubbidiente anzi zelante, difatti lo dice lui stesso al Padre: ‘Non ho mai trasgredito ad un tuo comando e ti ho servito per tanti anni’. Un comportamento apparentemente ineccepibile.
– Se fosse così in sintonia col Padre, se la sua ubbidienza fosse interiore e non esteriore, se il suo servizio nascesse dall’amore dovrebbe condividere col Padre la gioia del ritorno del fratello. Invece no, anzi lo giudica, lo condanna. Se fosse per lui non avrebbe dovuto essere accolto costui, che egli non chiama fratello, e che con disprezzo indica come ‘questo tuo figlio’ che ‘ha divorato i tuoi averi con le prostitute’.
– Quindi rivela di essere rimasto in casa ma non col cuore, non per reale convinzione.
– Dicendo: ‘Io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando’ vuole spacciare ‘per suo merito’ la sua puntigliosa osservanza che in realtà è il ‘suo demerito’, perché con tutta quell’ubbidienza non è approdato a nulla, non è cresciuto nell’amore. La vicinanza col Padre non l’ha vissuta come comunione con lui. Anzi è pronto pure a giudicare il Padre come colui che agisce in modo ingiusto, accusandolo addirittura di preferenza verso il figlio disubbidiente.
– Infatti gli dice: ‘Tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici’ mentre per lui, ‘questo tuo figlio degenere’ addirittura ‘hai ammazzato il vitello grasso’.
– Sì, il ‘vitello grasso’ era il vitello che veniva ingrassato apposta per poi cucinarlo nelle grandi occasioni, come era appunto questa, del ritorno del figlio minore. Ma solo per il Padre era ‘festa grande’, non per il figlio maggiore.
– Continuo: “Gli rispose il padre: ‘Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato” (Lc 15,11-32). Ecco, mi spieghi la risposta del Padre? Rivela al figlio maggiore ciò che non ha capito in tutti gli anni in cui ha servito così scrupolosamente ma senza cercare la vera e profonda sintonia col Padre? Infatti gli dice: ‘Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo’.
– Sì, il suo modo di rimanere in Casa, diciamo nella dimensione dell’Essere, ma ‘senza infamia e senza lode’, ha fatto sì che pur immerso nell’abbondanza dei beni ma in realtà fosse completamente povero. Il Minore ha preso e dissipato e si è reso conto del valore di ciò che ha perduto, il Maggiore non ha mai apprezzato appieno il valore della sua esistenza.
– Mi viene in mente una parabola che riguarda sempre due figli. Vediamo se la trovo.
– E’ questa vero?
– Sì, proprio questa: “Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli; rivoltosi al primo disse: ‘Figlio, va’ oggi a lavorare nella vigna’. Ed egli rispose: ‘Sì, signore’ ma non andò. Rivoltosi al secondo, gli disse lo stesso. Ed egli rispose: ‘Non ne ho voglia’ ma poi, pentitosi, ci andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?”. Dicono: ‘L’ultimo’ (Mt 21,28-31).
– Che ci ricavi?
– Mi sembra che sia la condizione del Maggiore e del Minore della Parabola. Il rifiuto o consenso alla volontà di Dio non è questione di parole. Alla fine conta quello che effettivamente uno fa, non quello che dice. La vera ubbidienza è nei fatti.
– Leggi anche il seguito, è interessante.
– “E Gesù disse loro: “In verità vi dico: I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. È venuto a voi Giovanni nella via della giustizia e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, pur avendo visto queste cose, non vi siete nemmeno pentiti per credergli” (Mt 21,28-32). Pubblicani e prostitute hanno deviato rispetto alla volontà di Dio ma poi hanno creduto a Giovanni e quindi a Cristo. I Farisei, scrupolosi osservanti della Legge, non hanno creduto al profeta Giovanni che li richiamava sulla via di Dio e non hanno accolto Cristo.
– Ecco in che consiste l’osservanza superficiale della ‘Legge dell’Essere’. Meglio trasgredirla per prenderne coscienza, e poi tornare per non deviare mai più, che comportarsi superficialmente aderendo in modo formale ai dettami della Legge e rimanerne però sempre estranei, con la presunzione di essere nel giusto e di poter giudicare tutto e tutti, anche il Padreterno che invece accoglie i figli che tornano pentiti.
– E infatti Gesù rimprovera ai Farisei di aver trascurato i moniti di Giovanni dicendo loro: ‘Voi pur avendo visto queste cose, non vi siete nemmeno pentiti per credergli’.
– Il comportamento del Figlio Maggiore assomiglia in modo impressionante a quello di tanti cattolici benpensanti che sono arroccati sul loro perbenismo, sull’osservanza di regole e prescrizioni, sull’ossequio all’autorità e, dalla loro benemerita posizione, criticano e giudicano tutto e tutti, e anche il Buon Dio se si azzarda ad essere misericordioso con i peccatori al punto da non sbatterli all’Inferno come si meritano.
– Eh sì! Questa si chiama ‘durezza di cuore’ che corrisponde alla ‘durezza di mente’ ed è una ‘pietrificazione’ in cui cecità, superbia e arroganza si mischiano insieme per formare un amalgama assai difficile da sciogliersi.
– Ma anche per loro l’Inferno Pedagogico sarà una lezione salutare che li farà rientrare in se stessi e dire: ‘Mi alzerò è andrò da mio Padre…’ e quale sarà il loro stupore quando si accorgeranno che si trovavano già in casa ma… come se non ci fossero stati.
– Solo allora sapranno di ‘esserci’ e ne conosceranno il valore!
23. Nessuna decisione irrevocabile
– Mediante l’esame ontologico della Parabola del Figlio che si allontana, sperpera quasi tutto se stesso, ma poi infine rientra in sé e ritorna dal Padre, abbiamo acquisito una verità della massima importanza, ovvero che ogni essere umano è libero e rimane libero, per cui non ci sono ‘decisioni irrevocabili’.
– ‘Finché c’è vita c’è speranza’, si dice, speranza di cambiare idea, speranza di trovare la ‘Via della Vita’ come quel giovane.
– Infatti. Abbiamo visto che la scelta che decide il destino definitivo di una persona può compiersi solo in ‘piena consapevolezza’. Orbene, non è possibile che chiunque si trovi davvero in tale condizione arrivi alla decisione definitiva di rifiutare l’essere che lo costituisce, ovvero di scegliere di ‘non essere’!
– E’ quello che ci ha insegnato la Parabola del Figliol Prodigo. Quando è scattata la ‘piena consapevolezza’ il giovane ha visto la sua vita disastrata e ha preso la decisione di tornare al Padre.
– La ‘salvaguardia dell’essere’ ha risvegliato in lui la ‘consapevolezza’ per cui, là dove si trova, al limite estremo della sua possibilità di esistenza, ‘rientra in se stesso’ e decide di tornare al Padre, cioè decide di ‘essere’. E la sua è una scelta libera, consapevole, determinata, definitiva.
– E allora? La sorte di questo giovane è forse il paradigma della ‘salvezza per tutti’?
– Vedi, se ci fosse data davvero una sola vita, ossia quella in cui ci troviamo, allora tutto quello che facciamo, le nostre scelte, le nostre decisioni, i nostri comportamenti in rapporto agli altri e anche a Dio, sarebbero determinanti in modo decisivo riguardo il nostro futuro eterno.
– Con la prospettiva immediata subito dopo la morte di finire in Paradiso, in Purgatorio o all’Inferno. E ricadremmo nello schema semplicistico offerto dall’escatologia cattolica.
– Prima hai ricordato il proverbio: ‘Finché c’è vita c’è speranza’. E quando non c’è più vita? Quando si muore… c’è ancora speranza?
– Domanda intrigante… che cosa vuoi dirmi?
– Davanti all’ineluttabilità della morte viene da chiedersi: ‘E’ davvero possibile, in un tempo così breve, maturare una decisione che ha un valore eterno?’
– Già, come può essere sufficientee adeguata una vita, a volte anche breve, per arrivare a compiere una scelta così definitiva?
– D’altronde vivere non significa soltanto compiere scelte morali e basta, dobbiamo evolverci, trasformarci per divenire in pienezza ‘Figli di Dio’. Come è possibile realizzare un’opera così grandiosa e impegnativa se il tempo che ci è offerto è del tutto sproporzionato?
– Sì, effettivamente ci viene chiesto l’impossibile.
– Se invece ci fossero offerte più ‘chance di vita’ le nostre ‘scelte’ non sarebbero ‘finali’, non avrebbero un carattere conclusivo e soprattutto non sarebbero affatto ‘scelte irrevocabili’. Avremmo la possibilità di cambiare idea, di rimediare al malfatto, e riusciremmo, in una vita ulteriore, ad arrivare a riconciliarci pienamente con noi stessi, con gli altri e anche con Dio.
– Interessante prospettiva, direi che favorisce una vera speranza.
– La maturazione umana è lenta e Dio che ‘vuole che tutti si salvino’, non lo dimenticare! Vuole portare tutti alla piena consapevolezza e questo non può che avvenire in un lungo cammino, dove ci sono errori e peccati, ostinazioni e pentimenti, immobilità e dinamismo, oppressioni e liberazioni, ma alla fine, ed è questo il sogno e il desiderio di Dio, alla fine… ‘Liberi tutti’!
– Sembra un’utopia, bella ma irrealizzabile!
– Pensa che se lo ‘spirito personale’ di ogni essere umano avesse davvero la possibilità di reincarnarsi, ossia di avere una nuova ‘chance di vita’, anzi innumerevoli occasioni di vita, potrebbe gradualmente imparare, anche procedendo ‘per prove ed errori’, che la scelta migliore è accogliere la ‘Legge dell’Essere’, farla propria e amare prendendosi cura degli altri. Ed ecco che liberamente, consapevolmente, responsabilmente potrebbe entrare in comunione con Dio, entrare nella pienezza dell’Essere, e diventare a tutti gli effetti ‘Figlio di Dio’. Ecco la strategia di Dio per salvare tutti: ‘Offrire tutto il tempo necessario e rispettare la libertà di ciascuno’! Eh, che ne dici? Non è una bella prospettiva?
– Bellissima, rasserenante… ma finora abbiamo parlato al ‘condizionale’. Bisogna però che sia vera la ‘Dottrina della Reincarnazione’ che la Chiesa Cattolica condanna.
– La Gerarchia, con il suo Magistero saccente e autoritario, senza darsene troppo pensiero, stabilisce che ci sia per ogni essere umano un’unica ‘chance di vita’. In queste condizioni è estremamente facile che molte persone non arrivino a realizzare neanche un minimo di comunione con Dio per cui sono destinati senza scampo in quell’Inferno da cui non si può fare ritorno perché ‘eterno’. Non è spaventoso tutto questo? Ti rendi conto di quanto cinismo è racchiuso in questa concezione continuamente ribadita al punto da farla sembrare ovvia?
– Non hanno fatto altro che prendere alla lettera l’ammonizione di Gesù: “Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa; quanto stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e quanto pochi sono quelli che la trovano!” (Mt 7,13-14).
– Già, e questa sentenza ben si accorda con quest’altro monito di Gesù: “Molti sono chiamati, ma pochi eletti” (Mt 14). E di espressioni simili ce ne sono altre. Però ce ne sono anche di completamente diverse, te ne cito una per tutte, che d’altronde abbiamo già preso in considerazione, ed è questa: “Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me” (Gv 12,32).
– Se dice che ‘attirerà tutti’ come è possibile che si salvino solo ‘pochi eletti’?
– Appunto! Ora, un Magistero che si vanta di essere illuminato dallo Spirito Santo non dovrebbe fondarsi esclusivamente sul senso letterale di certi passi della Scrittura. Ci sono altri criteri d’interpretazione che favoriscono una visione d’insieme e aprono la mente a comprendere l’amore di Dio e il suo meraviglioso disegno di salvezza di tutti gli esseri umani.
– Abbarbicati al senso letterale della Scrittura… potranno mai, questi ‘Maestri’ saccenti e cinici, aprirsi alla prospettiva della ‘Reincarnazione’, come sto facendo io?
– Ne dubito, perché per arrivare a questa apertura molte cose dovrebbero cambiare nella mente dei Gerarchi della Chiesa Cattolica.
– Nell’attesa io devo dire che riconosco la ‘Reincarnazione’ oltremodo interessante e promettente, perché in armonia con la ‘positività dell’Essere’ e la sua ‘salvaguardia’, intuizione meravigliosa che mi ha convinto.
– Bene, ne sono contento.
– Però devo anche confessarti che questa idea della ‘Reincarnazione’, per quanto mi attiri e mi affascini, suscita in me ancora una certa inquietudine.
– Credo di sapere perché basandomi sulla mia esperienza. Vedi, man mano che andavo scoprendo la ‘Verità dell’Essere’ mi si paravano davanti, anzi devo dire che incombevano su di me, tutti gli insegnamenti della tradizione cattolica, le sentenze dei cosiddetti Padri della Chiesa, le concezioni dei grandi Teologi accreditati presso il Magistero, e soprattutto si avventavano contro di me i ‘dogmi’, quelle affermazioni inoppugnabili e definitive che la Gerarchia è andata elaborando nei secoli e continua a imporre con tutta la sua schiacciante autorità.
– Ebbene… come ne sei uscito?
– Era una situazione psicologica da togliere il respiro e rischiavo di rimanerne schiacciato, sommerso com’ero da scrupoli, esitazioni, dubbi e anche paure, ti sono sincero.
– Ti richiedo: ‘Come ti sei liberato da tutte quelle oppressioni’?
– Vuoi proprio saperlo? Mi sono aggrappato a una frase di Gesù schietta, semplice, illuminante. Eccola: “In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli” (Mt 18,3). Convertirsi significa ‘cambiare mentalità’ ma cambiare in che direzione? In che modo? Gesù dice: ‘Diventate come bambini’! E allora bisogna lasciar cadere tutte le sovrastrutture mentali che ci sono state inculcate e di cui siamo sovraccarichi e hanno lo scopo preciso di condizionarci, in modo che non ci salti mai in mente di deviare da quella che viene presentata come la ‘Sana Dottrina’, che non è però la ‘Rivelazione di Cristo’ ma una sua arbitraria interpretazione spacciata come ‘Verità Divina’.
– E quindi?
– Mi sono saldamente appoggiato su questa rivelazione di Gesù, che ha un valore ‘ontologico’ perché c’insegna a rientrare in noi stessi e a spogliarci di tutto queste sovrapposizioni artificiose che nulla hanno a che vedere con la verità, e ho detto: ‘Basta!’. Una decisione presa nella profondità del mio essere là dove siamo sempre come bambini perché a contatto con l’Essere e… tutto quello che stavo scoprendo ha prevalso, cacciando via ogni imposizione esterna, ogni condizionamento, ogni influenza deleteria e contraria alla mia esistenza di essere umano e di ‘Figlio di Dio’!
– Edificante esperienza! Voglio fare come hai fatto tu.
– Semplice! Lascia cadere tutto e fondati sulla verità che sta emergendo in te ed è in sintonia con la verità rivelata da Gesù. E’ questa la ‘Verità dell’Essere’ e in questa ‘verità’ anche tu ridiventi vero, schietto, genuino, originario appunto come un bambino.
– Grazie delle confidenze che mi hai fatto sui tuoi travagli interiori per arrivare ad essere quello che sei. E io credo che farò come hai detto spogliandomi di tutto il bagaglio che mi è stato addossato e intralcia il mio cammino sulla ‘Via della Verità e della Vita’ che è la ‘Via di Cristo’!
– In questo momento mi è venuto in mente l’incontro di Gesù con quel giovane ricco. Leggiamolo perché è molto istruttivo. Ecco, leggi qui. Leggi tutto, poi commenteremo.
– “Un notabile lo interrogò: ‘Maestro buono, che devo fare per ottenere la vita eterna?’. Gesù gli rispose: ‘Perché mi dici buono? Nessuno è buono, se non uno solo, Dio. Tu conosci i comandamenti: ‘Non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non testimoniare il falso, onora tuo padre e tua madre’. Costui disse: ‘Tutto questo l’ho osservato fin dalla mia giovinezza’. Udito ciò, Gesù gli disse: ‘Una cosa ancora ti manca: vendi tutto quello che hai, distribuiscilo ai poveri e avrai un tesoro nei cieli; poi vieni e seguimi’. Ma quegli, udite queste parole, divenne assai triste, perché era molto ricco”.
– Ci sono tanti modi di ‘essere ricco’. Si possono avere ricchezze economiche, case, gioielli, conti in banca, titoli… Ma si può anche essere ricchi di convinzioni, opinioni, cultura… Si può essere ricchi di condizioni agiate… Ricchi di amici… Ricchi di abiti eleganti, di scarpe di ogni foggia, di cravatte…
– Fermati, ho capito. Anch’io sono ricco. E in particolare ricco di una cultura religiosa che diventa per me sempre più ingombrante e condizionante…
– Lì volevo farti arrivare…e dobbiamo saperci liberare di tutto quello che intralcia la nostra libertà e genuinità. E ora continua pure la lettura.
– “Quando Gesù lo vide, disse: ‘Quant’è difficile, per coloro che possiedono ricchezze entrare nel regno di Dio. È più facile per un cammello passare per la cruna di un ago che per un ricco entrare nel regno di Dio!’. Quelli che ascoltavano dissero: ‘Allora chi potrà essere salvato?’. Rispose: ‘Ciò che è impossibile agli uomini, è possibile a Dio” (Lc 18,18-27).
– All’offerta che gli fa Gesù ‘per essere perfetto’ di lasciare tutti i suoi beni e di seguirlo il giovane non se la sente e se ne va triste. E Gesù amareggiato se ne esce con quella espressione che lascia sgomenti tutti quelli che lo ascoltavano e particolarmente i discepoli: ‘Quant’è difficile, per coloro che possiedono ricchezze entrare nel regno di Dio. È più facile per un cammello passare per la cruna di un ago che per un ricco entrare nel regno di Dio!’.
– Pare che Gesù non si riferisse ad un ‘cammello’, iperbole eccessiva, ma alla cavezza con cui il cammelliere lo conduce, che è una corda d’un certo spessore.
– Comunque sia esprime un’impossibilità. E i discepoli sono ‘costernati’ a queste parole. Perché? Loro non erano ricchi eppure l’affermazione di Gesù riguardava anche loro, se la sono applicata,perché il problema è l’attaccamento a quello che si ha, poco o tanto che sia.E allora chiedono con evidente apprensione: ‘Ma allora chi potrà essere salvato?’.
– Già, quel tale aveva molte ricchezze, ma si può anche essere invischiati nel possesso di poche cose se costituiscono tutta la nostra ricchezza.
– I discepoli lo avevano ben capito, per questo erano preoccupati. Ma Gesù a questo punto apre a loro, e anche a tutti noi, uno spiraglio di speranza: “Ciò che impossibile agli uomini, è possibile a Dio”
– Ma come?
– Il succo dell’episodio, secondo me, è questo: io credo che Dio, poiché ha creato il mondo e l’umanità coinvolgendosi fino a ‘dare se stesso’, troverà il modo di ‘far arrivare tutti a buon fine’. Noi non sappiamo come farà. Se lo sapessimo saremmo Dio. Ma ci basta credere con Gesù che ‘nulla è impossibile a Dio’.
– Magari! Però deve far andare tutto e tutti a buon fine rispettando la libertà di ciascuno.
– E’ proprio questo il nodo più difficile del suo problema! Ed è per questo motivo che l’ipotesi della ‘Reincarnazione’, ossia della possibilità di ‘vite successive’ per una evoluzione graduale, ha un suo fondamento e una sua ragione di essere.
– Come possiamo essere sicuri che non si tratti solto di un’ipotesi, ma sia realtà? Mi stai chiedendo di credere alla ‘Reincarnazione’, punto e basta?
– L’affronteremo e indagheremo in tutte le sue implicazioni dopodiché sarai libero di accoglierla o respingerla, ma a ‘ragion veduta’ però, come deve fare un serio ricercatore della verità.
– Sì, è il metodo migliore, scevro da pregiudizi.
– Gesù nel 1373 ha fatto una rivelazione davvero impressionante ad una mistica inglese, Giuliana di Norwich: “Il peccato è inevitabile, ma tutto sarà bene, e ogni specie di cosa sarà bene” e poi ha aggiunto:“E’ vero che il peccato è causa di tutta questa sofferenza, ma tutto sarà bene, e ogni specie di cosa sarà bene” (Giuliana di Norwich, Libro delle Rivelazioni, Ed. Ancora 1984, cap. 27). Tutto, capisci? tutto, anche il male, anche il peccato, anche le trasgressioni, gli egoismi, gli attaccamenti!
– Mi sembra una bella conclusione sia riguardo all’Inferno sia all’Estinzione dell’Essere. Ma in definitiva, l’affermazione ‘ogni specie di cosa sarà bene’ a quale soluzione allude? Tu che ne pensi? E’ forse la famosa ‘apocatastasi’ che ha messo nei guai Origene e potrebbe mettere nei guai anche noi?
– Forse quella rivelazione di Gesù a Giuliana prospettava proprio qualcosa del genere e tra poco l’approfondiremo. – Eh sì, mi auguro che avvenga presto perché dobbiamo arrivare, su questa questione capitale, ad una soluzione definitiva, io ne sento la necessità. Non basta distruggere… occorre anche costruire. L’ipotesi della ‘Reincarnazione’ mi sembra la via che apre la speranza per tutti. Ma mi chiedo: ‘Davvero tutti i ribelli alla Legge dell’Essere, ricevendo innumerevoli opportunità di vita, giungeranno dal mare tempestoso al porto finale, la piena pacificazione e riconciliazione con l’Essere Unico attuando la piena comunione con lui’?
24. L’estinzione totale è possibile?
– Io dico di sì.
– E io ho aspetto argomentazioni del tutto efficaci e persuasive. Te l’ho detto e lo ribadiscono, non intendo fare un puro atto di fede nella ‘Reincarnazione’ perché sembra la via più tranquillizzante per arrivare tutti in porto.
– La tua esigenza è più che giusta. Ma per soddisfarla è necessario che passiamo in rassegna velocemente il percorso conoscitivo compiuto fino a questo punto e poi potrò dischiuderti quella che per me è l’argomentazione decisiva.
– Bene, ci sto. La prospettiva che mi offri è allettante.
– ‘Repetita iuvant’ visto che stiamo indagando sul ‘senso profondo della nostra vita’ che svela il suo significato soltanto se contemplata nel contesto della vita universale e in definitiva nella vita stessa dell’Essere Unico, Dio.
– Allora… ripercorriamo il cammino che ci ha portato fin qui con ancora più cautela e vigilanza.
– Abbiamo smantellato definitivamente la sciagurata dottrina della ‘Dannazione eterna’ in un ‘Inferno’ altrettanto eterno, e l’abbiamo fatto perché è assolutamente indegna della Verità dell’Essere Unico. E’ una dottrina che non si fonda su un’esegesi biblica rispettosa della totalità della Rivelazione e dipende invece da un’interpretazione fondamentalista cieca e ottusa, che si ferma al senso esclusivamente letterale di certe espressioni.
– Ed è priva di ragioni teologiche veramente assennate ed è anche moralmente discutibile perché vuole ottenere comportamenti corretti con lo spauracchio dell’Inferno.
– Acquisito tutto questo ora è opportuno riproporci la domanda: ‘Qual è il destino degli esseri umani che muoiono nella ribellione alla Legge dell’Essere’?
– Apprezzo che tu usi la parola ‘destino’ invece di ‘destinazione’ che sembra collocarli definitivamente da qualche parte.
– Data l’estrema gravità di questo interrogativo è importante riesaminare il problema in modo da valutare tutti gli argomenti utili a smantellare i dogmi e le trappole dell’Escatologia cattolica.
– Sì, mi occorrono fondate ragioni per superare le resistenze che ancora mi inquietano e per essere ben preparato a fronteggiare tutti coloro che, ancorati alla mentalità cattolica, si avventeranno su di me.
– Eh già, soprattutto se arriverai a rendere note queste nostre conversazioni. Ma ora è prematuro parlarne.
– E anche soltanto pensarci. Sono qui per me, per aprirmi ai nuovi orizzonti che tu sicuramente mi dispiegherai, come hai già cominciato a fare. Poi… si vedrà!
– Ti dico solo che quando sarà il momento non avrai da fare altro che comunicare le tue convinzioni più profonde conquistate in questo percorso intrapreso alla ricerca della verità.
– Come tu stai comunicando a me le tue ‘convinzioni profonde’ anch’io potrò farlo con altri… ma prima devo acquisirle e consolidarle.
– Bene, abbiamo smontato tutto il castello di carte dei ‘Novissimi’, compreso il terribile ‘Inferno Eterno’ dalle sofferenze inimmaginabili, e ora eccoci per l’ultima volta a cospetto delle due uniche soluzioni o ipotesi che meritano tutta la nostra attenzione, ossia ‘Estinzione Totale’ e ‘Apocatastasi’.
– Vale a dire da una parte il ‘nulla di essere’ e dall’altra la ‘pienezza di essere’, giusto.
– ‘Tra le due ipotesi o teorie qual è la più convincente, quella fondata su argomenti solidi e inoppugnabili?
– Ormai noi una risposta l’abbiamo data.
– Sì, certo, ma poiché sono le uniche due alternative possibili dobbiamo riesaminarle in modo davvero esaustivo. Ci sono teologi di chiara fama che sono rimasti immobili davanti alle due prospettive. Io invece penso che noi siamo in grado di stabilire quale sia l’unica veramente valida, l’unica costruttiva, l’unica in accordo con la verità dell’essere Unico. E’ vero, lo abbiamo già fatto, ma sono sufficienti le motivazioni di cui ci siamo avvalsi?
– Hai forse qualche ulteriore argomento, oltre quelli che già mi hai offerto, che tagli la testa al toro come nel caso della concezione dell’Inferno Eterno?
– Eh sì, ce l’ho proprio! Ed è fondato sulla concezione dell’Essere che ci mostra in modo inequivocabile la sua positività e ci fa ulteriormente capire il significato profondo della ‘salvaguardia’, di cui ti ho parlato.
– Allora ti seguo volentieri.
– Torniamo ad esaminare l’ipotesi della totale nullificazione quale scelta irreversibile che prevede sia possibile rifiutare l’Essere ricevuto compiendo un atto di libertà per conseguire la ‘estinzione totale del proprio essere’.
– Estinzione che non può di fatto avvenire.
– E’ chiaro, ma lasciami procedere perché sto trattando la questione come se ancora dovessimo compiere la nostra opzione tra le due alternative..
– Ti stai immedesimando in chi è ancora al bivio.
– Esattamente. Come già ti ho detto, una volta io pensavo che chi rifiuta di esistere deve essere rispettato in questa sua decisione. Non ha deciso di venire al mondo ma ora nella sua condizione di vivente può dire: ‘No, grazie, voglio sparire per sempre’. E’ davvero impensabile che si arrivi ad un rifiuto così radicale, ma certe persone si comportano in modo talmente trasgressivo nei confronti della Legge dell’Essere, e sembrano così decisi a non pentirsene, che verrebbe da dire: ‘E sia! Ottieni quello che vuoi. Sparisci per sempre. Estinzione totale ed eterna’.
– Questa ipotesi, visto che rispetta in modo assoluto l’esercizio della libertà personale, ha un tremendo potere di seduzione.
– Per questo motivo è necessario mostrarne l’inganno.
– Senti, mi è venuto in mente che c’è anche il caso di chi non ricerca il ‘nulla di essere’ attraverso la trasgressione alla Legge dell’Essere, ma lo accetta come una realtà di fatto, l’esito normale di ogni vita umana. Di questa categoria di persone non abbiamo ancora parlato.
– Ti ringrazio di questo richiamo estremamente significativo. E’ vero. Ci sono persone che non credono in Dio ma hanno un atteggiamento positivo nei confronti dell’esistenza, ritengono che valga la pena di vivere e sanno apprezzare anche le gioie che la vita offre, coltivano valori rilevanti, sono capaci di solidarietà nei confronti degli altri, si dedicano ad attività di grande impegno in qualunque campo e cercano di rendersi utili all’Umanità ma… ritengono che dopo la morte ci sia ‘il nulla’. Sono convinti che tutto finirà per loro. Rimarrà è vero il ricordo negli altri, le tracce di ciò che avranno realizzato, ma della loro persona ‘nulla’. Ritengono che nell’essere umano non ci sia un’anima o spirito immortale e quindi non hanno nessuna aspettativa.
– Vedi che costoro non perseguono la ‘estinzione dell’essere’ ma semplicemente l’accettano come un dato inevitabile, come parte integrante della vita.
– Sai che ti dico? Avranno una sorpresa! Quando il loro spirito si troverà nella condizione che abbiamo genericamente chiamato ‘Aldilà’, si renderanno conto di essere ‘più vivi che mai’ e raccoglieranno i frutti della loro dedizione alla vita. Il ‘buono’ che hanno saputo coltivare e costruire lo hanno portato con sé e, dopo un periodo di riflessione e anche d’istruzione, saranno pronti per ritornare qui nella condizione umana per un nuovo cimento. E magari, nella nuova ‘reincarnazione’ potranno ricevere un’educazione che li apra al ‘mistero della vita’ che ha a che fare con la ‘morte’ ma non comprende, nel modo più assoluto, la prospettiva del ‘nulla’.
– Forse, per chi è ancora in vita e crede che tutto finisca con la morte potrebbe essere toccato dall’argomentazione che mi stai proponendo.
– Forse, ma dato che è basata sull’Essere Unico, occorre prima di tutto che accetti questa visione che, in fondo, è un modo di ‘credere in Dio’. Chi è convinto di andare verso il nulla è di solito agnostico o ateo e quindi difficilmente si persuaderà.
– Comunque sia, essendo l’Essere Unico la ‘Verità dell’Essere’ saprà come raggiungere e convincere con la prova dei fatti sia coloro che lo negano, sia coloro che lo rifiutano. Esponimi allora questa ragione basata sulla ‘positività dell’Essere’.
– Sì, torniamo ad occuparci di coloro che rifiutano l’Essere per smantellare la pericolosa seduzione, direi il fascino, di questa prospettiva. Una volta io pensavo che la dissoluzione dello spirito personale, poiché non coinvolge la ‘sostanza divina’ che lo costituisce, ma solo la ‘configurazione di quel soggetto’… fosse possibile. L’individuo essendo libero può decidere di essere o di non essere. Una volta estinta quella ‘individualità personale’ la sostanza che la costituisce tornerebbe nella piena disponibilità dell’Essere Unico. Fine di quella particolare esistenza.
– Sembra una soluzione… Chi non vuole esistere cessa di esistere. Il suo ‘danno’ consisterebbe nel non essere più, ma non essendoci non è una pena né per lui, né per l’Essere Unico.
– Sicuro? L’Essere Unico, Dio, il Creatore… sa, ricorda, soffre di quel mancato compimento. Ma c’è una ragione in più che ora cercherò di esporti.
– Cercherò? Non è da te parlare così! Finora sei riuscito a comunicarmi tutto quello che avevi intenzione di dirmi… che ti succede?
– Tra poco ti renderai conto tu stesso che la questione è delicata e complessa. Riguarda la ‘Concezione dell’Essere’ e in questo caso lo scontro con la mentalità cattolica, con la sua dogmatica, la sua teologia è veramente totale.
– Scontro metafisico, se non ho capito male.
– Eh sì ma non solo. In realtà è scontro su tutta la linea: scontro metafisico, scontro teologico, scontro esegetico… direi ‘scontro totale’!
– Se serve a sbaragliare una falsa metafisica, una falsa teologia e una falsa esegesi… ben venga!
– Il Magistero, basandosi sul fior fiore dei teologi cattolici, ha elaborato la concezione del ‘dualismo dell’Essere’, vale a dire ha posto la distinzione tra ‘Essere Increato’ ed ‘Essere creato’. Dio, che è appunto ‘Essere Increato’ prende l’iniziativa di creareil mondo e lo fa a partire dal ‘nulla’.
– Grazie di questo ripasso sulla concezione della tradizione cattolica riguardo alla Creazione.
25. L’Essere Unico si fa creazione
– Ma la realtà è ben diversa! Il ‘dualismo dell’essere’ è una arbitraria invenzione razionalista perché l’Essere è Unico. Ebbene, tieniti forte per quello che sto per dirti…
– Quasi mi spaventi… che devi dirmi di così catastrofico?
– Sì, è una verità che puoi farti impressione perché manda a gambe all’aria una convinzione millenaria, anzi un dogma inoppugnabile. Ed ecco la verità, amico mio: ‘L’Essere Unico si fa creazione e creatura’!
– Per… dirindindina!
– Simpatica esclamazione.
– Era quella che utilizzavo da ragazzo davanti a fatti esorbitanti e anche un po’ paurosi.
– Vedo che ti rendi ben conto del rovesciamento che produce quello che ho appena affermato.
– Mi hai appena annunciato una concezione strabiliante che cozza totalmente con gli insegnamenti della Chiesa Cattolica. Mi viene in mente la ‘rivoluzione copernicana’ ribadita poi da Galileo: ‘Non è il sole che gira intorno alla terra ma è la terra che gira intorno al sole’.
– Sì, quella è una ‘verità astronomica’ e per affermarla contro il dogmatismo ecclesiastico, che rimaneva inchiodato al sistema tolemaico, Galileo ha patito le pene dell’inferno e Giordano Bruno è finito sul rogo. La scienza, appurando i fatti, ha poi dato ovviamente ragione a Copernico, Galileo e Bruno e la Gerarchia Cattolica, con tutta la sua sicumera, ha dovuto arrendersi all’evidenza della realtà a suo smacco e vergogna.
– E questa che verità è?
– Questa è una ‘verità ontologica’. Poiché non c’è alcun ‘Dualismo dell’Essere’ ma l’Essere è Unico, la Creazione non è altro che il manifestarsi dell’Essere Unico o, per meglio dire , il ‘farsi Creazione dell’Essere Unico’. Ma tutto ciò che esiste è ‘interno’ all’Essere Unico, capisci?
– Nella teologia cattolica si usano le espressioni ‘ad intra’ e ‘ad extra’ proprio per distinguere ciò che riguarda Dio in se stesso e il mondo, due realtà distinte che non possono essere fuse insieme. Dio è Dio e la Creazione è la Creazione.
– Questa distinzione è il prodotto della mentalità razionalista che ha la presunzione di capire il ‘Mistero dell’Essere’ rendendolo ‘logico e razionale’. E’ una mentalità da abbandonare. Proviene dalla filosofia aristotelica e ha devastato la riflessione teologica soprattutto grazie a Tommaso d’Aquino. Ma se vuoi contemplare il ‘Mistero dell’Essere Unico’ devi liberarti di questo condizionamento.
– Mi rendo conto che gli studi che ho fatto invece di agevolarmi mi stanno intralciando.
– E allora ‘tabula rasa’, amico mio, e preparati a entrare in contatto con la realtà dell’Essere Unico. Posso solo dirti, per ora, ma sarà più chiaro in seguito nelle nostre conversazioni, che in realtà l’Essere Unico, non ‘crea fuori di sé’ e neppure ‘crea esseri diversi da sé’, ma ‘si fa lui stesso Creazione’, anzi, di più, si fa lui stesso ‘creatura’.
– Ma allora cade ogni distinzione tra ‘universale’ e ‘particolare’!
– L’Essere Unico è al tempo stesso ‘Universale e particolare’ e quindi, pur rimanendo Unico, si fa ‘ogni creatura’ vale a dire ‘innumerevoli creature…miriadi di creature’. E per ognuna di esse compie un atto di ‘autoriduzione di sé’ simile a quello compiuto dal Logos nel farsi ‘Essere umano’. Per cui ogni creatura… è lui, vale a dire è lo stesso Essere Unico in una ‘limitazione ontologica creaturale’.
– Mi stai facendo venire le vertigini!
– E’ il minimo che possa accadere davanti a verità così ‘vertiginose’. Ora voglio introdurti in un’ulteriore verità che si contrappone ad una affermazione talmente ovvia da essere banale. Ognuno di noi può dire senza tema di essere smentito: ‘Non ho chiesto io di venire al mondo’, anzi potrebbe dire anche: ‘Non sono io che ho voluto esistere. E’ capitato così. E’ Dio che mi ha creato’.
– Lo hai prospettato anche tu quando hai illustrato la situazione dell’essere umano che non ha scelto di esistere ma si trova nella situazione di dover scegliere tra l’ubbidienza a Dio o la disubbidienza.
– Infatti. Ho riportato quello che comunemente si pensa. Ma ora è opportuna una riflessione che forse ti lascerà a bocca aperta, come d’altra parte ha lasciato me… quando si è fatta strada nella mia mente.
– Qui andiamo avanti di stupore in stupore, di vertigine in vertigine…per cui, anche se mi meraviglio di me, credo che forse sarò in grado di reggere anche questa.
– Sì, lo penso anch’io, anche perché è una ‘verità ultra-paradossale’ ma a ben guardare consolante e rassicurante.
– Adesso mi stai rendendo curioso e impaziente.
– Partiamo da una ‘rivelazione’ di per sé sconcertante che ci offre Paolo nell’esordio della Lettera agli Efesini. Ecco quello che dice: “Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo, secondo il beneplacito della sua volontà”.
– ‘Rivelazione’… hai detto?
– Esattamente. Da quanto espone Paolo risulta che ogni essere umano, in modo misterioso, esiste da sempre nel Figlio, il Logos che Paolo chiama Cristo per indicarne la piena manifestazione, quindi ancor ‘prima della creazione del mondo’.
– Ecco la ‘preesistenza’ che il Magistero Cattolico nega.
– E che san Paolo afferma, anzi rivela. Quello che poco fa ti esponevo riguardo all’Essere Unico dicendo che è ‘Universale e particolare’, vale anche per il Figlio che è ‘Uno e Molti’, mistero della ‘Coincidenza degli opposti’.
– Quindi nel Logos tutti gli esseri umani esistevano ancor prima che il mondo fosse creato.
– Così dice Paolo. Ma dice di più. Rivela che ‘Il Padre ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo’. Eravamo presenti ed esistenti nel Figlio quindi ‘Egli ci ha scelti prima della creazione del mondo’.
– Stupenda rivelazione…Siamo sempre esistiti!
– Sì, ma in modo potremmo dire ‘implicito’, non manifesto. E in che consiste ‘ogni benedizione spirituale’ del Padre? Per quale scopo ‘ci ha scelti’?
– La risposta la dà lo stesso Paolo: ‘Per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci a essere suoi figli’.
– Proprio così. E allora sai che ti dico? Ciascuno di noi era presente nel Logos-Cristo da sempre, perché egli è ‘Uno-Molti’, e investito di questa potente benedizione, nella prospettiva della propria realizzazione piena col passaggio dalla condizione ‘implicita’ a quella ‘esplicita’, ha deciso di esistere nella condizione umana per poter raggiungere la pienezza di vita.
– Stai dicendo che ognuno di noi ha deciso di vivere in questo mondo per diventare ‘Figlio di Dio’ in modo pieno e reale come Cristo?
– Sì, è il nostro spirito, esistente da sempre, che ha preso questa decisione liberamente e in piena sintonia con la decisione del Padre e di Cristo stesso.
– Insomma, hai smontato la più forte motivazione per prendercela con il Creatore: ‘Non sono io che ho scelto di venire al mondo’!
– Bello no? Non abbiamo più niente da rimproverare a Dio. E se entriamo davvero nella profondità del nostro spirito ci rendiamo conto non solo di esistere, ma di ‘voler esistere’ e non solo di voler esistere ma di voler raggiungere la pienezza dell’esistere, cioè diventare ‘Figli di Dio’ come Cristo che è “Unigenito tra molti fratelli” (Rm 8,29).
– Rivelazione, eh?
– Così ce la presenta Paolo, infatti l’hai sentito no? ‘Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo’.
– Ho deciso io di venire al mondo, incredibile!
– Con una precisazione. L’hai deciso prima addirittura che il mondo fosse creato e poi sei entrato nel flusso della Creazione e del suo dinamismo manifestandoti come essere umano al momento opportuno.
– Basta così. Mi sembra che tu stia accennando alla Reincarnazione. Fermiamoci. Facciamo così. Dato che mi fido di te… accolgo queste tue, come chiamarle, intuizioni o rivelazioni, ma le metto per ora ‘tra parentesi’. Devo pensarci su, il cambio di prospettiva è troppo brusco, troppo radicale, troppo sconvolgente… e devo rifletterci. Inoltre, aspetto da te le ragioni che giustifichino questa tua mirabolante concezione.
– Infatti, la mia è un’anticipazione, avremo modo di approfondire e lo faremo quanto sarà necessario.
– Bene e te ne ringrazio. Ma ora, dalla precedente ‘verità ontologica’ che mi hai esposto poc’anzi e da questa ‘rivelazione’ riguardo alla nostra decisione di venire al mondo, che cosa ci ricavi in rapporto all’ipotesi della ‘estinzione totale’?
– Se riconosciamo che l’Essere Unico si ‘fa creatura’, anzi ‘innumerevoli creature’, come è possibile che cessi di esistere anche solo un essere umano?
– Se poi è vero che ognuno di noi ha concorso alla propria esistenza… ha solo senso conseguire la pienezza dell’Essere e non cessare di esistere.
– E allora… come potrebbe anche la più piccola creatura estinguersi? Come potrebbe perdersi? Come potrebbe annullarsi? No, l’Essere Unico ‘salva’ tutte le creature esistenti e quindi, ecco l’aspetto più paradossale, ‘salva se stesso’!
– E’ davvero paradossale! L’Essere Unico impegnato a ‘salvare se stesso’! Finora ho pensato che la ‘salvezza’ riguardasse solo noi, solo le creature. Hai deciso di destabilizzare la mia intelligenza? Dimmelo chiaramente perché in tal caso non so se continuerò a seguirti.
– Noi disponiamo di un’intelligenza razionale che ha i suoi limiti, ma nel nostro spirito c’è un altro tipo d’intelligenza che è intuitiva e possiamo chiamarla ‘intelletto’. Il nostro intelletto ha la capacità di cogliere in profondità la verità dell’essere. Ebbene mentre metto in difficoltà la tua ragione in realtà io voglio stimolare il risveglio del tuo ‘intelletto’.
– Ah, quindi vuoi favorire un mio salto di qualità. Questo mi tranquillizza e direi … mi sprona ad accondiscendere.
– Ciò che è ‘paradossale’ per la ragione, che si irrigidisce e rifiuta, è invece ‘perfetto’ per l’intelletto che ha la capacità di ‘intus-legere’, ossia di vedere in profondità.
– Un percorso affascinante e nuovo!
– Torniamo allora alla ‘salvaguardia’ delle creature esistenti. Ebbene per l’Essere Unico il fallimento anche di una sola creatura sarebbe il suo stesso fallimento! E può l’Essere Unico fallire ‘ontologicamente’? Non è inconcepibile, inammissibile, inaccettabile?
– Se è come dici… è davvero impossibile!
– Quando abbiamo esaminato la ‘Parabola del Figliol Prodigo’ utilizzando la ‘chiave ontologica’ abbiamo scoperto che, data la ‘salvaguardia dell’essere’, il ‘suicidio dello spirito’ non può avvenire.
– Eh sì, quel giovane sarebbe finito molto male, se la ‘salvaguardia’ posta dall’Essere Unico non lo avesse salvato, senza tuttavia violare la libertà della persona.
– Vedo che hai recepito bene l’intuizione della ‘salvaguardia dell’Essere’.
– Ancora adesso rimango sbalordito. Ma il dubbio più forte che mi assale in questo momento è che in fondo sia una violazione della libertà da parte dell’Essere Unico, anche se in una forma direi ‘mascherata’.
– No, nessuna violazione. Per quanto un essere umano, non rispettando l’essere che gli viene donato e lo costituisce, si spinga fino alla prospettiva dell’annientamento di sé, non può andare oltre perché proprio a quel punto entra in azione la ‘salvaguardia’ che si potrebbe chiamare ‘istinto dell’Essere’. Ed è sbalorditivo come nel momento cruciale la libertà individuale e la libertà dell’Essere Unico vengano a coincidere.
– Stupenda coincidenza che vorrei tanto fosse vera e non invece un inganno o un’illusione.
– Gesù l’ha illustrata più volte e in particolare nel caso del Figlio Prodigo che si allontana ma non oltrepassa il punto di non ritorno.
– E’ vero!
– Quanto prima, come ti ho detto, ti illustrerò anzi dispiegherò davanti alla tua intelligenza e sensibilità la meravigliosa bellezza e verità di quello che io chiamo ‘Essere Unico’ e tutto ciò che ho appena asserito sarà molto evidente.
– Ti rinnovo la mia fiducia… ma io voglio capire, sono qui per capire.
– Sì, lo so ed è un’esigenza più che giusta.
26. Apocatastasi ovvero Ricapitolazione
– E ora, che ci siamo sbarazzati del tutto di due concezioni sbagliate: ‘Inferno Eterno’ ed ‘Estinzione Eterna’, possiamo infine affrontare questo benedetto argomento della ‘Apocatastasi’, che inevitabilmente ci procurerà dei guai. Ma d’altronde più che preoccuparci di non essere ‘eretici’, rispetto alle dottrine confezionate dal Magistero Cattolico, abbiamo capito che dobbiamo preoccuparci seriamente quando siamo allineati.
– Eretici o allineati… a me non interessa. Io ricerco solo la ‘verità’. Non mi interessano le dottrine, le opinioni, le concezioni. E’ possibile raggiungere la verità?
– Cristo ha detto: “Io sono la via, la verità e la vita” (Gv 14,6). Ecco, lui è la ‘via che conduce alla verità’ che pertanto è una conquista progressiva. La verità non è una parola astratta ma è Lui, il Cristo: “Il mistero di Dio, cioè Cristo, nel quale sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza” (Col 2,2-3). E Cristo è la ‘vita’ cioè la pienezza dell’essere.
– Quindi possiamo dire che ‘raggiungere Cristo’ significa ‘raggiungere verità e vita’?
– Io ho perseguito sempre questo ideale… e tutto quello che so e che sono mi viene da lui.
– Bene. E io voglio fare altrettanto. Allora questa ‘Apocatastasi’?
– Partiamo dalle origini. Un po’ di storia. Il termine greco ‘apocatastasi’, che significa ‘ristabilimento o reintegrazione’, viene dalla filosofia stoica e indica il ‘Movimento dell’Essere’ che dopo essersi dispiegato nella molteplicità, ricompone la sua unità originaria.
– Qualcosa di simile alla ‘Ricapitolazione in Cristo’ di cui parla Paolo.
– Sì, c’è somiglianza ma anche differenza. Ecco il passo a cui ti riferisci: “Il Padre… ci ha fatto conoscere il mistero della sua volontà, secondo quanto nella sua benevolenza aveva in lui prestabilito per realizzarlo nella pienezza dei tempi: il disegno cioè di ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra” (Ef 1,9-10). ‘Ricapitolare’ però non vuol dire ‘ristabilire’ e neanche ‘reintegrare’.
– Grazie della precisazione.
– Per gli stoici dopo la ‘reintegrazione’ ricomincia una nuovo ciclo vitale. Questa è la loro concezione dell’Eterno Ritorno. E’ una concezione filosofica che deriva da una necessità cosmologica e teologica, esprime cioè il perfetto compiersi del divino disegno dell’Essere. Gli Stoici coniarono il concetto di ‘reintegrazione finale o apocatastasi’ per sostenere che tutto si ricostituirà esattamente com’era all’inizio.
– Una ‘concezione filosofica’ non una ‘rivelazione’. Non fa per me. Io voglio certezze!
– Veniamo a Origene, questo grande conoscitore delle Scritture vissuto ad Alessandria d’Egitto. Egli sostiene l’apocatastasi nel suo capolavoro, ‘Periarchon’, più noto col titolo latino di ‘De Principiis’, che pubblicò nel 220 all’età di 35 anni. Egli fonda l’ipotesi cosmologica dell’apocatastasi su quanto ha scritto Paolo agli Efesini parlando di Cristo: “Bisogna infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. L’ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte, perché ogni cosa ha posto sotto i suoi piedi. Però quando dice che ogni cosa è stata sottoposta, è chiaro che si deve eccettuare Colui che gli ha sottomesso ogni cosa. E quando tutto gli sarà stato sottomesso, anche lui, il Figlio, sarà sottomesso a Colui che gli ha sottomesso ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti” (1Cor 15,25-28).
– Che è appunto la ‘Ricapitolazione in Cristo’ di cui parla Paolo.
– Infatti. Origene voleva comprendere come possa realizzarsi la ‘deificazione di ogni creatura’ che egli ricavava dall’espressione ‘Dio sia tutto in tutti’. Per lui la ‘Deificazione’ non riguardava solo gli esseri umani, ma tutti gli esseri, capisci? ‘Deificazione’ dell’intera Creazione!
– Quindi anche dei ‘diavoli’ cioè degli ‘angeli ribelli’?
– Eh sì, proprio così! Gesù dopo la sua Resurrezione appare ai discepoli e dice: “Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra” (Mt 28,18). ‘Ogni potere’. Ma Paolo è ancora più esplicito su Gesù Risorto: “Dio l’ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre” (Fl 2,9-1). L’espressione ‘sotto terra’ indica gli esseri diabolici, diciamo ‘infernali’, quindi Satana e i suoi angeli, no?
– Nei cieli gli ‘Angeli’, sulla terra gli ‘Umani’, e sotto terra i ‘Diavoli’, ossia gli ‘Angeli Caduti’, questa è la rappresentazione tradizionale delle varie dimensioni cosmiche,
– E il fatto che ‘tutte le creature’ arrivino nel Nome di Gesù a ‘piegare le ginocchia’ in segno di adorazione e a ‘proclamare la Signoria di Cristo’ è per Origene la rivelazione della ‘salvezza universale’.
– ‘Salvezza’ quindi ‘deificazione di tutto e di tutti’… Un bell’esito ma anche un bel problema!
– Origene nel suo ‘De Principiis’ (DP, III 6) tratta esplicitamente della fine del mondo e formula la sua ‘Dottrina dell’apocatastasi’ includendo anche il mondo demoniaco, proprio basandosi sul principio ‘Dio sarà tutto in tutti’. E’ della massima importanza rilevare che Origene non fonda la sua ‘apocatastasi’ sulla ‘misericordia di Dio’, perché non era un sempliciotto mosso da motivi sentimentali. Egli è seriamente interessato piuttosto alla definitiva sovranità di Dio sulla totalità dell’Essere, che è quanto dire… la sovranità dell’Essere Unico su se stesso. Il problema quindi non è strettamente antropologico, riguardante la sola umanità, vale a dire la possibilità che tutti gli esseri umani si possano salvare, ma è ‘ontologico’.
– Ontologico perché riguarda l’Essere Unico, Dio.
– Sì, ma anche l’intera Creazione. E il quesito che si poneva Origene è proprio questo: ‘Come sarà possibile che Dio possa essere veramente sovrano su ogni realtà esistente?’.
– E particolarmente sugli esseri umani e angelici dotati di libertà?
– Infatti. Origene va avanti nel suo ragionamento e scrive: “Egli ha fatto tutte le cose perché esistessero, e ciò che è stato fatto per esistere non può non esistere”.
– Vero, ed è quello che abbiamo detto negando la possibilità della ‘estinzione dell’essere individuale’
– Esatto, sono contento che tu dia per acquisita quella conclusione.
– Quando arrivo ad essere persuaso… sono persuaso. Voglio citare un passo che secondo me fa al caso nostro. Puoi passarmi la Bibbia? Eccolo, questo qui: “Egli è immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni creatura; poiché per mezzo di lui sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potestà. Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in lui” (Col 1,15-17). Se ‘tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui’ vuol dire che proprio in lui, in cui sussistono, troveranno il loro compimento. Che ne dici della mia deduzione?
– Ottima ed è sulla linea di quanto pensava Origene. ‘Ciò che è stato fatto per esistere non può non esistere’. Anzi, non può non giungere alla ‘pienezza dell’essere’, che è appunto la ‘deificazione’.
– ‘Tutte le cose’ vuol dire ‘tutto ciò che esiste’: persone, animali, vegetali, astri e pianeti, galassie e nebulose, grilli e farfalle, elefanti e giraffe…
– Fermati, ho capito. Non mi fare l’elenco di tutte le creature, anche perché non finiresti più. Ma ‘tutte le cose’ significa anche il Diavolo, anzi tutti Diavoli, a cui il nostro Origene riserva una fine oltremodo positiva. Infatti arriva a sostenere che anche Satana si convertirà e sarà reintegrato, e con lui tutte le sue schiere, ma anche ovviamente tutti gli esseri umani che ha sedotto e ingannato, facendoli cadere nel suo stesso errore.
– Quindi tutti coloro che nella concezione cattolica si troverebbero all’Inferno?
– Ma poiché noi sappiamo che l’Inferno non esiste… diciamo che il discorso vale per tutti coloro che si dovessero trovare ancora in uno stato di ribellione.
– Giusto. Questa è dunque quella che Origene definisce ‘Apocatastasi’?
– E’ interessante, no? Bisogna riconoscere che si tratta di una ipotesi fondata su passi importanti della Scrittura. Non si tratta di una sanatoria universale, un perdono finale, un atto di misericordia. No, affatto. Perché Dio è ‘giusto e misericordioso’ e non può, per essere misericordioso, infischiarsene della sua giustizia o, per essere giusto, mettere da parte la sua misericordia.
– E allora… come fa?
– Ti illustrerò in una prossima conversazione il ‘Principio della Coincidenza degli opposti’ che non spiega ‘come Dio fa a conciliare gli opposti’ ma almeno ci tranquillizza perché ci assicura che ‘lo fa’. Per ora su questo non posso dirti di più.
– Tante cose dovrai spiegarmi… ma io sono paziente e so aspettare.
– Meno male, mi rendi il compito più facile. Per capire bene la posizione di Origene è importante evidenziare che per lui l’Inferno c’è, ed è una dimensione di riflessione e sofferenza ma, ed è questo il punto, con tutte le sue pene e i suoi infelici abitatori, ‘non è destinato a rimanere per sempre’.
– Non è l’Inferno Eterno di stampo cattolico ed è simile a quello che abbiamo chiamato ‘Inferno Pedagogico’.
– Esatto. Se la ‘reintegrazione’ è davvero tale, deve riguardare la totalità della Creazione che, essendo un tutt’uno con il suo Creatore, è in realtà un ‘Unico Essere’. Quindi deve valere anche per il Diavolo, per la precisione ‘tutti i Diavoli’, in quanto anch’essi sono creature di Dio, e il disegno divino non si potrebbe compiere qualora mancasse anche una sola creatura all’appello finale.
– Come sarà possibile la ‘Conversione’ di ‘Satana’ e di tutti gli ‘Angeli Ribelli’?
– Bisognerebbe prima di tutto sapere perché si sono ribellati. E considerato che sono creature molto intelligenti… quale errore avranno mai fatto? Deve trattarsi paradossalmente di un ‘errore intelligente’. Paolo se la cava parlando di ‘mistero dell’iniquità’, e non dice altro. ‘Mistero’ appunto, quindi per il momento non ci è dato saperne granché di più: “Il mistero dell’iniquità è già in atto” (2Ts 2,7).
– Ma se è in atto ‘il mistero dell’iniquità’, che poi è la ribellione, è anche in atto il ‘mistero della ricapitolazione’, no?
– Ecco, tranquillizziamoci così. Anche perché la ‘ricapitolazione in Cristo’ che Paolo ‘rivela’ e assai vicina alla ‘apocatastasi’ di Origene. Rileggiamo il passo della Lettera agli Efesini: “Il Padre ci ha fatto conoscere il mistero della sua volontà, secondo quanto nella sua benevolenza aveva in lui prestabilito per realizzarlo nella pienezza dei tempi: il disegno cioè di ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra” (Ef 1,9-10). Orbene il termine greco tradotto con ‘ricapitolare’ è il seguente ‘anakefalaiosasthai’.
– E come lo tradurresti tu?
– E’ intraducibile e occorre una perifrasi. Propongo questa: ‘Far convergere in Cristo, da cui ha avuto origine, ogni realtà esistente in modo che esprima il suo pieno valore e si armonizzi con il tutto’. Che te ne pare?
– Una spiegazione esauriente direi. E allora dovresti elaborare ora una perifrasi anche per ‘apokatastasis’ non credi?
– Sì, certo. Mi cimento: ‘Ristabilire alla fine dei tempi ogni realtà creata in Dio in modo che tutto ritrovi l’iniziale armonia’. Che ne dici?
– Mi sembra che esprimano la stessa idea.
– Solo apparentemente, stai bene attento! La ‘ricapitolazione’ in realtà attua la ‘Nuova Creazione’ in cui tutto è ‘divinizzato’, dopo una lunga evoluzione che coinvolge tutti gli esseri viventi e anche tutta la realtà fisica, diciamo l’intero universo.
– E la ‘apokatastasis’?
– Nonostante voglia dire ‘restaurazione’, come se si trattasse di un ritorno alla condizione originaria, Origene prevede un processo in cui, attraverso innumerevoli vite, gli esseri umani e angelici, e quindi anche Satana e i suoi, giungano ad una riconciliazione che non si limiti a ritrovare l’armonia iniziale ma realizzi una realtà nuova.
– Quindi la sua ‘apocatastasi’ è diversa da quella degli Stoici.
– Infatti. Ora, se l’esito finale di tutto il processo evolutivo della Creazione fosse un semplice ritorno alle origini, verrebbe da chiedersi: ‘A che pro tutta la sofferenza di questa lentissima evoluzione? A che pro tutte le guerre, i drammi esistenziali, le tragedie? A che pro… se la situazione universale finale non è altro che quella iniziale’?
– Effettivamente… non avrebbe alcun senso.
– Per questo io penso che la vera ‘apocatastasi’ debba essere una situazione nuova in cui possa finalmente realizzarsi una totale e definitiva comunione con Dio, una collocazione stabile che niente e nessuno potrà più infrangere.
– Sì, mi hai convinto e concordo pienamente con questa visione.
– Vedi il termine ‘apocatastasi’ significa testualmente ‘riportare al primitivo stato’. Analizzando gli elementi che compongono la parola abbiamo ‘apo’ che vuol dire ‘fuori’, ‘catà’ significa ‘giù’ e ‘istemi’ è traducibile con ‘stare, collocarsi’, il che equivale a dire: ‘Ciò che sta fuori rientra nel primitivo stato’. Il termine è usato anche in medicina in cui ‘apocatastasi di un organo’ significa il ripristino della sua normale fisiologia. E la ‘apocatastasi’ viene applicata anche in astronomia.
– Addirittura?
– Per gli astronomi, ad esempio, la ‘rivoluzione del pianeta terra intorno al sole’ è una ‘apocatastasi’ perché compie incessantemente l’intero periplo e ritorna al punto di partenza.
– Interessante!
– Ma vedi che in entrambi i casi non cambia nulla. Si ritorna alla situazione originaria. Anche gli Stoici, che in filosofia hanno per primi usato questo termine, intendevano esprimere l’idea di un ‘Eterno Ritorno’ di tutte le cose alla loro origine per ricominciare un ‘nuovo ciclo’.
– Origene però non la pensava così.
– Per lui, come ti ho detto, ‘Apocatastasi’ non voleva dire un semplice ritorno alle condizioni di partenza, ma una vera ‘Palingenesi’, ossia una ‘Nuova Creazione’.
– Mi sembra che tanto nella ‘ricapitolazione’ che nella ‘apocatastasi’ ci sia l’elemento comune ‘alla fine tutti salvi’, giusto?
– Sì. Del resto la parabola del Pastore che va in cerca della pecora ‘perduta’ mette in chiara luce il conseguimento della salvezza di chi si è incamminato verso la ‘perdizione’.
– Eh già. Me la leggi?
– Eccola qui: “Chi di voi se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va dietro a quella perduta, finché non la ritrova? Ritrovatala, se la mette in spalla tutto contento, va a casa, chiama gli amici e i vicini dicendo: Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora che era perduta. Così, vi dico, ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione” (Lc 15,4-7). Strano questo ‘pastore’ che lascia le novantanove pecore per andare a cercarne una sola, quella ‘perduta’.
– Di solito si parla di ‘pecora smarrita’.
– Nella parabola invece Gesù la chiama ‘pecora perduta’, e poi ‘ritrovata’ e infine passa dalla metafora alla realtà di ‘peccatore convertito’. Se interpretiamo la parabola in ‘senso ontologico’, come abbiamo fatto con la ‘Parabola del Figlio Prodigo’, abbiamo la conferma che Cristo, in cui si manifesta la verità dell’Essere Unico, vuole recuperare tutti e particolarmente coloro che sono ‘perduti’.
– Strano pastore, strano Essere Unico… ma convincente riguardo all’Apocatastasi quale ‘reintegrazione finale di tutti’, nessuno escluso..
– ‘Reintegrazione’ ma nel senso di conseguimento della ‘pienezza di essere’ vale a dire ‘Divinizzazione’, non te lo scordare!
– Eh sì, grazie della puntualizzazione.
27. Agostino contro Origene
– E ora dobbiamo parlare di Agostino, il ‘Grande Agostino’, perché nella sua polemica contro i ‘cristiani misericordiosi’, ossia coloro che si rifiutavano di credere in un ‘Inferno Eterno’, chiama in causa Origene e la sua ‘Apocatastasi’ condannandola ovviamente, da grande polemista qual era. Ma a dire il vero Agostino non è riuscito a cogliere il significato ‘ontologico’ del pensiero di Origene riducendolo semplicemente a un atto di ‘misericordia’ che non tiene conto della ‘giustizia’.
– Però mi hai detto che Origene prevedeva la ‘Reincarnazione’, ossia credeva allapossibilità di pentirsi e riparare il male fatto in vite successive, evitando così la condanna definitiva.
– Sì, e infatti Agostino non ammetteva affatto la ‘Reincarnazione’ e considerava un grave errore la ‘misericordia per i dannati’. Egli ricavava la sua convinzione sulla ‘maledizione’ di Cristo ai malvagi “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno preparato per il Diavolo e i suoi angeli” (Matteo 25, 41).
– La solita interpretazione fondamentalista, cioè pacchianamente letterale.
– Ed ecco un altro passo che per Agostino era probante. Nell’Apocalisse si parla dello “stagno di fuoco e zolfo” in cui i dannati “saranno tormentati giorno e notte per i secoli dei secoli” (Apocalisse 20, 10). Per Agostino non c’erano dubbi che in entrambi i passi fosse affermata l’eternità delle pene infernali, per cui decretava senza alcuna esitazione, cito a memoria, che ‘come la vita beata dei santi sarà senza fine, senza dubbio anche il castigo dei dannati sarà eterno’.
– Agostino, ‘Ipse dixit’ della cristianità, ha deliberato e presumo che tutti lo abbiano seguito.
– Molti sì, ma c’erano anche i perplessi, nonostante i pronunciamenti di vari Concili. Ma quando arriverà l’altro ‘Ipse Dixit’, ovvero Tommaso d’Aquino, riprenderà pari pari le argomentazioni di Agostino contro Origene e allora tutti i cattolici hanno dovuto arrendersi. La condanna dell’Apocatastasi nella Chiesa Cattolica da quel momento godrà delle sottili argomentazioni del ‘Doctor Angelicus’, com’era denominato l’Aquinate.
– E intanto anche il ‘Grande Tommaso’ è scivolato e caduto anche lui sulla banana del letteralismo biblico.
– E’ il destino dei ‘grandi’ scivolare su una volgarissima buccia di banana. Il problema risolto a modo suo da Origene con la dottrina dell’Apocatastasi rimane comunque aperto. Perché nella Bibbia, come abbiamo già avuto modo di vedere, ci sono passi contradditori, da una parte qualche affermazione dell’Inferno Eterno dove si dice che finiranno in molti, e dall’altra espressioni come quella di Gesù: “Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me” (Gv 12,32). Oppure quella che ho già citato di Paolo: “Il Figlio, sarà sottomesso a Colui che gli ha sottomesso ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti” (1Cor 15,28).
– Pensando al ‘compimento finale’ del ‘Disegno di Dio’ sulla Creazione bisogna certo tener conto delle parabole di Gesù che abbiamo commentato in ‘senso ontologico’: il Padre che attende il ritorno del Figlio e lo accoglie restituendogli la sua dignità e anche la pecora perduta che il pastore ritrova, se la colloca affettuosamente sulle sue spalle e la riporta con le altre.
– Certo il ritorno deve avvenire nella consapevolezza del proprio rifiuto, nel pentimento e nella decisione di tornare, ma la strada del ritorno rimane sempre aperta. Per Origene, che aveva una grande stima del ‘libero arbitrio’ non vi sono scelte irrevocabili. Ciò che è stato deciso, sulla base di una conoscenza superficiale ed erronea, può essere cambiato da una nuova conoscenza, una nuova visione. Si arriva alla verità ‘come a tentoni’ dice Paolo, ed è proprio così. E la volontà decide in base a ciò che la mente pensa o crede.
– E questo vale per tutte le creature pensanti e volenti… quindi non solo gli esseri umani ma anche gli angelici!
– Proprio così. Questo era il pensiero di Origene. Ma da parte del Magistero è arrivata la condanna dell’Apocatastasi. Non subito ma è arrivata. Le riflessioni fondamentaliste di Agostino hanno prevalso su quelle di più ampio respiro di Origene che è stato condannato e la sua teoria dichiarata ‘eretica’.
– Sai che ti dico? Affermare l’esistenza dell’Inferno per la Gerarchia Cattolica è assai più conveniente che ipotizzare la salvezza finale per tutti.
– La condanna formale si ebbe soltanto nel 543, dopo oltre tre secoli dalla pubblicazione del ‘De Principiis’ che è del 220. La concezione dell’Apocatastasi di Origene, in tutti quegli anni, aveva convinto molti pensatori cristiani, soprattutto quelli più sensibili alla dimensione spirituale. Ne ricordo alcuni, ma sono tanti perché l’influenza di Origene sugli autori cristiani, fino al VII secolo, fu enorme. Ricordo Dionisio di Alessandria, Eusebio di Cesarea autore addirittura di una ‘Apologia di Origene’, papa Damaso I che ne tradusse due omelie in latino, Basilio Magno, Gregorio di Nissa e Gregorio di Nazianzo, Ambrogio da Milano che utilizzava ampiamente l’interpretazione allegorica della Bibbia proposta da Origene stesso, Tirannio Rufino che ne tradusse in latino molte opere, Evagrio Pontico, ispiratore del monachesimo orientale e maestro di Giovanni Cassiano, ispiratore di quello occidentale e infine Massimo il Confessore, che fu il più importante teologo del VII secolo.
– Hai una buona memoria, non c’è che dire.
– Sono tutti autori che ho studiato. La memoria dei vecchi è forte nelle nozioni apprese in gioventù e debole nel ricordare che cosa ho mangiato ieri a cena.
– Dicevi allora della condanna.
– Ah sì. L’imperatore Giustiniano nel 542 aveva composto un libro dal titolo significativo ‘Ad versus Origenem’ in cui elencava addirittura ‘nove proposizioni’ tratte dal ‘De Principiis’ che a suo parere dovevano essere considerate eretiche. L’anno dopo l’Imperatore Giustiniano si scagliò contro alcuni monaci origenisti provenienti da Gerusalemme con un editto che stroncava definitivamente Origene e la sua dottrina. Senti questa imperiale sentenza e trema: “Se qualcuno dice o ritiene che il castigo dei demoni e degli uomini empi è temporaneo e che esso avrà fine dopo un certo tempo, cioè che ci sarà un ristabilimento (apocatastasi) dei demoni e degli uomini empi, sia anatema” (DH 411).
– Ma non è un pronunciamento della Gerarchia della Chiesa Cattolica. E solo un Imperatore.
– L’Imperatore ‘cesaro-papista’ valeva più del Papa, sappilo. Comunque il pronunciamento imperiale successivamente è stato confermato e ribadito dal sinodo di Costantinopoli del 543, e poi addirittura da quattro concili ecumenici: Costantinopolitano II (553), Costantinopolitano III (680), Niceno II (787), Costantinopolitano IV (869). E il Magistero non ha mai rivisto la sua rigida posizione.
– Mamma mia! Quindi chi non accetta la ‘teoria dell’eterna dannazione’ eaderisce alla ‘teoria dell’apocatastasi’, si becca una micidiale scomunica emanata ‘in primis’ dall’imperatore dell’Impero romano d’Oriente e a raffica da quattro Concili. Non c’è scampo.
– ‘Scomunica’, ne abbiamo già parlato a proposito di Susanna,vuol dire che, se l’autorità ecclesiastica non te la toglie, sei separato da Cristo qui subito mentre vivi sulla terra e poi in modo definitivo nell’Inferno Eterno.
– Bisognerebbe aver paura della ‘scomunica’ così come si dovrebbe aver paura dell’Inferno Eterno.
– Eh sì! ma solo se ci credi…
– E per chi non ci crede ed ha fondate ragioni, argomenti indubbi, convinzioni assodate, appurate e certificate?
– Allora può bellamente infischiarsene sia della ‘scomunica’ che dell’Inferno e ovviamente della Gerarchia Cattolica che vuole imporre e l’una e l’altro.
– E’ il caso nostro, no?
– Direi proprio di sì!
– E allora procediamo sulla via della vera libertà che contempla anche la liberazione da tutto ciò che vuole impedirci di essere davvero liberi. Viviamo questa inebriante libertà che il Creatore ci ha elargita e vuole che la esercitiamo, pur in mezzo a prove ed errori, per andare da lui in modo del tutto consapevole e soprattutto… sovranamente libero!
28. Reincarnazione e Divinizzazione
– Esaminiamo ora, in modo ancor più approfondito, l’Apocatastasi quale ‘Ricapitolazione in Cristo’.
– Questa idea sta facendo breccia nella mia mente, per quanto possa essere ancora un po’ condizionato dai dogmi della Dottrina Cattolica, ma direi che si fa strada soprattutto nel mio cuore.
– Abbiamo considerato che soluzione offerta dalla ‘apocatastasi’ garantisce a tutti la ‘conservazione del proprio essere’ anzi, di più, consente di giungere al ‘conseguimento della pienezza di essere’.
– Quello che mi convince del valore dell’Apocatastasi è il fatto che non auspica, per coloro che si trovano in uno stato di ribellione nei confronti di Dio, una ‘sanatoria universale’, ma esige una vera conversione
– Vale a dire un radicale cambiamento di mentalità e di vita.
– Infatti. L’Apocatastasi, pur ammettendo l’esistenza dell’Inferno, gli assegna un limite temporale e lo ipotizza come una fase di ripensamento per una decisione nuova.
– Sì, ne abbiamo parlato, è un ‘Inferno Pedagogico’, quindi provvisorio, sia quando si è ancora in vita sulla terra, sia nelle fasi intermedie, tra una reincarnazione e l’altra.
– Per non cadere nella soluzione ingenua di un perdono finale indifferenziato bisogna ipotizzare che l’evoluzione verso la ‘pienezza dell’essere’ avvenga su questa terra in vite successive, alternate a periodi intermedi nell’aldilà a riflettere sui propri errori, le proprie azioni egoistiche, i danni causati a sé e agli altri. E tutto questo riflettere sarà accompagnato da pentimento e afflizione e soprattutto produrrà il desiderio di rimediare in una nuova ‘chance’ di vita. E’ così?
– Questo è lo scopo ‘pedagogico’ del periodo intermedio tra una vita e l’altra.
– La concezione dell’Apocatastasi, se ho capito bene, comprende sia la ‘preesistenza degli spiriti individuali’, sia le ‘reincarnazioni successive’, sia la ‘pienezza finale dell’essere’.
– Questo è il ciclo completo. E alla fine dei tempi, perché si compia il progetto divino della ‘Ricapitolazione in Cristo’, saranno riunite nell’Essere Unico ‘tutte le cose del Cielo e della Terra’. Solo così ‘Dio sarà tutto in tutti’.
– Quindi invece di utilizzare il termine ‘Apocatastasi’, che presenta implicazioni ambigue, chiamiamola decisamente ‘Ricapitolazione in Cristo’, come risulta dalla Scrittura, particolarmente in Paolo.
– D’accordissimo, infatti così la intendo io e ti propongo di vedere in profondità questa prospettiva positiva, sostenuta da forti argomenti scritturali, logici, morali. Il più valido argomento a suo favore è la libertà dell’Essere Unico di essere fedele a se stesso quale ‘Amore Universale’, vale a dire verso tutti, ‘Amore Incondizionato’ che non si lascia ‘condizionare’ dalle trasgressioni umane, ‘Amore Infinito’ che non ha né inizio né fine, ‘Amore Paziente’ pronto a sopportare rifiuti, ingiurie, indifferenza… nell’indomita certezza che alla fine nessuno potrà resistere davanti ad un amore così inesorabile, così caparbio, così generoso, così determinato.
– Affascinante descrizione dell’Essere Unico!
– Paolo ha visto giusto quando ha caratterizzato la ‘Carità’. In realtà parlava dell’Essere Unico: “La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, 6 non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine” (1Cor 13,4-8).
– Provo a tradurla sostituendo ‘carità’ con ‘Essere Unico’, che ne dici?
– E’ quello che intendevo fare io.
– ‘L’Essere Unico è paziente, è benigno, non è invidioso, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, si compiace della verità. L’Essere Unico tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. L’Essere Unico non avrà mai fine”. Stupendo!
– Però l’Essere Unico non fa tutto questo per ‘misericordia’ annullando le responsabilità, le trasgressioni, i peccati con un atto di sanatoria universale. No! Occorre che ognuno eserciti la propria consapevolezza, la propria intelligenza e la propria libertà e ad un certo punto, liberamente, ritrovi la via dell’armonia con l’Essere Unico.
– E qui sta il problema! Come farà a convincere, ad attirare a Sé tutte le sue creature senza violare in nessun modo la libertà che ha dato loro?
– Un bel problema… La libertà è sacra e intangibile e garantisce la possibilità di amare così come l’Essere Unico ama, cioè in modo gratuito e incondizionato.
– La libertà è costitutiva dell’essere di ogni creatura, è la sua dignità, il suo valore imprescindibile per questo egli la preserva, la rispetta, la garantisce.
– E allora la grande domanda è: ‘Come può avvenire che tutte le creature libere, sovranamente libere, vadano tutte a lui e lo facciano, appunto, ‘liberamente’?
– Questo è il problema che deve risolvere l’Essere Unico! Un vero enigma! – Ma è anche il nostro problema, il problema di ciascuno di noi.
– Mi sembra un intricato rapporto tra la libertà di Dio e la nostra libertà.
– Ed effettivamente lo è. Ebbene, sai che ti dico? Io sono convinto che l’Essere Unico saprà escogitare innumerevoli strategie per offrire a tutti molte opportunità nel corso della loro vita…per convincerli che la ‘Comunione’ con lui è l’unica via per la realizzazione piena di sé.
– Però basta guardarsi intorno per constatare che molte persone muoiono senza aver realizzato questa ‘comunione’, anzi, ce ne sono tante che finiscono la loro vita trovandosi ancora nella ribellione, nel rifiuto e anche nell’avversione a Dio, chiunque egli sia!!
– Sì ed è purtroppo la maggioranza! Ecco perché l’Essere Unico elargisce generosamente e continuamente l’opportunità di più vite, tutte quelle che saranno necessarie perché ogni persona giunga ad un esito felice.
– In questa visione d’insieme l’ipotesi della Reincarnazione diventa sempre più comprensibile, opportuna, adeguata e direi… plausibile, ammissibile, ragionevole.
– Per carità, che carrellata di aggettivi! Bastava che ne dicessi uno, cioè ‘convincente’! Allora devo dedurre che non sei ancora del tutto convinto?
– In effetti ho usato tutti quegli aggettivi per aiutarmi nella convinzione di questa straordinaria concezione.
– Vedi, per questa via è possibile ‘sperare’ che ogni essere umano, in modo graduale quanto gli è necessario, si persuada della bontà dell’Essere, del meraviglioso dono dell’esistenza e trovi in sé, nel suo spirito la piena determinazione per aderire al meraviglioso progetto che l’Essere Unico ha formulato per tutti, senza riserve e preclusioni, per l’inalterabile e assoluta fedeltà a se stesso, al suo dinamismo, alla sua Legge che è appunto Amore per tutti. Ecco la salvezza universale, ecco la ‘Divinizzazione’.
– E la ‘Divinizzazione’ quindi è la via che tutte le creature sono chiamate a percorrere per giungere alla definitiva ‘Ricapitolazione in Cristo’, giusto?
– Sì, e il modo migliore per giungere alla ‘salvezza universale’ non può che essere la strategia delle ‘Reincarnazioni successive’.
– Devo dire che mi stai persuadendo. E’ un convincimento che sta maturando in me in modo graduale …
– Ne sono contento. Io ti ho fornito gli argomenti che hanno persuaso anche me.
– Quelli che mi hai presentato sono motivazioni solide e ben fondate, lo riconosco.
– Quindi, riepilogando, abbiamo eliminato ogni vaneggiamento di ‘Inferno Eterno’ e di ‘Estinzione totale’ e abbiamo salvato questa meravigliosa prospettiva della ‘Ricapitolazione in Cristo’ che comporta l’evoluzione progressiva di tutte le creature per giungere alla ‘Piena divinizzazione’.
– Prospettiva avvincente e anche emozionante!
– E ora, in conclusione, proprio per avvalorare ulteriormente la nostra scelta, vorrei esaminare ancor più attentamente quello che propina all’umanità il Magistero Cattolico. Ci stai?
– Credo che sia necessario per sbarazzarci definitivamente di tutti i dogmi e precetti che inquinano il nostro rapporto con Cristo in modo di gustare appieno il dispiegamento delle preziose verità che hai dischiuso davanti al mio intelletto e sono così ricche di speranza e di gioia!
29. Escatologia del Magistero Cattolico
– Nel 1979 la ‘Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede’ ha pubblicato una ‘Lettera su alcune questioni concernenti l’Escatologia’ approvata ovviamente dal Papa allora in carica, Giovanni Paolo II. Ritengo che analizzare questo documento e commentarlo ci offra la possibilità di verificare la dottrina del Magistero Cattolico in auge in tempi prossimi ai nostri. Vado?
– Riassumi o leggi?
– Un po’ l’uno e un po’ l’altro, a seconda. I Cardinali della ‘Sacra Congregazione’ vogliono ribadire “la necessità di una fedeltà perfetta alle verità fondamentali della fede, soprattutto al giorno d’oggi”. Per cui si mobilitano perché ritengono sia urgente “tutelare l’autenticità e l’integrità della fede”.
– Su qualche argomento particolare, suppongo?
– Eh sì. “Precisamente su uno di questi punti è sembrato opportuno ed urgente attirare l’attenzione di coloro ai quali Dio ha affidato la cura di promuovere e di difendere la fede, affinché siano prevenuti i pericoli che potrebbero compromettere questa stessa fede nelle anime dei fedeli. Si tratta di quell’articolo del Credo che riguarda la Vita eterna e dunque, in generale, le realtà che si avranno dopo la morte”.
– Ecco l’Escatologia, le ‘cose ultime’ che cosa avviene dopo la morte dell’individuo e quando finirà il mondo. E’ questo il punto?
– Sentili tu stesso: “Se non si dà risurrezione, tutto l’edificio della fede crolla, come afferma vigorosamente san Paolo (1 Cor 15). Se il cristiano non è più in grado di dare un contenuto sicuro all’espressione ‘Vita eterna’, le promesse del Vangelo, il senso della Creazione e della Redenzione svaniscono, e la stessa vita presente resta priva di ogni speranza” (cfr. Ebr 11, 1).
– Giusto, bisogna avere idee precise.
– I Cardinali sanno che nei cristiani serpeggiano dubbi e si pongono domande: “Esiste qualche cosa al di là della morte? Sussiste qualche cosa di noi stessi dopo questa morte? Non sarà il nulla che ci attende?”.
– Ah, il ‘nulla’ non come possibile scelta di ‘estinguersi’ ma come fregatura, cioè sorpresa: dopo la morte il ‘nulla’! Effettivamente ci sono quelli che la pensano così, l’abbiamo visto, ma è un’idea che non dovrebbe neppure sfiorare i credenti cattolici! Comunque sia, a fronte di queste perplessità, confusione, smarrimento… quali sono i rimedi prospettati?
– Ribadire la Dottrina della Chiesa, semplicemente: “Questa Sacra Congregazione, avendo la responsabilità di promuovere e di tutelare la dottrina della fede, intende qui richiamare l’insegnamento che la Chiesa propone a nome di Cristo, specialmente circa quel che avviene tra la morte del cristiano e la risurrezione universale”.
– La Chiesa, ovvero la Gerarchia ‘propone o impone’?
– Sono punti fermi, indiscutibili quindi da prendere così come sono enunciati e farli diventare propri.
– E quello che si dice ‘accettare supinamente’, o mi sbaglio?
– Questo è quanto pretende la Gerarchia ma noi invece li analizzeremo senza pietà. Poiché sono ‘proposti a Nome di Cristo’ non dovrebbero temere nessuna critica, non ti pare?
– Un conto è Cristo in persona, altra cosa è ciò che viene presentato a Nome di Cristo. Ormai ho acquisito questa verità! Ciò che insegna il Magistero della Chiesa Cattolica non coincide con la ‘Rivelazione di Cristo’, anzi spesso o lo tradisce addirittura.
– Proprio per questo vediamo se i Cardinali ci convincono come ci convince Cristo. Ed eccoci ai primi due punti: “La Chiesa crede ad una risurrezione dei morti. La Chiesa intende tale risurrezione come riferentesi all’uomo tutt’intero; per gli eletti questa non è altro che l’estensione agli uomini della risurrezione stessa di Cristo”.
– Resurrezione per gli eletti, ossia i salvati. Quindi ecco che qui si profila la distinzione tra ‘eletti’ e ‘non eletti’, cioè ‘dannati’.
– Ma non lo dicono per non usare toni forti che invece senza alcuna remora usavano una volta. Procediamo col terzo punto: “La Chiesa afferma la sopravvivenza e la sussistenza, dopo la morte, di un elemento spirituale, il quale è dotato di coscienza e di volontà, in modo tale che l’«io» umano sussista. Per designare un tale elemento, la Chiesa adopera la parola ‘anima’, consacrata dall’uso della S. Scrittura e della Tradizione. Senza ignorare che questo termine assume nella Bibbia diversi significati, essa ritiene tuttavia che non esista alcuna seria ragione per respingerlo e considera, inoltre, che è assolutamente indispensabile uno strumento verbale per sostenere la fede dei cristiani”.
– Un ‘elemento spirituale’ detto anche ‘io umano’ e infine ‘anima’… tutta questa terminologia mi crea una certa confusione.
– Ti capisco e, secondo me, contrariamente a quanto affermano ‘esiste una seria ragione per respingere la parola anima’ con cui designare ciò che loro stessi hanno definito poco prima ‘elemento spirituale dotato di coscienza e di volontà’.
– Puoi spiegarmi questa ‘ragione’?
– Certamente, anche se ne abbiamo già parlato. Non è vero che la ‘Scrittura’ usi il termine ‘anima’. La realtà più intima dell’essere umano la Scrittura la chiama ‘spirito’ in innumerevoli passi. E’ vero invece che la Tradizione usa la parola ‘anima’, ma ciò è dipeso dalla ‘ellenizzazione’, vale a dire la formulazione del contenuto dei Vangeli in base alla filosofia greca e soprattutto all’influsso di Aristotele.
– Quindi il Magistero difende la sua tradizione teologico-filosofica e vuole farci credere di essere in perfetta linea con la Scrittura.
– Eh sì! E senti come si difende col quarto punto: “La Chiesa esclude ogni forma di pensiero o di espressione, che renderebbe assurdi o inintelligibili la sua preghiera, i suoi riti funebri, il suo culto dei morti, realtà che costituiscono, nella loro sostanza, altrettanti luoghi teologici”.
– Quindi la parola ‘anima’ è difesa ad oltranza perché è inserita nelle preghiere, nei riti, nel culto dei morti.
– Ma dato che è ‘Tradizione’ e non ‘Scrittura’ l’ambiguità rimane. Il Magistero difende le sue scelte per quanto siano sbagliate e difformi dalla Rivelazione. Interessante, no? E non è l’unica corbelleria.
– Come potrebbe rimangiarsi un tale errore? Perderebbe la faccia!
– E passiamo al quinto punto: “La Chiesa, conformemente alla S. Scrittura, attende «la manifestazione gloriosa del Signore nostro Gesù Cristo» (Cost. dogm. Dei Verbum, I, 4), che essa considera, peraltro, come distinta e differita rispetto alla situazione che è propria degli uomini immediatamente dopo la morte”.
– Per ‘la manifestazione gloriosa del Signore nostro Gesù Cristo’ s’intende il ritorno finale di Cristo. Mentre ogni essere umano non sa se dopo la morte incontrerà Cristo oppure no. Ho capito bene?
– Soprattutto non vi è l’immediata glorificazione corporea, ossia la Resurrezione come è avvenuto per Cristo, e secondo la Dottrina Cattolica anche per Maria. Eccoci al punto sesto che lo spiega: “La Chiesa, nel suo insegnamento sulla sorte dell’uomo dopo la sua morte, esclude ogni spiegazione che toglierebbe il suo senso all’Assunzione di Maria in ciò ch’essa ha di unico, ossia il fatto che la glorificazione corporea della Vergine è l’anticipazione della glorificazione riservata a tutti gli altri eletti”.
– Tornano gli ‘eletti’. E gli altri?
– Ce ne parla al punto successivo, il settimo: “La Chiesa, in fedele adesione al Nuovo Testamento ed alla Tradizione, crede alla felicità dei giusti, i quali saranno un giorno con Cristo”.
– Ribadisce il destino dei ‘giusti’. E quelli che non sono ‘giusti’?
– Infatti, lasciami concludere il periodo: “Essa crede che una pena attende per sempre il peccatore, il quale sarà privato della visione di Dio, come crede alla ripercussione di tale pena in tutto il suo essere”. Eccoti accontentato!
– Accontentato perché finalmente ne parla ma non per quello che dice. ‘Pena per sempre’ vuol dire ‘pena eterna’ che avrà una ‘ripercussione in tutto il suo essere’. Quindi anche nel suo corpo? Ma se non esiste più! Lo lasciamo qui, no?
– Ma poi ritorna. Quando avverrà la ‘glorificazione finale di tutti gli eletti’, la ‘glorificazione corporea’ quindi la ‘Resurrezione della carne’, anche i peccatori avranno un corpo affinché la ‘pena’ a cui sono condannai possa ‘ripercuotersi in tutto il loro essere’. Carino no? Corpo agli eletti e corpo ai peccatori per non fare ingiustizie.
– Ci siamo già incontrati, e anche scontrati, con questa ‘dannata concezione’, che ogni volta mi fa fremere d’indignazione. Quale mentalità crudele e criminale ha concepito tutto questo?
– La Chiesa! Hai sentito il ritornello, no? La Chiesa crede, la Chiesa afferma, la Chiesa attende, la Chiesa esclude… Il termine ‘Chiesa’ in bocca alla ‘Sacra Congregazione’ significa ‘Magistero della Chiesa Cattolica’ ovvero ‘Gerarchia: Papa e Vescovi’.
– Quindi questa mentalità crudele e criminale è propria della ‘Gerarchia’?
– Che l’ha elaborata ‘in fedele adesione al Nuovo Testamento ed alla Tradizione’.
– Mi sembra davvero incredibile che il Nuovo Testamento confermi una simile concezione! Non solo la ‘pena per sempre’ ma anche la ‘ripercussione sul corpo’.
– Eh sì, se ben ricordi li abbiamo presi in considerazione. Naturalmente sono passi interpretati letteralmente, senza alcuna mediazione critica.
– Quant’è importante leggere e capire la Sacra Scrittura cogliendone il senso profondo al di là delle espressioni verbali!
– Infatti, si eviterebbe di far dire a Cristo quello che non ha detto o non ha inteso dire. Nella Sinagoga di Cafarnao, dopo aver rivelato il grande mistero dell’offerta di sé, ossia del ‘dono della sua carne e del suo sangue’, di fronte alla reazione scandalizzata, non solo della gente, ma anche dei suoi discepoli disse: “È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che vi ho dette sono spirito e vita” (Gv 6. 63).
– Mi viene in mente una frase di Paolo che riecheggia quella di Cristo: “La lettera uccide ma lo Spirito dà vita” (2Cor 3,6). Interpretare la Scrittura non secondo la lettera ma secondo lo Spirito, allora è ‘Scrittura viva’ e non ‘lettera morta’!
– Prendiamo atto che il Magistero ha interesse a interpretare certi passi in senso letterale quando confermano le sue tesi sull’Aldilà.
– Non si cerca la ‘Verità’ ma si cercano conferme alla ‘propria verità’. E’ così?
– Che però è spacciata per ‘Verità di Cisto’! Ed eccoci alla successiva precisazione: “Essa crede, infine, per quanto concerne gli eletti, ad una loro eventuale purificazione che è preliminare alla visione di Dio ed è, tuttavia, del tutto diversa dalla pena dei dannati. È quanto la Chiesa intende quando parla di Inferno e di Purgatorio”.
– E qui stabiliscono sia l’esistenza che la differenza tra Inferno e Purgatorio.
– I nostri Vescovi-Cardinali vogliono sbarazzare il campo da tutte quelle descrizioni truculente sia del Purgatorio che dell’Inferno ed ecco come si esprimono: “In ciò che concerne le condizioni dell’uomo dopo la morte, c’è da temere particolarmente il pericolo di rappresentazioni fantasiose ed arbitrarie, perché i loro eccessi entrano, in gran parte, nelle difficoltà che spesso incontra la fede cristiana”.
– Quindi un invito a smorzare i toni, soprattutto per i Predicatori.
– Smorzarli ma non ridicolizzare quelle rappresentazioni terrificanti, bensì ‘coglierne il senso profondo’.
– Se ce lo dovessero avere.
– E per loro ce l’hanno. Ascolta la loro sollecitazione: “Tuttavia, le immagini usate nella S. Scrittura meritano rispetto. È necessario coglierne il senso profondo, evitando il rischio di attenuarle eccessivamente, il che equivale spesso a svuotare del loro contenuto le realtà che esse designano”. Smorzare ma non attenuare per non svuotare… consigli che sembrano ispirati a prudenza e saggezza.
– Come si confà a Cardinali della Sacra Congregazione. Ma l’impressione che ne ricavo e che vogliano attutire certe descrizioni truculente dell’Inferno, e anche del Purgatorio, avallate e insegnate senza tanti scrupoli, ma senza arrivare ad ammettere che erano concezioni sbagliate.
– Infatti si difendono così: “Né le Scritture né la teologia ci offrono lumi sufficienti per una rappresentazione dell’aldilà”.
– Fino a non molto tempo fa l’Aldilà veniva rappresentato con estrema dovizia di particolari, soprattutto per quanto riguardava l’Inferno! Fiamme altissime, diavoli rossi e neri con forconi per infilzare i dannati, grida e pianti, dolori lancinanti, odore di zolfo e imprecazioni e bestemmie… I predicatori erano esperti nel terrorizzare !
– Ma ora è cambiata la musica. La Dottrina è sempre quella ma il modo di presentarla si adatta alla sensibilità odierna. E ci offrono la sintesi del discorso: “Il cristiano deve tener fermi saldamente due punti essenziali: egli deve credere, da una parte, alla continuità fondamentale che esiste, per virtù dello Spirito Santo, tra la vita presente nel Cristo e la vita futura…ma, d’altra parte, il cristiano deve discernere la rottura radicale tra il presente ed il futuro in base al fatto che, al regime della fede, si sostituisce quello della piena luce: noi saremo col Cristo e «vedremo Dio» (1 Gv 3, 2), promessa e mistero inauditi in cui consiste essenzialmente la nostra speranza”.
– Se le parole hanno un senso i nostri Eminenti Cardinali hanno confezionato una puerile contraddizione, diciamo pure una vera sciocchezza. Come si può affermare la ‘continuità fondamentale’ tra la vita presente nel Cristo e la vita futura e, al tempo stesso,la ‘rottura radicale’ tra il presente ed il futuro che sarà sempre nel Cristo? Il motivo sarebbe che alla ‘fede’ si sostituisce la ‘visione’? E questa la rottura?
– Dato che ci sono Teologi che mettono in discussione queste concezioni tradizionali della Chiesa Cattolica, che aprono piste nuove di ricerca, che non accettano più certe formulazioni dogmatiche e scrivono libri e li diffondono, ecco che la Gerarchia, che ha abolito l’Indice dei Libri Proibiti si preoccupa delle idee che circolano. Ed ecco la loro proposta: “Una vigilanza costante e coraggiosa deve esercitarsi, mediante una Commissione dottrinale diocesana o nazionale, circa la produzione letteraria, non soltanto per mettere in guardia tempestivamente i fedeli contro le opere poco sicure, ma soprattutto per far loro conoscere quelle che sono adatte ad alimentare ed a sostenere la loro fede”.
– ‘Mettere in guardia’ significa impedire che leggano, si informino, per giudicare da loro stessi quello che è ‘sicuro, poco sicuro o non sicuro’?
– I cattolici sono sempre sotto tutela. Per questo esiste la Gerarchia, con la sua ‘Congregazione per la Dottrina della fede’, per questo c’è il Papa che ha approvato questa lettera il 17 maggio 1979.
– Letto, approvato, sottoscritto… m’inchino a sua Maestà.
– Tu scherzi, ma quando parla il Papa i cattolici sono tenuti ‘al pieno ossequio dell’intelletto e della volontà’.
– Senza riserve, obiezioni, perplessità, critiche?
– ‘Pieno ossequio’… Ora inchinati nuovamente.
– Aspetta che ci ripenso…
30. La Retribuzione finale
– Dopo il Concilio Vaticano II, chiuso nel 1965, il Magistero Cattolico nel 1992 ha formulato un Nuovo Catechismo. Ora ne esamineremo l’articolo undicesimo, che va dal numero 988 al 1032. Già abbiamo passato in rassegna, all’inizio della nostra conversazione, i numeri dal 1033 al 1937. Ma ora è bene fare un esame più completo e approfondito della ‘Dottrina dei Novissimi’ per ‘verificarne’ la validità, soprattutto in rapporto alle conclusioni a cui siamo pervenuti grazie al nostro esame critico rigoroso. Sei d’accordo?
– Dato che si tratta di ‘verificare’ mi trovi pienamente d’accordo. Ma mi sembra di ripercorrere un sentiero già battuto. A noi si confà di più l’azzardo dei pionieri, no?
– Sì, è vero. Ma vedrai che faremo scoperte interessanti e avrai modo di esercitare ancora il tuo spirito critico.
– Sei sempre bravo a trovare il modo di stimolarmi.
– Allora? Si va?
– Ok, procediamo.
– I ‘Novissimi’ sono le ‘ultime cose’ che ci attenderebbero dopo la morte. Siamo sempre nel campo dell’Escatologia.
– Fami capire, abbiamo appena finito di esaminare il documento della ‘Sacra Congregazione’ del 1979 e ora ci mettiamo ad analizzare il Catechismo del 1992. In pochi anni non sarà cambiato nulla, visto che la Dottrina Cattolica è ferma da secoli, anzi da Millenni.
– Vedrai che troveremo aspetti importanti, dettagli, precisazioni che ci faranno cogliere le strategie del Magistero che, come al solito, impone decisamente la Dottrina Tradizionale, granitica e intangibile, ma con finezze ‘didattiche’ che vale la pena di smascherare.
– I cattolici, tutti quanti, dovrebbero passare dal ruolo di scolaretti zelanti a quello di ispettori dei loro docenti… allora sì che aprirebbero gli occhi non solo sulle ‘finezze didattiche’ ma anche sugli insegnamenti impartiti.
– Li aiuterai tu, a suo tempo. Or dunque eccoci all’esposizione della dottrina riguardante la ‘Resurrezione della carne’, affermazione finale del Credo che ogni domenica i bravi cattolici recitano nella Messa. Ma forse lo fanno automaticamente, senza pensare a quello che dicono.
– Ma sì, è la sorte che capita a tutte le formulette recitate a comando. L’ho fatto anch’io più volte.
– Leggo: “Il Credo cristiano – professione della nostra fede in Dio Padre, Figlio e Spirito Santo, e nella sua azione creatrice, salvifica e santificante – culmina nella proclamazione della risurrezione dei morti alla fine dei tempi, e nella vita eterna” (988).
– Culmina? Era sufficiente dire ‘finisce’ o ‘si conclude’. Perché culmina?
– Perché la ‘Resurrezione dei morti’ e la ‘Vita eterna’ sono il coronamento di tutto l’iter del credente, no?
– Va beh. Se però contempliamo anche la sorte dei ‘dannati all’Inferno’ il verbo ‘culmina’ è poco adatto, non credi? Per loro varrebbe di più ‘sprofonda’.
– Simpatica osservazione. Ora parla della Resurrezione di Cristo e dei credenti: “Noi fermamente crediamo e fermamente speriamo che, come Cristo è veramente risorto dai morti e vive per sempre, così pure i giusti, dopo la loro morte, vivranno per sempre con Cristo risorto, e che egli li risusciterà nell’ultimo giorno. Come la sua, anche la nostra risurrezione sarà opera della Santissima Trinità: ‘Se lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti data la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi’ (Rm 8,11)” (989).
– E’ una bella speranza fondata sulla Rivelazione: ‘I giusti Cristo li risusciterà nell’ultimo giorno’. Quindi per ‘Resurrezione della carne’ bisognerà attendere la fine del mondo.
– Eh sì. E ora una precisazione: “Il termine ‘carne’ designa l’uomo nella sua condizione di debolezza e di mortalità. La ‘risurrezione della carne’ significa che, dopo la morte, non ci sarà soltanto la vita dell’anima immortale, ma che anche i nostri ‘corpi mortali’ (Rm 8, 11) riprenderanno vita” (990).
– Che significa ‘I nostri ‘corpi mortali’ riprenderanno vita’? Gesù Risorto non è ‘tornato in vita’ ma è entrato col suo corpo in una ‘Nuova Vita’, infatti poteva compiere azioni come apparire e sparire pur essendo reale.
– Eh sì, qui per il momento tutto rimane vago, impreciso. Hai ragione. Ma passiamo oltre perché arrivano spiegazioni più precise: “Fin dagli inizi, la fede cristiana nella risurrezione ha incontrato incomprensioni ed opposizioni. «In nessun altro argomento la fede cristiana incontra tanta opposizione come a proposito della risurrezione della carne». Si accetta abbastanza facilmente che, dopo la morte, la vita della persona umana continui in un modo spirituale. Ma come credere che questo corpo, la cui mortalità è tanto evidente, possa risorgere per la vita eterna?” (996)
– Eh sì, un conto andare in Paradiso con l’anima o lo spirito, che dir si voglia, altra cosa è credere alla ‘Resurrezione del corpo fatto di carne’. Io ho sempre avuto dei problemi in merito, anche perché c’è chi sostiene che tornerà in vita il nostro corpo attuale. Ma come è possibile? Dopo il disfacimento degli elementi che lo costituiscono!
– Veramente Paolo scriveva ai Corinti: “Ma qualcuno dirà: ‘Come risuscitano i morti? Con quale corpo verranno?’. Stolto! Ciò che tu semini non prende vita, se prima non muore; e quello che semini non è il corpo che nascerà, ma un semplice chicco, di grano per esempio o di altro genere. E Dio gli dà un corpo come ha stabilito, e a ciascun seme il proprio corpo” (1Cor 15,35-38). Come vedi Paolo dà dello ‘stolto’, che vuol dire ‘sciocco’, a chi pensa quello che hai ricordato tu.
– Eppure, ho sentito anche dei Predicatori asserire tranquillamente quella tesi, anzi quella baggianata,
– Sciocchi, appunto. Ora sentiamo che ci dice la fonte autorevole del Catechismo: “Che cosa significa «risuscitare»? Con la morte, separazione dell’anima e del corpo, il corpo dell’uomo cade nella corruzione, mentre la nostra anima va incontro a Dio, pur restando in attesa di essere riunita al suo corpo glorificato. Dio nella sua onnipotenza restituirà definitivamente la vita incorruttibile ai nostri corpi riunendoli alle nostre anime, in forza della Risurrezione di Gesù” (997).
– Qui avallano quella ‘sciocca tesi’!Si appellano all’onnipotenza di Dio per farci credere che compirà lo strepitoso miracolo di ‘restituire la vita incorruttibile ai nostri corpi mortali’. Dicono proprio ‘ai nostri corpi’! I nostri corpi dissolti, consumati, le nostre ossa sgretolate… Dovrebbero rileggersi san Paolo, non credi, prima di affermare questa scempiaggini?
– Siamo davanti ad uno degli innumerevoli casi in cui la Tradizione prevale sulla Scrittura. E ora viene un aspetto cruciale con implicazioni veramente tragiche, ascolta: “Chi risusciterà? Tutti gli uomini che sono morti: «quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna» (Gv 5, 29)” (998).
– Di questa terribile crudeltà abbiamo già dovuto prenderne atto. Coloro che finiranno all’Inferno alla fine dei conti riceveranno anch’essi la ‘risurrezione della carne’ ma per la loro ‘condanna’. Mio Dio! Per tutta l’eternità soffrire pene indicibili sia nell’anima che nel corpo! Ritorna senza alcuna modifica o attenuazione il pensiero criminale espresso dalla ‘Sacra Congregazione’, quindi è proprio un punto fermo della ‘Dottrina Cattolica’. Una convinzione irrinunciabile! Anche se è impossibile che si tratti del ‘proprio corpo’ sarà un corpo simile in grado di soffrire.
– Non è detto esplicitamente ma si tratta proprio di questo. E ora viene affrontato il ‘come’: “Cristo è risorto con il suo proprio corpo: ‘Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io!’ (Lc 24, 39); ma egli non è . ritornato ad una vita terrena. Allo stesso modo, in lui, ‘tutti risorgeranno coi corpi di cui ora sono rivestiti’, ma questo corpo sarà trasfigurato in corpo , in ‘corpo spirituale’ (1 Cor 15, 44)”( 999). E poi segue la citazione che ho fatto prima di Paolo che però è in contraddizione con ciò che è stato appena detto ‘tutti risorgeranno coi corpi di cui ora sono rivestiti’.
– Certo che dicendo ‘Cristo è risorto con il suo proprio corpo’ inducono a pensare che anche coloro che ‘risorgono’ avranno il loro stesso corpo, il che è da ‘stolti’, stando a san Paolo.
– Si rendono conto della difficoltà ed ecco come tentano di risolverla: “Il ‘come’ supera le possibilità della nostra immaginazione e del nostro intelletto; è accessibile solo nella fede. Ma la nostra partecipazione all’Eucaristia ci fa già pregustare la trasfigurazione del nostro corpo per opera di Cristo. Come il pane che è frutto della terra, dopo che è stata invocata su di esso la benedizione divina, non è più pane comune, ma Eucaristia, composta di due realtà, una terrena, l’altra celeste, così i nostri corpi che ricevono l’Eucaristia non sono più corruttibili, dal momento che portano in sé il germe della risurrezione” (1000).
– Ma non è vero che i corpi di coloro che ricevono l’Eucaristia non sono più corruttibili! I cristiani muoiono e i loro corpi si corrompono. Più la spiegano e più la intorbidano!
– E allora eccoci al ‘quando’: “Definitivamente ‘nell’ultimo giorno’ (Gv 6, 39-40.44.54; 11, 24); ‘alla fine del mondo’. Infatti, la risurrezione dei morti è intimamente associata alla Parusia di Cristo: ‘Perché il Signore stesso, a un ordine, alla voce dell’arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo. E prima risorgeranno i morti in Cristo (1 Ts 4, 16)” (1001).
– La ‘Parusia di Cristo’, il suo ritorno. Sembra che Paolo fosse convinto della sua imminenza e addirittura dovesse avvenire quando lui era ancora in vita. Sono passati duemila anni. Alla fine dell’Apocalisse Gesù dice: “Colui che attesta queste cose, cioè Gesù, dice: ‘Sì, verrò presto!’. Amen. Vieni, Signore Gesù” (Ap 22,20). Questo ci conferma di stare molto attenti ad interpretare la Scrittura nel suo senso letterale, vero?
– Sì, vero. Ma il Magistero lo fa tranquillamente in ossequio alla sua Tradizione millenaria. Per consolarci nell’attesa ci viene offerta questa brillante soluzione: “Se è vero che Cristo ci risusciterà «nell’ultimo giorno», è anche vero che, per un certo aspetto, siamo già risuscitati con Cristo. Infatti, grazie allo Spirito Santo, la vita cristiana, fin d’ora su questa terra, è una partecipazione alla morte e alla Risurrezione di Cristo: ‘Con lui infatti siete stati sepolti insieme nel Battesimo, in lui anche siete stati insieme risuscitati per la fede nella potenza di Dio che lo ha risuscitato dai morti… Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove sì trova Cristo assiso alla destra di Dio (Col 2, 12; 3, 1) (1002).
– Risorti nello spirito. Sì, questa è una resurrezione in cui credo.
– Continua: “Per risuscitare con Cristo, bisogna morire con Cristo, bisogna ‘andare in esilio dal corpo e abitare presso il Signore’ (2 Cor 5, 8). In questo ‘essere sciolto’ (Fil 1, 23) che è la morte, l’anima viene separata dal corpo. Essa sarà riunita al suo corpo il giorno della risurrezione dei morti” (1005).
– Ed eccoci nuovamente nell’ambiguità: ‘L’anima sarà riunita al suo corpo il giorno delle risurrezione’. Perché non parlano di una ricomposizione di anima e corpo senza quell’ambiguo ‘suo’?
– Te l’ho detto: ossequio alla Tradizione. E ora ci spiegano perché si muore, stai attento: “In faccia alla morte l’enigma della condizione umana diventa sommo. Per un verso la morte corporale è naturale, ma per la fede essa in realtà è «salario del peccato» (Rm 6, 23). E per coloro che muoiono nella grazia di Cristo, è una partecipazione alla morte del Signore, per poter partecipare anche alla sua Risurrezione” (1006).
– Enigma, eh? Insomma, la morte fisica è ‘naturale’ oppure è il ‘salario del peccato’? C’è il riferimento alla ‘Dottrina del Peccato Originale’ o mi sbaglio?
– Sì, proprio quella. Ma questa ‘Dottrina’ è di una tale gravità che dovremo affrontarla in un successivo incontro esaminandola con cura. Anche in questo caso devi pazientare.
– Siamo alla nostra prima conversazione e già intravedo molti percorsi da esplorare. Mentre mi esercito alla pazienza pregusto gli scenari sorprendenti che saprai aprire alla mia sete di conoscenza.
– Spero di non deluderti. Ho molte scoperte da condividere.
– Dato che il buongiorno si vede dal mattino… il mattino è radioso e quindi promettente. Andiamo avanti!
– Riprendo il discorso: “La morte è il termine della vita terrena. Le nostre vite sono misurate dal tempo, nel corso del quale noi cambiamo, invecchiamo e, come per tutti gli esseri viventi della terra, la morte appare come la fine normale della vita. Questo aspetto della morte comporta un’urgenza per le nostre vite: infatti il far memoria della nostra mortalità serve anche a ricordarci che abbiamo soltanto un tempo limitato per realizzare la nostra esistenza” (1007).
– Ah, quindi glissano anche loro. Non trattano più la morte come ‘salario del peccato’?
– Al contrario, non si fanno scappare l’occasione per ribadire proprio questo. E’ una convinzione ormai inveterata. Ascolta il Magistero, e poi ne riparleremo: “La morte è conseguenza del peccato. Interprete autentico delle affermazioni della Sacra Scrittura della Tradizione, il Magistero della Chiesa insegna che la morte è entrata nel mondo a causa del peccato dell’uomo Sebbene l’uomo possedesse una natura mortale, Dio lo destinava a non morire. La morte fu dunque contraria ai disegni di Dio Creatore ed essa entrò nel mondo come conseguenza del peccato. ‘La morte corporale, dalla quale l’uomo sarebbe stato esentato se non avesse peccato’ è pertanto ‘l’ultimo nemico’ dell’uomo a dover essere vinto” (1008).
– Mi lasci solo notare quanto è contradditoria l’espressione ‘Sebbene l’uomo possedesse una natura mortale, Dio lo destinava a non morire’? Quindi gli esseri umani sarebbero ‘naturalmente morti’ e il ‘non morire’ sarebbe dipeso da un intervento di Dio?
– Lasciamo perdere, per ora. Ti ho detto che ci ritorneremo. Intanto ci vengono fornite altre precisazioni sulla cosiddetta ‘morte cristiana’: “La morte è la fine del pellegrinaggio terreno dell’uomo, è la fine del tempo della grazia e della misericordia che Dio gli offre per realizzare la sua vita terrena secondo il disegno divino e per decidere il suo destino ultimo. Quando è “finito l’unico corso della nostra vita terrena”, (Lumen gentium, 48) noi non ritorneremo più a vivere altre vite terrene. “È stabilito per gli uomini che muoiano una sola volta” (Eb 9,27). Non c’è ‘reincarnazione’ dopo la morte” (1013).
– Un’unica affermazione della Scrittura non è risolutiva, lo abbiamo già precisato e ora lo possiamo ribadire al cospetto di questa affermazione tracotante del Magistero: ‘Non c’è reincarnazione dopo la morte’.
– Infatti, quando ti illustrerò i Criteri Interpretativi della Scrittura quello che hai appena detto risulterà confermato. Comunque la negazione della ‘reincarnazione’ è drastica da parte del Magistero pur fondandosi solo questo versetto della Lettera agli Ebrei. Ma ora entriamo nel vivo di ciò che accade subito dopo la morte, ovvero il ‘giudizio particolare’. Qui occorre prestare una grande attenzione: “La morte pone fine alla vita dell’uomo come tempo aperto all’accoglienza o al rifiuto della grazia divina apparsa in Cristo (2Tm 1,9-10). Il Nuovo Testamento parla del giudizio principalmente nella prospettiva dell’incontro finale con Cristo alla sua seconda venuta, ma afferma anche, a più riprese, l’immediata retribuzione che, dopo la morte, sarà data a ciascuno in rapporto alle sue opere e alla sua fede” (1021).
– Chiaro? Immediata retribuzione. Ma sarà possibile avere una conversazione con Cristo, che so… un saluto, una conoscenza?
– Non scherzare su queste cose. Guarda che il ‘giudizio particolare’ sarà estremamente severo e direi anche puntiglioso. Tutta la tua vita sarà passata in rassegna per stabilire che cosa meriti in rapporto alle tue opere e alla tua fede.
– Fede e opere…
– Stai attento alle uniche tre possibilità che si parano davanti ad ogni mortale: “Ogni uomo fin dal momento della sua morte riceve nella sua anima immortale la retribuzione eterna, in un giudizio particolare che mette la sua vita in rapporto a Cristo, per cui o passerà attraverso una purificazione, o entrerà immediatamente nella beatitudine del cielo, oppure si dannerà immediatamente per sempre” (1022). Ecco che arriva la concezione dell’Inferno Eterno e immediato dopo la morte per chi se lo merita. ‘Retribuzione eterna’, e nessuno sfugge! Ti risparmio le innumerevoli citazioni dei Concili o di pronunciamenti papali che convaliderebbero tutto questo.
– E te ne ringrazio… Ma all’Inferno Eterno, lo sai, non ci credo più!
– Una grande conquista… vero?
– La fine di un incubo e te ne ringrazio.
– E siamo solo all’inizio delle nostre conversazioni. Forse, oso pensare, che si dissolveranno altri incubi, altri condizionamenti, altre martellanti imposizioni che nella tua educazione cattolica hai ricevuto. E tu vieni da una famiglia aperta, di ampie vedute… Conosco tuo padre e anche tua madre. Due persone mature, critiche, con una fede non devozionale…
– Con mio padre hai condiviso parecchie tue posizioni ma lui ha preferito che io venissi da te, ti frequentassi e apprendessi il tuo metodo d’indagine. Comunque il più deleterio è stato l’influsso di mia nonna buonanima, una donna all’antica che mi voleva un gran bene ma mi ha trasmesso le sue paure!
– E ora vengono precisate le tre ‘condizioni’ che ci aspetterebbero dopo la morte fisica. Io estraggo solo ciò che merita più attenzione. Partiamo da chi va in ‘Cielo’, questa espressione metaforica ambigua assai: “Coloro che muoiono nella grazia e nell’amicizia di Dio e che sono perfettamente purificati, vivono per sempre con Cristo. Sono per sempre simili a Dio, perché lo vedono ‘così come egli è’ (1Gv 3,2), faccia a faccia (1Cor 13,12; Ap 22,4)” (1023).
– Pace all’anima loro.
– Ma ora abbiamo una importante deliberazione del Papa Benedetto XII, estratta dalla sua Costituzione Apostolica ‘Benedictus Deus’: “Con la nostra apostolica autorità definiamo che, per disposizione generale di Dio, le anime di tutti i santi morti prima della passione di Cristo e quelle di tutti i fedeli morti dopo aver ricevuto il santo Battesimo di Cristo, nelle quali al momento della morte non c’era o non ci sarà nulla da purificare, oppure, se in esse ci sarà stato o ci sarà qualcosa da purificare, quando, dopo la morte, si saranno purificate, anche prima della risurrezione dei loro corpi e del giudizio universale… sono e saranno in cielo, associate al Regno dei cieli e al Paradiso celeste con Cristo, insieme con i santi angeli” (Benedetto XII, Cost. ‘Benedictus Deus’, Denz-Schönm, 1000) (1023).
– Le anime purificate vanno in ‘Cielo’ anche prima della Resurrezione finale, bene. Questo l’ho capito.
– Vene anche ribadito: “Questa vita perfetta, questa comunione di vita e di amore con la Santissima Trinità, con la Vergine Maria, gli angeli e tutti i beati è chiamata ‘il cielo’. Il cielo è il fine ultimo dell’uomo e la realizzazione delle sue aspirazioni più profonde, lo stato di felicità suprema e definitiva” (1024).
– Però non è definitiva finché non c’è anche la Resurrezione dei corpi.
– Sì, è vero. Ma intanto se la spassano: “Vivere in cielo è ‘essere con Cristo’ (Gv 14,3; Fil 1,23). Gli eletti vivono ‘in lui’, ma conservando, anzi, trovando la loro vera identità, il loro proprio nome (Ap 2,17)” (1025).
– Ma lo vedono o non lo vedono? Comunicano o non comunicano con lui?
– Ecco la risposta: “A motivo della sua trascendenza, Dio non può essere visto quale è se non quando egli stesso apre il suo Mistero alla contemplazione immediata dell’uomo e gliene dona la capacità. Questa contemplazione di Dio nella sua gloria celeste è chiamata dalla Chiesa la “la visione beatifica” (1028).
31. Purgatorio e suffragi
– Bene. Questi sono sistemati. E quelli che hanno bisogno di purificazione, cioè che non sono pronti alla ‘visione beatifica’?
– A domanda… risposta:“Coloro che muoiono nella grazia e nell’amicizia di Dio, ma sono imperfettamente purificati, sebbene siano certi della loro salvezza eterna, vengono però sottoposti, dopo la loro morte, ad una purificazione, al fine di ottenere la santità necessaria per entrare nella gioia del cielo” (1030).
– Che brutta espressione quel ‘vengono sottoposti’… Non ne avevano una migliore? Questa ‘purificazione’ ha tutte le caratteristiche di una ‘punizione’, o mi sbaglio?
– La purga è purga, caro mio! Comunque cercano di stabilire una differenza tra ‘eletti da purificare’ e ‘dannati da castigare’. Eccola: “La Chiesa chiama Purgatorio questa purificazione finale degli eletti, che è tutt’altra cosa dal castigo dei dannati” (1031).
– Sai dirmi da dove il Magistero ha ricavato la ‘Dottrina del Purgatorio’?
– A domanda ‘acuta’ risposta ‘ottusa’, perché nella Scrittura non se ne parla in modo esplicito: “La Chiesa ha formulato la dottrina della fede relativa al Purgatorio soprattutto nei Concilii di Firenze e di Trento”.
– Va beh, in questi Concili avranno trovato qualche giustificazione scritturale per arrivare ad elaborare questo Purgatorio!
– C’è il riferimento a ‘certi passi’ della Scrittura, passi che però sono ‘incerti’.
– Divertente!
– Ce la raccontano così: “La Tradizione della Chiesa, rifacendosi a certi passi della Scrittura, parla di un fuoco purificatore. Per quanto riguarda alcune colpe leggere, si deve credere che c’è, prima del Giudizio, un fuoco purificatore” (1031).
– E quali sarebbero questi ‘passi’ della Scrittura?
– Ad esempio questo di Paolo: “Nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo. E se, sopra questo fondamento, si costruisce con oro, argento, pietre preziose, legno, fieno, paglia, l’opera di ciascuno sarà ben visibile: la farà conoscere quel giorno che si manifesterà col fuoco, e il fuoco proverà la qualità dell’opera di ciascuno. Se l’opera che uno costruì sul fondamento resisterà, costui ne riceverà una ricompensa; ma se l’opera finirà bruciata, sarà punito: tuttavia egli si salverà, però come attraverso il fuoco” (1Cor 3,11-15).
– Ma è una semplice metafora!
– Per te ignorantone che non capisci niente, ma per il Magistero della Chiesa Cattolica è la prova provata del Purgatorio.
– E gli altri passi?
– Anche Pietro si è pronunciato e, in quanto primo Papa, è considerato autorevole. Scriveva così ai suoi contemporanei: “Voi siete ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere un po’ afflitti da varie prove, perché il valore della vostra fede, molto più preziosa dell’oro, che, pur destinato a perire, tuttavia si prova col fuoco, torni a vostra lode, gloria e onore nella manifestazione di Gesù Cristo: voi lo amate, pur senza averlo visto; e ora senza vederlo credete in lui. Perciò esultate di gioia indicibile e gloriosa, mentre conseguite la mèta della vostra fede, cioè la salvezza delle anime” (1Pt 1,6-9).
– Ma Pietro, con la sua metafora, si riferiva alle ‘prove’ sostenute dai cristiani che erano in vita, non a cristiani defunti!
– Io la penso come te. E infatti non è altro che un ‘arrampicarsi sugli specchi’. Comunque, aspetta, c’è un altro passaggio molto importante tratto però dal Vecchio Testamento: “Questo insegnamento poggia anche sulla pratica della preghiera per i defunti di cui la Sacra Scrittura già parla: “Giuda Maccabeo fece offrire il sacrificio espiatorio per i morti, perché fossero assolti dal peccato” (2Mac 12,45)” (1032).
– ‘Sacrifico espiatorio’ non vuol dire ‘purificazione per andare in cielo’.
– E’ vero, ma la Chiesa s è servita di questo rito di Giuda Maccabeo per giustificare i ‘suffragi per i morti, nell’ipotesi che siano in purgatorio’.
– Si tratta di una ulteriore stiracchiatura, non credi anche tu?
– Di più, di un imbroglio grazie a cui la Chiesa Cattolica si è arricchita. Ecco come ce la spiegano: “Fin dai primi tempi, la Chiesa ha onorato la memoria dei defunti e ha offerto per loro suffragi, in particolare il sacrificio eucaristico, ( Concilio di Lione II) affinché, purificati, possano giungere alla visione beatifica di Dio. La Chiesa raccomanda anche le elemosine, le indulgenze e le opere di penitenza a favore dei defunti” (1032).
– Il ‘Sacrificio Eucaristico’ trasformato in ‘suffragio per i defunti’ diventa una ‘macchinetta per far soldi’! Non è così?
– Devi sapere che elaborando la ‘Dottrina del Purgatorio’ il Magistero ha stabilito, del tutto arbitrariamente, che le povere anime nello stato in cui si trovano, non possono più meritare alcunché, per cui dipendono necessariamente e totalmente per la loro ascesa al Cielo dal ‘fuoco purificatore’ e dalle ‘intercessioni dei viventi con i loro suffragi’. E quale suffragio più potente di una Messa? E chi, avendo un proprio caro avvolto da quelle terribili fiamme, non è pronto ad alleviare le sue pene con una Messa? A qualunque prezzo, non credi? Si può essere avari davanti al dolore di chi amiamo?
– Mi spieghi perché le ‘anime purganti’ non possono più acquisire meriti? Non hanno più la libertà?
– Ricordi quello che è stato sancito dal Magistero: ‘La morte è la fine del tempo della grazia’. Per cui quello che è fatto è fatto. Quello che hai meritato hai meritato. Non sei più libero!
– E così chi è nel Purgatorio per accelerare la sua liberazione dipende dal buon cuore e dal portafoglio dei vivi! Ho capito l’antifona. La ‘Dottrina del Purgatorio’ così come è stata concepita, senza alcun vero sostegno biblico, ha consentito quindi piena libertà d’invenzione, è un ottimo marchingegno speculativo per far soldi sfruttando senza ritegno alcuno i legami affettivi dei cattolici verso i loro defunti. Che vergogna! Che meschino commercio!
– Denunciato a suo tempo da Martin Lutero ma con la Controriforma del Concilio di Trento nulla è cambiato, anzi la ‘Dottrina del Purgatorio’ è stata ulteriormente perfezionata e gli affari hanno potuto prosperare.
– Le Messe che esprimono la gratuità dell’amore di Cristo trasformate in suffragio per i defunti diventano operazioni simoniache mascherate. E’ richiesta un’offerta che però è fissata, per cui altro non è che una ‘tariffa’. Io ho accompagnato più volte mia nonna in sacrestia quando andava a ‘ordinare una Messa’ per sua madre o suo padre, l’anniversario della loro morte. E ricordo la sua domanda: ‘Quanto devo?’. La risposta era: ‘Diecimila lire, cara Signora’. E lei aggiungeva con una certa ansia: ‘Me lo nomini il mio caro Papà. Arnoldo, eh, si ricordi!’.
– Per ogni Messa non si poteva inizialmente applicare più di una ‘intenzione’ ossia il suffragio di un defunto. Ma col tempo questa limitazione è caduta e il Prete, quando era il ‘Memento’ cominciava a elencare una sfilza di nomi.
– E se ad ogni nome corrispondevano ‘diecimila lire’… quanto aveva reso quella ‘Messa’ elargita gratuitamente da Cristo?
32. Il Traffico delle Indulgenze
– Non possiamo procedere oltre senza affrontare la Dottrina e la pratica delle Indulgenze nella Chiesa Cattolica.
– Le Indulgenze sono in relazione con i Suffragi per i defunti di cui abbiamo appena parlato, vero?
– Sì e no. Perché le indulgenze riguardano soprattutto i viventi anche se possono essere applicate anche ai defunti. Per schiarirci le idee consulteremo il Catechismo della Chiesa Cattolica che tratta l’argomento dal Numero 1471 al numero 1479. Così avremo nozioni aggiornate.
– Non ho mai approfondito così tanto questo ‘Vademecum’ dei cattolici. Aggiorniamoci pure.
– La Dottrina è stata definita dal Concilio di Trento, dopo lo scandalo delle Indulgenze denunciato da Lutero, ma più recentemente Paolo VI che con la sua ‘Indulgentiarum doctrina’ del 1967 l’ha ammodernata. Ecco, ora leggi da questo punto qui. No, aspetta, forse è meglio che legga io perché così sarà per te più agevole fare le domande: “La dottrina e la pratica delle indulgenze nella Chiesa sono strettamente legate agli effetti del Sacramento della Penitenza. Che cos’è l’indulgenza? ‘L’indulgenza è la remissione dinanzi a Dio della pena temporale per i peccati, già rimessi quanto alla colpa…”. Conosci la differenza tra ‘colpa e pena’?
– Il ‘peccato’, inteso come trasgressione alla Legge dell’Essere, è una ‘colpa’, giusto?
– Sì e chi trasgredisce è colpevole e deve riconoscere ciò che ha fatto, pentirsi, riparare e soprattutto cambiare vita.
– Allora non è il Sacramento della Penitenza che ‘rimette la colpa’ ma e la persona che, facendo tutto quello che hai fatto, si ‘rimette in careggiata’, cioè in armonia con Dio.
– Ben detto. E allora che cosa sarà mai la ‘pena temporale per i peccati, già rimessi quanto alla colpa’? Sapresti spiegarmelo?
– Francamente no.
– Non ti angustiare. La distinzione tra ‘colpa’ e ‘pena’ è del tutto artificiosa. Ma anche il Sacramento della Penitenza è una invenzione di ‘Santa Madre Chiesa’ per assoggettare e controllare i fedeli. Di per sé chi sbaglia, chi pecca deve riconoscerlo, chiedere perdono alla persona offesa e ovviamente a Dio che è sempre colpito direttamente da tutto quello che si fa contro le sue creature…
– Perché ‘si è fatto creatura’, dico bene?
– Stai utilizzando in modo appropriato quello che ti ho detto riguardo al ‘Mistero dell’Essere’ che è tutt’uno con la Creazione e ogni sua creatura. Me ne compiaccio.
– Quello che mi dici… lavora in me, si fa strada e mi persuade dolcemente.
– Ecco, preferisco persuaderti più che convincerti.
– E ci riesci.
– Tornando a chi sbaglia è importante che arrivi a perdonare anche a se stesso prendendo la ferma decisione di non fare più niente del genere in un cammino degno di un Figlio di Dio.
– E la pena?
– Consiste nello smaltire le conseguenze delle cattive azioni fatte. E’ già insita in esse. E non può essere eliminata con nessuna ‘compiacente sanatoria’.
– Ma allora questo ‘Sacramento della Penitenza’ non è altro che una Dottrina fasulla priva di qualsiasi fondamento scritturale.
– Ricorda la Parabola del Figliol Prodigo. Egli torna a casa pentito, chiede perdono ed è pronto ad ubbidire al Padre. A quale pena il Padre lo sottopone?
– Gli fa indossare il vestito più bello, gli mette l’anello al dito e fa festa per lui.
– Ecco, ti sei risposto da solo. Se fosse autentica la distinzione di colpa e pena il Padre avrebbe dovuto sottoporre il figlio a qualche pena corporale, avrebbe dovuto mandarlo nella stalla ad accudire gli animali come un semplice garzone, come lui di fatto chiedeva, no?
– Ma non l’ha fatto. L’ha accolto perché era pentito e convinto di cambiare radicalmente.
– Bene. La persona colpevole di una trasgressione deve semplicemente arrivare a pentirsi e chiedere perdono a chi ha offeso e naturalmente a Dio, che viene sempre coinvolto dai nostri atteggiamenti sbagliati, col proposito determinato di cambiare vita. Avrà ancora da liberarsi delle conseguenze del suo errore, ma le eliminerà procedendo nel suo nuovo cammino.
– Quindi distinguere ‘colpa e pena’ è un semplice artificio per condizionare e soggiogare i poveri fedeli all’autorità della Chiesa Cattolica, anzi della sua Gerarchia!
– Infatti. Ascolta: “Questa remissione che il fedele, debitamente disposto e a determinate condizioni, l’acquista per intervento della Chiesa, la quale, come ministra della redenzione, autoritativamente dispensa ed applica il tesoro delle soddisfazioni di Cristo e dei santi”. Chiaro?
– Fin troppo! La Chiesa Cattolica si autodefinisce ‘ministra della redenzione’. Un titolo ambizioso. Ma che significa in soldoni?
– Che la Gerarchia ecclesiastica, con i suoi ‘Ministri’, si ritiene legittimata ad ‘amministrare la redenzione di Cristo’ per cui liberamente attinge al ‘tesoro delle soddisfazioni di Cristo e dei Santi’. Sai che cos’è vero?
– Su questo sono edotto. Veniva chiamato in latino ‘Thesaurum Meritorum’. Le ‘soddisfazioni’ sono quindi i ‘meriti’. Io però mi sono sempre chiesto: ‘Ma se i meriti di Cristo sono infiniti… che senso ha che si aggiungano ai suoi anche quelli dei Santi’?
– Domanda perspicace. Il problema però riguarda proprio l’esistenza stessa di questo ‘tesoro dei meriti’ a disposizione della Gerarchia che ‘autoritativamente lo dispensa’. Purtroppo, siamo in presenza di quella che chiamerei la ‘cosificazione dei meriti’.
– I ‘meriti’ trattati come ‘cose’ da accumulare, maneggiare, distribuire?
– Questa mentalità si fonda sull’idea che si possano capitalizzare i ‘meriti di Cristo’, a cui aggiungere anche quelli di Maria e dei Santi, per formarne un ‘tesoro’ da utilizzare quando serve.
– Una specie di ‘Banca di depositi e prestiti’!
– Ma invece di soldi vengono accumulati i ‘meriti’.
– E chi regola tutto questo traffico in entrata e in uscita è la Gerarchia. Ecco il perché dell’avverbio ‘autoritativamente’…
– Ma per ‘acquistare l’indulgenza’ è necessario che ‘il fedele sia debitamente disposto’ e deve rispettare ‘determinate condizioni’.
– Sì. L’ho letto all’inizio del documento: ‘L’indulgenza è strettamente legate agli effetti del Sacramento della Penitenza’.
– Diciamo che avendo distinto ‘colpa e pena’, la Confessione ‘toglie la colpa’ e l’indulgenza ‘toglie la pena’. Sono complementari e stanno entrambe nella mani della Gerarchia.
– Ma, come hai detto tu prima si può confessare direttamente a Dio i propri peccati, no? Come il ‘Figliol prodigo’ che parla col Padre il quale vede il suo pentimento e lo accoglie.
– Sì, nei primi tempi i cristiani facevano proprio così e inoltre si chiedevano reciprocamente perdono. Lo raccomanda Giacomo nella sua Lettera: “Confessate perciò i vostri peccati gli uni agli altri e pregate gli uni per gli altri per essere guariti” (Gc 5,16).
– Bello questo collegamento tra ‘confessione reciproca’ per il perdono e ‘preghiera reciproca’ per la guarigione. I discepoli di Cristo in questo modo si aiutano nella loro evoluzione di Figli di Dio.
– Ma progressivamente la Confessione è cambiata radicalmente fino a diventare un fatto privato tra il penitente è un Sacerdote, membro della Gerarchia, autorizzato ad ascoltare la confessione dei peccati. L’assoluzione apparentemente è fatta ‘in nome di Cristo’ ma in realtà è la Gerarchia che l’amministra e la controlla.
– Ma chi vuole confessarsi direttamente davanti a Dio può farlo, è previsto. Questo lo so con sicurezza. Lo ha sancito il Concilio di Trento stabilendo la differenza tra ‘contrizione e attrizione’. Sono nozioni che mi sono rimaste impresse dal Catechismo.
– E sono artificiose, come la distinzione tra ‘colpa e pena’.
– La ‘contrizione’ evidenzia la serietà del pentimento.
– E allora snocciolami questa dottrina e vediamo se regge alla critica.
– Critica tua e mia, ovviamente.
– Stiamo lavorando allo stesso scopo: dobbiamo chiarire o se vuoi ‘schiarire’ che cosa ci sia veramente di valido sia nel ‘Sacramento della Penitenza’, sia nella ‘Dottrina delle Indulgenze’. In un’altra occasione vorrei trattare più a fondo la questione ma ora sgrossiamo il problema nelle sue linee essenziali.
– Ricordo la formula del Concilio di Trento: “La contrizione è il dolore dell’animo e la riprovazione del peccato commesso, accompagnati dal proposito di non peccare più in avvenire’ (Denz-Schonm, 1676).
– E che fa questa ‘contrizione’?
– Rimette i cosiddetti ‘peccati veniali’ e anche i ‘peccati mortali’, purché ci sia anche “la risoluzione di ricorrere alla Confessione Sacramentale” (Denz-Schonm, 1677).
– E quella che viene detta ‘attrizione’ sapresti dire in che consiste?
– Riguardo alla Confessione sono ben preparato grazie alle raccomandazioni di mia nonna che mi istruiva indicandolo come il modo più sicuro per evitare l’Inferno.
– E così ti condizionava a dovere.
– Eh sì. Da ragazzo ad ogni peccatuccio dovevo correre nel Confessionale, e devo dire anche da adolescente. Da giovane però ho cominciato a prendere le distanze ma mi trovavo spesso in un mare di scrupoli.
– E’ la dinamica del condizionamento. Tua nonna non era altro che zelante e insospettabile emissaria della Gerarchia. E lo faceva perché ti voleva un gran bene.
– Del suo bene non ho mai dubitato. Ma certo che era un po’ ossessiva. Per fortuna mia madre era di vedute più aperte e poi c’era mio padre, che faceva da mediatore e, quando ricorrevo a lui, mi rasserenava un po’.
– Che mi dici allora dell’attrizione?
– Quella che viene detta ‘attrizione’ è una forma imperfetta di pentimento suscitato non più dall’amore verso Dio, che spinge alla ‘contrizione’, ma soltanto ‘dalla bruttura del peccato e dal timore della dannazione eterna con tutte le sue pene’.
– E così andiamo avanti con le distinzioni: colpa e pena, peccati veniali e peccati mortali, contrizione e attrizione … Sono tutte distinzioni lambiccate che contaminano la coscienza, rendono il rapporto con Dio astruso e complicato, creano scrupoli e sensi di colpa e soprattutto tengono strettamente vincolati alla Gerarchia Ecclesiastica che ha in mano il ‘potere delle chiavi’ con cui ‘legare e slegare, perdonare e non perdonare’, e quindi anche indulgenziare, ossia condonare facendo risparmiare un po’ di Purgatorio.
– Mi sono sempre chiesto come si fa nella propria interiorità a capire se c’è il pentimento di ‘contrizione’ oppure quello di ‘attrizione’. Prima ci fanno venire la paura dell’Inferno e poi ci dicono che se ci pentiamo di qualche peccato per la paura dell’inferno, quello non è un vero pentimento. E se si ha solo ‘attrizione’ non si ottiene il perdono dei peccati gravi, ma solo di quelli veniali. Io ricordo che vivevo veri e propri drammi interiori che poi risolvevo andando a confessarmi e lasciando al Confessore decidere se era ‘contrizione o attrizione’. Un pasticcio!
– Ma ti dava comunque l’assoluzione e anche la cosiddetta ‘penitenza’.
– Il mio Confessore era fissato con ‘Tre Avemarie’. Quando confessavo la masturbazione allora dove dire tre ‘Pater, Ave, Gloria’. Capirai, quello era sicuramente un peccato mortale.
– Questi drammi li vivono molti cattolici. La Confessione li fa passare dalla tortura al sollievo. Ma è tutto un condizionamento psicologico. Il rapporto con Dio, anzi con l’Essere Unico, deve essere vissuto con semplicità, in modo diretto così come Gesù ha esposto nella Parabola del Figlio che torna a casa pentito, pronto a cambiare ed è accolto dal Padre che fa festa. Punto e basta! Tutto il resto è ‘manipolazione delle coscienze’ ad opera della Gerarchia!
– Terribile… ma è proprio così. E parlo per mia esperienza personale.
33. Il peccato e il peccatore
– Vedi, aver catalogato i peccati, distinguendoli in ‘mortali e veniali’ li ha ‘cosificati’. Invece bisogna non perdere mai di vista la ‘persona’ rispettandola nella sua dignità di ‘persona’.
– E’ vero!
– Non ci sono ‘peccati’. Ci sono persone che commettono delle mancanze, degli errori, delle trasgressioni. E queste persone possono semmai essere aiutate a riflettere per giungere ad una cambiamento di mentalità, questa è infatti la ‘metanoia’, che è la premessa per una conversione di vita. E allora le ‘persone’ per operare questo cambiamento devono vedersela con se stesse, con gli altri e ovviamente con Dio.
– E la Chiesa? La Confessione Sacramentale? Le penitenze? Le indulgenze?
– Tutte strategie inventate con arte raffinata per soggiogare, impaurire, tenere al guinzaglio i cristiani privandoli della loro dignità di Figli di Dio che, in quanto tali, hanno la libertà di entrare sempre e comunque in relazione diretta con Cristo, col Padre e lo Spirito.
– Stupendo!
– Torniamo alla Indulgenza, questa ‘fasulla sanatoria per i gonzi’ ed eccoci davanti ad una nuova distinzione, anzi a due. Ascolta: “L’indulgenza è parziale o plenaria secondo che libera in parte o in tutto dalla pena temporale dovuta per i peccati” (Paolo VI, ‘Indulgentiarum doctrina’). Le indulgenze possono essere applicate ai vivi o ai defunti” (CCC N° 1471).
– Altre distinzioni: ‘Indulgenza parziale e plenaria’ e poi ‘Indulgenza per i vivi e per i defunti’.
– E proprio su questi due aspetti si è arrivati a degli abusi incredibili, a forme di speculazione di carattere simoniaco che costituiscono una ‘vergogna’ per la Gerarchia Cattolica, con il coinvolgimento di Papi, alti Prelati e Basso Clero.
– Tutti, insomma. E quindi anche il popolo che ne ha seguito le indicazioni.
– Eh sì. Nel 1400 e 1500 l’uso delle indulgenze si era diffuso moltissimo perché si potevano ottenere con un’offerta in denaro, detta ‘oblatio’, a favore delle opere della Chiesa. Ad esempio, costruire a Roma la Basilica di San Pietro.
– Più i cristiani peccavano, più facevano offerte per ottenere indulgenze e più la Basilica cresceva. Quindi ‘benedetti peccati’, no?
– Direi provvidenziali! Ma era diventata una vera e propria ‘vendita delle indulgenze’. Ad esempio si diffuse largamente il fenomeno della ‘questua’, cioè le richieste di denaro per ottenere le indulgenze, e vi erano dei veri e propri ‘quaestores’ mandati in giro dai Vescovi.
– Ed ecco perché il monaco agostiniano Martin Lutero ha intrapreso nel 1515 la sua battaglia contro questo commercio scandaloso e contro il Papato che lo autorizzava ricavandone cospicui profitti.
-Eh sì. A onor del vero bisogna riconoscere che la Gerarchia Cattolica, con il Concilio di Trento, ha cercato di disciplinare la materia.
– In ritardo e con un iter tormentoso. Ho delle reminiscenze di Storia della Chiesa e quello è stato un momento assai critico. Ha chiuso la stalla dopo che i buoi erano scappati da un pezzo!
– Eh sì, ma voglio puntualizzare una cosa: la Gerarchia, proprio spiegando le ragioni per cui riteneva di avere l’autorità di distribuire indulgenze a ‘nome di Cristo’, si è data la zappa sui piedi.
– Fammi capire… è interessante.
– Ha teorizzato l’abuso e quindi lo ha aggravato.
– Pazzesco!
– Proprio così, anche se riteneva di aver trovato tutte le pezze giustificative teologiche. Recentemente, dopo il Concilio Vaticano II come ti ho detto, nel 1967 Paolo VI ha rinnovato la ‘Disciplina delle Indulgenze’ con la sua Costituzione Apostolica ‘Indulgentiarum doctrina’. E il Catechismo che stiamo esaminando segue infatti questo pronunciamento.
– Ma quali sono queste fondate ragioni per distribuire indulgenze?
– Te lo spiega Paolo VI: “Per comprendere questa dottrina e questa pratica della Chiesa bisogna tener presente che il peccato ha una duplice conseguenza. Il peccato grave ci priva della comunione con Dio e perciò ci rende incapaci di conseguire la vita eterna, la cui privazione è chiamata la ‘pena eterna’ del peccato. D’altra parte, ogni peccato, anche veniale, provoca un attaccamento malsano alle creature, che ha bisogno di purificazione, sia quaggiù, sia dopo la morte, nello stato chiamato Purgatorio. Tale purificazione libera dalla cosiddetta ‘pena temporale’ del peccato”.
– Ecco spiegata la ‘colpa’ del peccato mortale che produce la ‘pena eterna’, e la ‘colpa’ del peccato veniale che produce la ‘pena temporale’.
– Nel caso del ‘peccato mortale’, se riconosci la tua colpa e ti confessi, allora invece della ‘pena eterna’ hai solo da smaltire la ‘pena temporale’ o in vita o in purgatorio.
– Ed ecco in soccorso le indulgenze
– E ora senti la precisazione: “Una conversione, che procede da una fervente carità, può arrivare alla totale purificazione del peccatore, così che non sussista più alcuna pena”. Questo lo dice il Concilio di Trento e il Catechismo lo ripropone” (CCC N° 1472).
– Qui si riferiscono evidentemente alla ‘contrizione’ pentimento perfetto.
– Infatti, perché resta sempre la ‘pena temporale’. Ecco che si affretta a precisarlo: “Il perdono del peccato e la restaurazione della comunione con Dio comportano la remissione delle pene eterne del peccato. Rimangono, tuttavia, le pene temporali del peccato”.
– Che si eliminano con le indulgenze.
– Alle indulgenze vogliono arrivarci gradualmente per cui, prima di tutto, mettono in risalto il proprio personale impegno: “Il cristiano deve sforzarsi, sopportando pazientemente le sofferenze e le prove di ogni genere e, venuto il giorno, affrontando serenamente la morte, di accettare come una grazia queste pene temporali del peccato; deve impegnarsi, attraverso le opere di misericordia e di carità, come pure mediante la preghiera e le varie pratiche di penitenza, a spogliarsi completamente dell’uomo vecchio e a rivestire ‘l’uomo nuovo” (CCC N° 1473).
– Insomma, peccato o non peccato, pena o non pena… i Figli di Dio devono sforzarsi di compiere al meglio delle proprie capacità il cammino di perfezione!
– Procedendo nella lettura scopriamo che ‘purificazione’ e ‘santificazione’ sono fuse insieme: “Il cristiano che si sforza di purificarsi del suo peccato e di santificarsi con l’aiuto della grazia di Dio, non si trova solo” (CCC N° 1474).
– Comunione tra peccatori?
– Veramente ha un altro nome, assai più prestigioso, vale a dire ‘Comunione dei Santi’.
– E’ vero!
– Ascolta: “Nella comunione dei santi tra i fedeli, che già hanno raggiunto la patria celeste o che stanno espiando le loro colpe nel Purgatorio, o che ancora sono pellegrini sulla terra, esiste certamente un vincolo perenne di carità ed un abbondante scambio di tutti i beni”. E ce lo ribadisce Paolo VI.
– Terra, Purgatorio e Cielo: i cristiani che si trovano in questi tre situazioni sono tutti collegati.
– E’ così, secondo la Dottrina delle Indulgenze, e quelli che sono già ‘santi’ aiutano quelli che non lo sono ancora: “In questo ammirabile scambio, la santità dell’uno giova agli altri, ben al di là del danno che il peccato dell’uno ha potuto causare agli altri. In tal modo, il ricorso alla comunione dei santi permette al peccatore contrito di essere in più breve tempo e più efficacemente purificato dalle pene del peccato” (CCC N° 1475).
– Ma si tratta di una ‘purificazione passiva’ mentre quella ottenuta con il proprio impegno, le proprie sofferenze è una ‘purificazione attiva’. E mi sembra che quest’ultima sia degna di un Figlio di Dio, non quell’altra in cui si tratta semplicemente di ricevere.
– Infatti. E ora ascoltiamo la descrizione precisa del famoso ‘Tesoro dei meriti’. Eccolo per la gioia delle tue orecchie. E’ sempre Paolo VI che lo illustra: “Questi beni spirituali della comunione dei santi sono anche chiamati il tesoro della Chiesa, che non si deve considerare come la somma di beni materiali, accumulati nel corso dei secoli, ma come l’infinito ed inesauribile valore che le espiazioni e i meriti di Cristo hanno presso il Padre ed offerti perché tutta l’umanità fosse liberata dal peccato e pervenisse alla comunione con il Padre; è lo stesso Cristo redentore, in cui sono e vivono le soddisfazioni ed i meriti della sua redenzione” (Paolo VI, ‘Indulgentiarum doctrina’, 5) (CCC N° 1476).
– Ho capito. Il ‘tesoro della Chiesa’ altro non è che ‘l’infinito ed inesauribile valore che le espiazioni e i meriti di Cristo hanno presso il Padre’. Però qui non parla dei meriti di Maria e dei Santi.
– Impaziente! Lo dice subito dopo: “Appartiene inoltre a questo tesoro il valore veramente immenso, incommensurabile e sempre nuovo che presso Dio hanno le preghiere e le buone opere del la beata Vergine Maria e di tutti i santi, i quali, seguendo le orme di Cristo Signore per grazia sua, hanno santificato la loro vita e condotto a compimento la missione affidata loro dal Padre; in tal modo, realizzando la loro salvezza, hanno anche cooperato alla salvezza dei propri fratelli nell’unità del Corpo mistico” (Paolo VI, ‘ Indulgentiarum doctrina’, 5) (CCC N° 1477).
– Quindi ecco formato il ‘Tesoro’ a cui la Santa Madre Chiesa può liberamente attingere.
– Ed è proprio questo il punto cruciale. E’ davvero possibile la cosiddetta ‘espiazione vicaria’ di Cristo a nostro favore, e anche di Maria e dei Santi? Esiste davvero questo ‘Tesoro dei Meriti’?
– Qui è presentato come un fatto certo, ovvio, scontato.
– Ma non lo è affatto. Quando rifletteremo sulla missione di Cristo che culmina con la Crocifissione e sul rito dell’Eucaristia approfondiremo bene questo problema. Per ora ti anticipo che l’idea della ‘espiazione vicaria’ è arbitraria. Nessuno può ‘soddisfare’ per un altro, neanche Cristo. Ognuno deve compiere il suo cammino di conversione: pentirsi, purificarsi e cambiare vita.
– Mi stai dicendo che la morte di Cristo sulla Croce non ottiene la ‘soddisfazione per la redenzione dell’umanità’?
– Tutta la ‘Missione di Cristo’ sulla terra, nella dimensione umana è un grande mistero. Ne parleremo presto e a fondo, per ora posso solo dirti che questo famigerato ‘Tesoro dei Meriti’ con cui la Gerarchia Cattolica ‘cosifica i meriti di Cristo e dei Santi’ e li elargisce a sua discrezione è una colossale menzogna.
– A me l’idea della ‘purificazione passiva’, sia da vivo che da defunto, non mi convince e non mi piace. Io le cose voglio conquistarmele. Come hai detto prima e riassumo: ‘Il cristiano deve impegnarsi nelle opere di misericordia e di carità, per spogliarsi dell’uomo vecchio e rivestire l’uomo nuovo’. Ossia occorre vivere la Legge dell’Essere che è amore, quale ‘donazione di sé e servizio’. Questo è un vero cammino e non procedere grazie a ‘purificazioni passive’ dispensate quando e come vuole la Gerarchia.
– Vediamo ora come avviene l’elargizione delle ‘indulgenze’ da parte della Chiesa.
– La risposta ce la deve dare la Chiesa stessa.
– Ed eccola qui: “L’indulgenza si ottiene mediante la Chiesa che, in virtù del potere di legare e di sciogliere accordatole da Gesù Cristo, interviene a favore di un cristiano e gli dischiude il tesoro dei meriti di Cristo e dei santi perché ottenga dal Padre delle misericordie la remissione delle pene temporali dovute per i suoi peccati. Così la Chiesa non vuole soltanto venire in aiuto a questo cristiano, ma anche spingerlo a compiere opere di pietà, di penitenza e di carità” (CCC N° 1478). E tutto questo lo afferma autorevolmente il Concilio di Trento e lo ripropone Paolo VI nella sua Costituzione Apostolica.
– E allora non si discute.
– Anzi, proprio perché è imposto ‘autoritativamente’ richiede una discussione e una critica inesorabile perché, lungi dal chiarire, giustifica una dottrina e una pratica che cozzano con l’insegnamento di Cristo.
– Pensi che possa bastare l’analisi impietosa a cui l’abbiamo sottoposta fin qui?
– Sì, anche se per estirpare questa mentalità malsana delle ‘Indulgenze,’ che si è radicata nella Chiesa Cattolica, è stata dogmatizzata dal Concilio di Trento e ribadita da Paolo VI… ci vuole ben altro!
– Forse un altro Martin Lutero.
– No, dovrebbero essere i cattolici a prendere coscienza di essere imbrogliati, illusi, fuorviati e anche derubati, ma prima ancora dei loro soldi… del loro cervello!
– Prima o poi si scuoteranno da questo sonno ipnotico.
– Lo spero e in fondo lotto per questo.
– Ora hai un compagno di viaggio.
– Te ne sono grato. Ma siamo solo all’inizio. E ciò che ho intenzione di comunicarti potrebbe farti fuggire scandalizzato.
– No, se mi dirai la verità.
– Quella che per me, in base alle mie ricerche, è la verità.
– E che io pondererò attentamente per valutare se può diventare anche la mia verità.
– Bene! La tua determinazione mi commuove e mi incoraggi. Andiamo avanti. Ecco che arriva il codicillo finale, per le povere anime del Purgatorio. L’indulgenza a mo’ di suffragio vale anche per loro.
– Cioè i vivi possono lucrarla per i morti. Già è stato detto.
– Ma ora viene precisato: “Poiché i fedeli defunti in via di purificazione sono anch’essi membri della medesima comunione dei santi, noi possiamo aiutarli, tra l’altro, ottenendo per loro delle indulgenze, in modo tale che siano sgravati dalle pene temporali dovute per i loro peccati” (CCC N° 1479).
– Archiviamo la bufala del ‘Purgatorio cattolico’ così come abbiamo demolito la panzana dell’Inferno Cattolico.
– Converrai che alla luce delle nostre conversazioni precedenti è assai semplice constatare la superficialità e l’inganno della Dottrina Cattolica sui cosiddetti ‘Novissimi’.
– Sì, è vero. E in questo caso, contro la ‘Dottrina del Purgatorio’, frutto di una subdola invenzione, possiamo ribadire l’esistenza di quel benedetto ‘Purgatorio Pedagogico’ dove chi soggiorna deve riflettere sulla vita passata, pentirsi e proporsi nella prossima vita di ‘compiere veri atti di conversione’.
34. Metafora o realtà
– Dopo questo bagno nella ‘sanatoria’ che può alleviarci dalle pene temporali, sia in vita che nel Purgatorio, ora sprofondiamoci… nell’Inferno.
– Ohibò, è già arrivata la nostra ora?
– Ma no, scherzavo. Ora affrontiamo il tema dell’Inferno che ci offre il Catechismo: “Non possiamo essere uniti a Dio se non scegliamo liberamente di amarlo” (1033).
– L’Inferno, così come è concepito dal Magistero Cattolico, lo abbiamo liquidato e francamente non ho più alcun turbamento di coscienza. Credo di essere ormai completamente liberato da questo terribile condizionamento. Perché dobbiamo riparlarne?
– E’ il Catechismo che ce lo ripropone e noi stiamo verificando le argomentazioni con cui si tengono i cattolici legati a questa mentalità. Tu ora sei libero… ma ci sono ancora milioni di schiavi.
– Va bene, ‘obtorto collo’ mi adeguo. E allora sai che ti dico? Proprio in rapporto a ciò che hai appena letto? Che si tratta di un’affermazione vera. Infatti siamo liberi proprio per poter amare liberamente tutti, a cominciare da Dio che ci dà l’esistenza e la vita. Questa condizione per essere uniti a lui mi sembra necessaria e in linea con la Scrittura.
– Sì, ma fai attenzione perché si parte da affermazioni scritturali condivisibili e gradualmente possono infilarsi interpretazioni fuorvianti. Quindi occhio!
– Bisogna non abbassare mai la guardia, ho capito.
– C’è un’altra condizione altrettanto necessaria che addirittura dimostra se il nostro amore per Dio è reale e veritiero: l’amore per i nostri simili. Ecco come prosegue il discorso: “Ma non possiamo amare Dio se pecchiamo gravemente contro di lui, contro il nostro prossimo o contro noi stessi: “Chi non ama rimane nella morte. Chiunque odia il proprio fratello è omicida, e voi sapete che nessun omicida possiede in se stesso la vita eterna” (1Gv 3,15) (1033).
– Questa stretta relazione tra Dio e gli esseri umani, per cui chi non ama se stesso o addirittura arriva ad odiare il prossimo, i propri simili, non può entrare nella vita eterna, è della massima importanza, ed è molto vera. Mi ha sempre impressionato quanto ha detto Gesù riguardo ai piccoli. Hai presente il passo a cui mi riferisco?
– Forse questo?
– Sì, se permetti lo leggo: “Chi accoglie uno di questi bambini nel mio nome, accoglie me; chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato” (Mc 9,37). Qui è espressa in modo netto la strettissima relazione tra l’amore per Dio e le più piccole creature bisognose di tutto. come i bambini. Quindi mi sembra ovvio che chi non si pone nella giusta relazione con i piccoli non possa pretendere di entrare in comunione con Dio.
– Sono d’accordo. Ma chi non ha ancora conseguito questa capacità di accoglienza non potrebbe in seguito riflettere, maturare, cambiare atteggiamento? E invece viene sbattuto dritto dritto all’Inferno dove la sua decisione sarà cristallizzata per sempre, dove non potrà mai e poi mai rimediare?
– Hai ragione. Dio deve offrire altre possibilità e noi l’abbiamo previste.
– E invece nel Catechismo la ‘inflessibilità’ di Cristo contro coloro che non accolgono i piccoli e i bisognosi, viene interpretata nel modo peggiore, come una decisione presa una volta per tutte e quindi ‘irrevocabile’. Ascolta: “Nostro Signore ci avverte che saremo separati da lui se non soccorriamo nei loro gravi bisogni i poveri e i piccoli che sono suoi fratelli (Mt 25,31-46)” (1033). ‘Saremo separati da lui’… per sempre!
– Ma nei testi citati non si parla di questa ‘irrevocabilità’.
– Infatti. Ora però viene prospettata una via d’uscita. Io te la leggo e mi aspetto da te una critica appropriata. Attento: “Morire in peccato mortale senza essersene pentiti e senza accogliere l’amore misericordioso di Dio, significa rimanere separati per sempre da lui per una nostra libera scelta. Ed è questo stato di definitiva auto-esclusione dalla comunione con Dio e con i beati che viene designato con la parola ‘inferno’ (1033)”.
– E’ vero che amare Dio e amare i propri simili sono strettamente congiunti, e chi non ha cura dei piccoli e bisognosi ‘pecca gravemente’, ma qui si prospetta la possibilità di cavarsela in punto di morte con un pentimento estremo accogliendo l’amore misericordioso di Dio. No, è inaccettabile! E’ la mentalità della ‘sanatoria’ e non è una via d’uscita degna di Dio.
– Sono pienamente d’accordo. Come può una persona rimediare a tutti i suoi rifiuti, a tutte le sue chiusure di fronte ai bisogni degli altri, alla sua indifferenza per le necessità e i dolori altrui? E arrivato in punto di morte anche se si pente, magari con la paura di finire nei guai ‘post mortem’, qualora davvero ci fosse l’Inferno, come può rimediare? Basta davvero un pentimento così tardivo e un atto di misericordia di Dio per colmare tutte le sue deficienze? No, non può essere!
– In questo io sono ‘inflessibile’, non nel cacciare la gente all’Inferno. Bisogna che chi ha chiuso il suo cuore possa rimediare, riparare, fare quello che avrebbe dovuto fare e non ha fatto. Quindi non ha senso inchiodarlo all’Inferno, mentre mi sembra una atto di vera misericordia, e non di ‘perdonismo a buon mercato’, offrirgli un’altra esistenza per riequilibrare la sua vita ormai consumata.
– E la ‘Reincarnazione’ darebbe questa opportunità. E quindi nessuna ‘definitiva auto-esclusione’ dalla comunione con Dio. Ma il Magistero si è trovato di fronte a passi della Scrittura che, se presi così come sono, parlano chiaramente dell’Inferno. Ascoltiamoli: “Gesù parla ripetutamente della ‘Geenna’, del ‘fuoco inestinguibile’, (Mt 5,22; Mt 5,29; Mt 13,42; Mt 13,50; Mc 9,43-48) che è riservato a chi sino alla fine della vita rifiuta di credere e di convertirsi, e dove possono perire sia l’anima che il corpo (Mt 10,28). Gesù annunzia con parole severe che egli ‘manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno tutti gli operatori di iniquità e li getteranno nella fornace ardente’ (Mt 13,41-42), e che pronunzierà la condanna: ‘Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno!’ (Mt 25,41) (1034).
– Hai detto bene: se questi passi ‘sono presi così come sono’, cioè attenendosi al senso letterale, sembrano riferirsi ad una condanna definitiva: ‘Geenna, fuoco inestinguibile, fornace ardente, fuoco eterno’. Ma se invece fossero, come sono di fatto, tutte metafore?
– Appunto! L’interpretazione letterale è davvero l’unica possibile? E come si armonizzano tutte queste minacce con l’Amore di Dio, l’Essere Unico? E con passi che si trovano egualmente nella Scrittura che aprono la prospettiva di una salvezza universale? Possiamo non considerare che Gesù ha detto: “Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me” (Gv 12, 32). Oppure la salvezza finale estesa a tutti di cui parla Paolo: “Dio sarà tutto in tutti” (1Cor 15,28).
– Sono convinto bisogna evitare assolutamente di leggere la Scrittura in modo letterale. Se facciamo così, pur sembrando lettori rispettosi, le facciamo dire quello che pensiamo noi. E’ paradossale ma alla fin fine succede proprio così.
– Esamineremo in una prossima conversazione i ‘Criteri Interpretativi’ necessari per non cadere in questi grossolani errori. Ma intanto dobbiamo constatare che il Magistero Cattolico c’è caduto dentro in pieno terrorizzando tutti ‘in nome di Dio’: “La Chiesa nel suo insegnamento afferma l’esistenza dell’inferno e la sua eternità. Le anime di coloro che muoiono in stato di peccato mortale, dopo la morte discendono immediatamente negli inferi, dove subiscono le pene dell’inferno, “il fuoco eterno” (Simbolo ‘Quicumque’, Denz-Schön,76). La pena principale dell’inferno consiste nella separazione eterna da Dio, nel quale soltanto l’uomo può avere la vita e la felicità per le quali è stato creato e alle quali aspira” (1035).
– All’affermazione cattedratica: ‘La Chiesa insegna l’esistenza dell’Inferno e la sua eternità’ io reagisco asserendo, alla luce di quanto abbiamo chiarito finora: ‘La Chiesa insegna l’errore basandosi su una interpretazione letterale di alcuni passi della Scrittura. Non c’è nessun Inferno Eterno’.
– Ti assumi la responsabilità di quello che dici, ovviamente. Ma devo avvertirti che negare l’Inferno Eterno significa negare un ‘dogma’ per cui c’è la scomunica a cui è connessa la garanzia di finire proprio lì in quell’Inferno che hai avuto la temerarietà di negare.
– ‘Temerario’… ma che vuol dire?
– Sì, effettivamente questa parola merita un approfondimento perché contiene significati sorprendenti. E’ temerario chi non valuta i rischi evidenti nell’assumere un atteggiamento di sfida nei confronti di situazioni, persone, avvenimenti. Il temerario spesso è un incosciente o sprezza il pericolo oppure ha fondate ragioni per esporsi.
– Io ho sfidato ‘temerariamente’ il Magistero della Chiesa Cattolica, me ne rendo conto. Ma non l’ho fatto per incoscienza, semmai il contrario: perché sono diventato finalmente cosciente di avere accettato supinamente delle false concezioni sull’Inferno.
– Nelle cosiddette ‘censure dottrinali ecclesiastiche’ la temerarietà riguarda la negazione di verità di fede certe, dogmatiche, senza avere motivazioni sufficienti.
– Ah, ma noi le abbiamo le motivazioni, eccome!
– Quindi insisti nella tua temerarietà che è azzardata, impudente, sfrontata soprattutto perché è un sfida nei confronti di chi è smisuratamente più forte e agguerrita di te, la Santa Madre Chiesa Cattolica!
– Insisto, ormai sono convinto da ben fondate ragioni, mentre il ‘dogma’ che mi viene imposto, per quanto blindato, corazzato e reso inespugnabile, è fondato non su Cristo ma su interpretazioni delle parole di Cristo, che Cristo stesso avrebbe respinto sdegnosamente e anche lui ‘temerariamente’.
– Davide contro il gigante Golia!
– Davanti a certi colossi basta un sassolino ben assestato, anche se lanciarlo può essere davvero rischioso e ‘temerario’.
– Sai l’etimologia di questa parola che ‘temerariamente’ continui a pronunciare?
– Non ne ho idea.
– Deriva dall’avverbio latino ‘temĕre’ cioè ‘andare alla cieca’ la cui radice è ‘temus’ che vuol dire ‘oscurità’. Quindi il temerario è colui che non vede bene, ma pure si muove con spavalderia come se vedesse, capito? E non deve essere confuso con ‘temere’, che vuol dire ‘avere paura’ e deriva dal latino ‘timĕre’.
– Interessante! Ritengo che gli alti dignitari del Magistero ci accuseranno di essere ‘temerari’ perché ci muoviamo troppo disinvoltamente negando verità fissate e inoppugnabili.
– Ma noi la certezza di vederci bene la ricaviamo proprio dal fatto che ci siamo liberati dalle bende che il Magistero ci ha messe sugli occhi.
– Fantastico! Ci muoviamo così in piena luce e andiamo avanti lasciando gli autorevoli membri del Magistero nella loro cecità con la presunzione di vederci bene.
– Viene a proposito ciò che Gesù ha detto dei Farisei suo contemporanei: “Lasciateli! Sono ciechi e guide di ciechi. E quando un cieco guida un altro cieco, tutti e due cadranno in un fosso!» (Mt 15,14). Che te ne pare? E’ appropriato?
– Direi proprio di sì.
– Allora vado avanti: “Le affermazioni della Sacra Scrittura e gli insegnamenti della Chiesa riguardanti l’inferno sono un appello alla responsabilità con la quale l’uomo deve usare la propria libertà in vista del proprio destino eterno” (1036).
– Che in una sola vita, magari anche breve, possiamo giocarci il ‘destino eterno’ mi sembra un’enormità che può aver escogitato solo una mentalità criminale e non certo Dio, che è buono ed è interessato al nostro bene e alla nostra felicità in questo mondo e per sempre.
– Condivido perfettamente sia in nome del ‘buon senso’ che in base della rivelazione scritturale della bontà di Dio. Ma gli autori del Catechismo, rigidi osservanti di una tradizione millenaria, insistono: “Le affermazioni della Sacra Scrittura e gli insegnamenti della Chiesa costituiscono nello stesso tempo un pressante appello alla conversione: “Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa; quanto stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla Vita, e quanto pochi sono quelli che la trovano!” (Mt 7,13-14) (1036).
– Io ribadisco che se la ‘via della perdizione’ si deve intendere come ‘perdizione eterna’ allora Dio poteva far a meno di creare il mondo e gli esseri umani. Inoltre, se è vero che Dio è ‘onnisciente’, sapeva quello che Gesù sta dicendo, ossia che ‘sono molti quelli che prendono la via della perdizione’. E li ha creati lo stesso? Se è una ‘perdizione provvisoria’ è accettabile perché alla fin fine una soluzione ci sarà. Ma se si tratta davvero di ‘perdizione eterna’ prevista da Dio stesso… allora bisogna mettere un punto interrogativo su questo strano Dio.
– Ancor più temerario sei!
– Ma non nego Dio, nego questo Dio proposto dal Magistero. E’ una concezione di Dio inaccettabile!
– E ora ascolta gli ultimi consigli, ricavati anch’essi da frasi dette da Gesù: “Siccome non conosciamo né il giorno né l’ora, bisogna, come ci avvisa il Signore, che vegliamo assiduamente, affinché, finito l’unico corso della nostra vita terrena, meritiamo con lui di entrare al banchetto nuziale ed essere annoverati tra i beati, né ci si comandi, come a servi cattivi e pigri, di andare al fuoco eterno, nelle tenebre esteriori dove “ci sarà pianto e stridore di denti” (Lc 13,28) (1036).
– Ribadiscono che abbiano un ‘unico corso di vita’, un’unica possibilità per decidere della nostra condizione eterna. E’ un’autentica assurdità! E lo ‘stridor di denti’ vuol dire che anche i vecchietti sdentati all’Inferno avranno una dentatura nuova fatta apposta per poter ‘stridere’, visto che non ne avranno bisogno per mangiare. Che ridicolaggini!
– E ora c’è una precisazione importante e tranquillizzante che riscatta la bontà di Dio: “Dio non predestina nessuno ad andare all’inferno; (Concilio di Orange II: Denz-Schönm 397; Concilio di Trento:1567) questo è la conseguenza di una avversione volontaria a Dio (un peccato mortale), in cui si persiste sino alla fine. Nella liturgia eucaristica e nelle preghiere quotidiane dei fedeli, la Chiesa implora la misericordia di Dio, il quale non vuole “che alcuno perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi” (2Pt 3,9) (1037). C’è stato il pronunciamento sul tema della ‘Predestinazione’ del Sinodo di Orange del 529 ribadito dal Concilio di Trento. Vuoi sapere come ci tranquillizzano?
– Magari.
– A conclusione del Sinodo di Orange il Vescovo Cesario di Arles scriveva: “Che alcuni siano stati predestinati al male dalla divina potestà, non solo non lo crediamo, ma se ci sono taluni che vogliono credere a tanto male, esprimiamo loro anche con piena esecrazione l’anatema”.
– Ben detto.
– Nei Canoni sulla Giustificazione del Concilio di Trento il canone 17 afferma: “Se qualcuno afferma che la grazia della giustificazione viene concessa solo ai predestinati alla vita, e che tutti gli altri sono bensì chiamati, ma non ricevono la grazia, in quanto predestinati al male per divino volere: sia anatema”.
– Quindi ‘la grazia della giustificazione’ è per tutti? E’ così?
– Attento a non lasciarti intrappolare. Qui è detto che la ‘grazia della giustificazione’ è data a tutti, ma questo non significa che tutti conseguiranno la ‘giustificazione’.
– Se ‘giustificazione’ vuol dire ‘salvezza’, che si ottiene mediante una scelta personale, libera, responsabile… perché parlano di ‘grazia della giustificazione’? E’ un’aggiunta che viene da Dio?
– Siamo di fronte al tema della ‘grazia’ che prevale sull’impegno umano. E’ un ‘argomento spinoso’. Sono contento che tu abbia notato la stranezza di quanto sostengono i campioni del Magistero, ma dobbiamo affrontare il tema, anzi il problema, con calma e circospezione. Dedicheremo un’ampia conversazione a questo riguardo, vedrai e sarà molto illuminante.
– Mi fido di te, ma ci tengo a capire che cos’è questa ‘grazia’.
– Ti darò esaustive spiegazioni proprio esaminando i pronunciamenti del Concilio di Trento. Intanto è importante che il Magistero Cattolico si sia sbarazzato della ‘iniqua’ dottrina della ‘predestinazione al male’ o dannazione. Anche perché il primo elaboratore di questa perversa idea, basata su testi della Scrittura interpretati superficialmente è stato il Grande Agostino, che ha delineato una ‘fisionomia di Dio’ di una crudeltà e cinismo veramente malvagi.
– Ho sempre stimato molto Agostino ma devo prendere atto che ha formulato dottrine, come questa, che non gli fanno onore.
– Già siamo incappati in sue prese di posizione arbitrarie e assurde, disumane e ciniche, ma avremo modo di evidenziare altri suoi errori gravi. Egli è divenuti ‘ipse dixit’ nella Chiesa Cattolica, autorevole e indiscusso. Ma chi vuole intraprendere un serio esame critico delle concezioni filosofiche e religiose deve attenersi a ‘ciò che è detto’ e non a ‘chi lo dice’. E noi seguiremo questa linea.
– Mi piace. A me interessa la ‘verità’ chiunque la esponga con fondate ragioni e non voglio farmi ingannare dalla reputazione di alcuno, sia esso Scrittore Sacro, Padre della Chiesa, Mistico, Teologo e dico anche Vescovo o Papa.
– Ottimo atteggiamento di base. Lo approvo in te e sono contento che tu me l’abbia dichiarato perché è esattamente il mio modo di procedere. Sarà così assai agevole procedere insieme, fianco a fianco.
– No, tu andrai avanti e io ti seguirò. Sei tu l’anziano, non io.
– Non è detto. Sicuramente le tue intuizioni e riflessioni saranno stimolanti anche per me, non ti porre in una rigida posizione di ‘discente’. Anch’io imparerò da te. La tua giovane età, la tua mente aperta e fresca è una risorsa notevole purché tu la mantenga libera così come hai detto poc’anzi, e come già hai fatto in questa nostra conversazione.
– Grazie dell’apprezzamento. Spero di non deluderti.
35. Il Limbo
– Ora, affinché la nostra visione del panorama che attiene al cosiddetto ‘Aldilà’ sia completa, dobbiamo occuparci brevemente della concezione del ‘Limbo’.
– Ma il Limbo esiste o non esiste?
– Dipende totalmente dal Magistero Cattolico che può dichiararlo esistente o non esistente quando e come vuole.
– Ma non è un ‘Dogma’?
– No, non lo è. Vedi, la Gerarchia Ecclesiastica può esercitare la sua autorevolezza per diffondere opinioni teologiche rendendole di ‘fede pubblica’ ma senza arrivare ad espliciti pronunciamenti dogmatici.
– Comunque tutti i fedeli sono tenuti a crederle.
– Certamente! Qualora poi cambiasse idea e decidesse di mettere da parte una di queste credenze, si giustifica dicendo semplicemente che non si trattava di un ‘dogma’. E chi ci ha creduto rimane con un palmo di naso.
– Un metodo astuto per non sbilanciarsi e anche una gran faccia tosta!
– Infatti. Ma allora come può continuare a far credere di essere assistita dallo Spirito Santo? Lo Spirito non fa e disfa, ed è ‘Spirito di verità’ e non ‘Spirito di astuzia’!
– Mia nonna era convintissima dell’esistenza del Limbo. Mi spiegava che tutti i bambini nascono con la ‘macchia’ del ‘Peccato Originale’ e se non vengono battezzati al più presto, qualora dovessero morire, andrebbero al Limbo, dove non soffrono ma non potranno mai vedere Dio. Una infelicità per sempre!
– Lei lo considerava ‘eterno’ come l’Inferno?
– Mi sembra proprio di sì.
– Parliamo allora di questo argomento. Il termine ‘limbo’ significa ‘lembo, orlo’ col riferimento evidentemente all’Inferno di cui sarebbe soltanto il confine estremo, il ‘bordo’ appunto. Ci sono varie concezioni del ‘Limbo’.
– Io ne conosco solo una, quella di mia nonna che ho ritrovato nel Catechismo di Pio X.
– ‘In primis’ si concepì il ‘Limbo dei Patriarchi’, ossia la condizione temporanea delle ‘anime’ delle persone giuste morte prima della Resurrezione di Gesù.
– Quindi lo ‘Sheol’ della concezione ebraica.
– No, nello ‘Sheol’ vanno tutti. Il ‘Limbo dei Patriarchi’, detto anche biblicamente ‘Il seno di Abramo’, era considerato il luogo dove i Patriarchi riposavano con Abramo in attesa della venuta di Cristo. Quei giusti, morti prima della venuta di Cristo, erano macchiati dal ‘peccato originale’. Cristo è andato a salvarli quando è sceso agli ‘Inferi’, nello ‘Sheol’ e particolarmente in questa sua porzione, riservata a loro, detta appunto ‘Limbo dei Patriarchi’.
– Ah, un luogo privilegiato dove non tutti i morti prima di Cristo avevano accesso.
– Bisognava essere ‘giusti’. Dopo di che si è pensato al ‘Limbo dei Bambini’ ossia alla condizione permanente dei bambini morti ‘non battezzati’.
– In sostanza… innocenti.
– Sì, non hanno commesso alcun peccato personale, ma non sono stati liberati dal ‘peccato originale’ mediante il Battesimo.
– Ingiustizia! Condannati… per non aver commesso il fatto!
– Poi qualche teologo misericordioso ha inventato pure il ‘Limbo dei Giusti’ dove finivano i ‘non-cristiani’ che, pur non essendo battezzati, erano morti in pace con Dio. Non potevano andare in Paradiso ma non erano così cattivi da essere cacciati nell’Inferno eterno.
– E siamo a tre: ‘Limbo dei Patriarchi’, ‘Limbo dei Bambini’ e ‘Limbo dei Giusti’. Ma quanti ‘orli’ ha questo dannato Inferno?
– Il ‘Limbo’, anzi diciamo pure ‘l’idea del Limbo’ non è mai stata considerata una verità di fede dogmatica, quanto piuttosto un’ipotesi elaborata in conseguenza della ‘Dottrina del Peccato Originale’. Se per lavare quel peccato ci vuole il Battesimo che succede ai ‘non-battezzati’? Ecco l’idea del Limbo che serviva a tranquillizzare quei genitori che non erano riusciti a battezzare il proprio figlio. ‘Tranquilli, non è dannato. Non soffre. Va in un posto dove non può vedere Dio, ma non gli succede nulla di male’.
– Magra consolazione, soprattutto finta, una pietosa bugia.
– Eh sì, proprio così! Il ‘Limbo’ era niente più di una ‘ipotesi teologica’ assai incerta. Eppure il Magistero l’ha predicata e insegnata non dico con autorità ma, come ti ho detto, con tutta la sua autorevolezza, per poi dire, in tempi recenti, ‘non è mai esistito’.
– Quindi il ‘Limbo dei Bambini’ non farebbe parte della dottrina della Chiesa Cattolica?
– Nei suoi insegnamenti ufficiali la Chiesa Cattolica, da Agostino in poi, ha stabilito che le anime che non meritano l’Inferno a motivo di peccati personali, non possono accedere al Paradiso per via del ‘Peccato Originale’.
– Insegnamenti ufficiali… poi rimangiati
– Sì, ma solo recentemente. Il ‘Concilio Ecumenico di Firenze’, con la Bolla ‘Laetentur Coeli’, dichiarò a suo tempo: “Le anime di coloro che muoiono in peccato mortale attuale o nel solo peccato originale scendono subito all’Inferno ma puniti con pene differenti”. E col termine ‘Inferno’ s’intendeva anche il ‘Limbo’, che si pensava ne costituisse il margine estremo. Si prendeva alla lettera quanto detto da Gesù a Nicodemo: “Se uno non sarà rinato nell’acqua e nello Spirito Santo, non potrà entrare nel Regno di Dio” (Gv 3,5).
– ‘Non potrà entrare nel Regno di Dio’ non significa ‘stare eternamente sulla soglia dell’Inferno’, che sarebbe addirittura l’Antiregno!
– Il ‘grande’ Agostino affermava che i bambini non ancora battezzati fossero destinati alle fiamme dell’Inferno anche se si trattava di ‘fiamme mitissime’, in polemica con Pelagio che invece pensava fossero destinati alla vita eterna, anche perché rifiutava l’idea della trasmissione del Peccato Originale elaborata dal dotto Agostino.
– Bravo Pelagio! Ragionamento che non fa una grinza. Se i bambini non hanno la macchia di quel peccato sono del tutto puri e innocenti, per cui non ha alcun senso escluderli dalla comunione con Dio.
– Il Papa Pio X nel suo ‘Catechismo Maggiore’ ha esercitato la sua autorità papale per dire con imperturbabile sicurezza: “I bambini morti senza Battesimo vanno al Limbo, dove non è premio soprannaturale né pena; perché, avendo il peccato originale, e quello solo, non meritano il Paradiso, ma neppure l’Inferno e il Purgatorio”.
– E così hanno insegnato a mia nonna che ha insegnato a mio padre e soprattutto a me, nipotino ignaro.
– Ah, una cosa importante. Nei Documenti Magisteriali della Chiesa, quali sono i Concili e anche i vari Catechismi, non si trova l’espressa dichiarazione che il Limbo sia eterno, mentre su Inferno e Paradiso il pronunciamento sulla loro ‘eternità’ è avvenuto ripetutamente senza remora alcuna.
– Attualmente come stanno le cose?
– Prima di diventare Papa, nel 1984, il cardinale Ratzinger a Vittorio Messori, che lo intervistava diceva: ‘Il limbo non è mai stato una verità definita di fede. Personalmente lascerei cadere quella che è sempre stata soltanto un’ipotesi teologica’. E diventato Papa ha incaricato la ‘Commissione teologica internazionale’, organismo della ‘Congregazione per la dottrina della fede’ di occuparsi della questione. Nel documento ufficiale, approvato da papa Benedetto XVI nel 2007, il tradizionale concetto di limbo, vale a dire quel luogo dove i bimbi non battezzati vivono per l’eternità senza comunione con Dio, è stato superato perché considerato una ‘visione eccessivamente restrittiva della salvezza’.
– Superato quindi eliminato per sempre? Non esiste? Siamo tranquilli?
– Sì e no. I membri autorevoli della Commissione non hanno osato eliminarlo del tutto perché non apparisse che il Magistero della Chiesa, che per anni lo ha sbandierato, fosse screditato e accusato di creduloneria, superficialità se non addirittura di bugiarderia.
– E allora?
– Da qualche parte devo avere questo libriccino. L’ho scaraventato contro il muro appena ho finito di leggerlo, tanto ero indignato. Ma poi l’ho raccolto e messo in libreria, aspetta, deve essere qui.
– Scaraventato, eh? Dovevi essere ben arrabbiato.
– Puoi ben dirlo. Eccolo, l’ho trovato. Ecco la posizione ambigua di compromesso a cui sono arrivati: “L’insegnamento tradizionale ricorreva alla teoria del Limbo, inteso come stato in cui le anime dei bambini che muoiono senza Battesimo non meritano il premio della visione beatifica, a causa del peccato originale, ma non subiscono nessuna punizione, poiché non hanno commesso peccati personali. Essa rimane quindi un’ipotesi teologica possibile”.
– Ma… l’ipotesi è tenuta in piedi!
– Perché la ‘Dottrina del Peccato Originale’ che viene trasmesso ai bambini non è mai stata messa in discussione. Anzi, è più stabile che mai!
– I Membri della Commissione si sono anche fatti forti dell’insegnamento del Catechismo della Chiesa Cattolica che è stato redatto nel 1992, e compilato dallo stesso Ratzinger quando era Cardinale. Ebbene lì si afferma che ‘i bambini morti senza Battesimo, la Chiesa non può che affidarli alla misericordia di Dio’.
– Ah! ‘Non può che affidarli alla misericordia di Dio’? Che espressione infelice! L’hai riferita testuale?
– Testuale.
– Perché non sono arrivati a dire ‘La Chiesa affida con assoluta certezza i bambini morti senza Battesimo nella braccia misericordiose di Dio’? Perché? Dicendo ‘Non può che affidarli…’ sembra lo faccia a malincuore ‘obtorto collo’, come se fosse costretta.
– Sì, perché la sensibilità è cambiata e deve prenderne atto. Ti leggo le parole conclusive e ne vale la pena perché sono espressione di una reticenza vergognosa da parte sia dei Cardinali della Commissione, sia di Ratzinger ormai Papa Benedetto XVI.
– Reticenza?
– Eh sì. E’ vero che il ‘Limbo’ è solo un’ipotesi teologica, ma è vero che il Magistero questa ipotesi l’ha insegnata, eccome se l’ha insegnata, quindi anche quando si arriva al punto di abbandonarla lo si fa con cautela utilizzando un linguaggio delicato, rispettoso, timido. Non si suona la tromba ma si mette la sordina.
– Invece sarebbe bello che andasse in giro per le strade un trombettiere che a nome del Papa squillasse: ‘Vi annunzio una bella notizia. Il Limbo non esiste, non è mai esistito e tutti i bambini che muoiono senza Battesimo vanno dritti in Paradiso’!
– Ecco la conclusione cardinalizia: “La nostra conclusione è che i molti fattori che abbiamo sopra considerato offrono seri motivi teologici e liturgici per sperare che i bambini che muoiono senza Battesimo saranno salvati e potranno godere della visione beatifica. Sottolineiamo che si tratta qui di motivi di speranza nella preghiera, e non di elementi di certezza”.
– Quando si trattava di affermare l’esistenza del Limbo, anche se non era presentato come un dogma, lo si proclamava come realtà certa, senza titubanze, ora che si arriva a metterlo da parte si parla di ‘speranza’ e si sottolinea che non vi sono ‘elementi di certezza’. Che buffonata!
– Ciò che lascia allibiti è che ci siano voluti duemila anni per arrivare a dire che ‘I bambini morti senza Battesimo la Chiesa non può che affidarli alla misericordia di Dio’. Duemila anni! E ora una chicca: la Chiesa Cattolica ha posto la ‘Festa dei Santi Innocenti’ subito dopo Natale.
– Chi sono?
– Sono i bambini fatti uccidere da Erode quando pensava di potere con questa strage eliminare il neonato Re di Israele annunciato dai Re Magi.
– Ma anche per loro vale la trasmissione del Peccato Originale, no? Come mai sono dichiarati ‘Santi’?
– Infatti. Quindi siamo in presenza di una deroga dall’idea del Limbo e questa variante è molto antica. Per cui oggi c’è chi sostiene che quella sia effettivamente la sorte di tutti i bambini, dato questo precedente storico.
– Interessante escamotage!
– Quindi, oggidì possiamo dire, senza tema di essere spacciati per eretici, con buona pace di tutti, che ogni ‘bambino non battezzato’ va a unirsi subito alla schiera dei Salvati in Paradiso. Il motivo di questa sorte beata è uno solo: ‘Dio è amore e vuole che tutti siano salvi’, e infatti Cristo è venuto per tutti.
– Per me rimane ancora un nodo da risolvere. Abbiamo sistemato i bambini morti senza battesimo… ma sono rimasti tutti gli esseri umani che non hanno conosciuto Cristo, non sanno nulla del Battesimo, non conoscono la Chiesa Cattolica e nessuna Chiesa Cristiana… che ne sarà di loro? Prima tu hai parlato di un ‘Limbo dei Giusti’, mi sembra. Quello esisterebbe ancora?
– Era solo un’ipotesi.
– Ma anche solo come ipotesi… sta ancora in piedi? Dicevi che qualche teologo misericordioso ha inventato questo ‘Limbo dei Giusti’ per sistemarvi i ‘non-cristiani’ che pur ‘non battezzati’ avevano condotto una vita moralmente equa e quindi erano morti in pace con Dio. Non potranno andare in Paradiso con i Beati ma non meritano di essere cacciati nell’Inferno eterno.
– Eh sì. Quello è un grosso problema! In parte è stato risolto, si fa per dire, con lo stratagemma del ‘Battesimo di desiderio’, ossia basta desiderare il Battesimo per salvarsi. Oppure col ‘Battesimo di sangue’, per cui chi testimonia la fede in Cristo fino al martirio, pur non essendo ‘battezzato’, merita il Paradiso. Ma sono mezzucci. E comunque non riguardano tutti quelli che non conoscono affatto Cristo, né la necessità del Battesimo per salvarsi.
– Quindi?
– Ci soccorre san Paolo e poi anche il Concilio Vaticano II. Cominciamo dal buon Paolo che scriveva ai Romani queste equilibrate parole: “Non coloro che ascoltano la legge sono giusti davanti a Dio, ma quelli che mettono in pratica la legge saranno giustificati. Quando i pagani, che non hanno la legge, per natura agiscono secondo la legge, essi, pur non avendo legge, sono legge a se stessi; essi dimostrano che quanto la legge esige è scritto nei loro cuori come risulta dalla testimonianza della loro coscienza e dai loro stessi ragionamenti, che ora li accusano ora li difendono. Così avverrà nel giorno in cui Dio giudicherà i segreti degli uomini per mezzo di Gesù Cristo, secondo il mio vangelo” (Rm 2,12-16). Che ne dici?
– Mi sembra sia una ‘regola aurea’ per giudicare il comportamento degli esseri umani. Non c’è neanche bisogno del ‘giudizio di Dio’ visto che ciascuno è in grado di giudicarsi da sé avendo la ‘Legge scritta nel proprio cuore’. Nessuno escluso, tutti uguali, tutti nella stessa condizione, nessuno ignorante, tutti sapienti.
– E qual è secondo te questa ‘Legge scritta nel cuore’ di ogni essere umano in grado di guidare la sua coscienza?
– La ‘Legge di Dio’, no? La Legge che Dio ha dato a Mosè ma che è già presente nella nostra interiorità.
– Sì, proprio così. Approfondiremo molto questa ‘Legge’ che io chiamo la ‘Legge dell’Essere’ ed è patrimonio di ogni essere umano, anzi di ogni creatura vivente perché connaturale all’essere di tutto il creato. Per ora è sufficiente dire quello che sostiene san Paolo, per cui i ‘giusti’ sono coloro che osservano questa Legge, e quindi sono ‘giustificati’, diciamo pure salvati.
– Ma se con la parola ‘salvezza’ s’intende non il generico ‘finire in Paradiso’ ma conseguire la ‘Pienezza dell’Essere’ che coincide con la ‘Divinizzazione’…non basta essere ‘giusti’, bisogna raggiungere la perfezione di Cristo.
– Sì, infatti e si tratta di un lungo ‘iter’ che si può realizzare solo mediante vite successive. Siamo arrivati, se ben ricordi, a questa conclusione.
– Già. Dato che la ‘Divinizzazione’ è l’evoluzione che tutte le creature percorrono per giungere alla ‘Ricapitolazione in Cristo’… l’unica via possibile è quella delle ‘Reincarnazioni successive’.
– E questo vale per i ‘Cristiani’ e per i ‘Non-Cristiani’, per i ‘credenti e per gli atei’, per chi segue una qualsiasi religione e chi non ne ha nessuna. Questa è la condizione umana pura e semplice in cui ognuno non può evitare di rapportarsi con l’Essere Unico.
36. Salvezza dei ‘Non Cristiani’
– Dicevi che anche il Concilio contiene qualche affermazione in tal senso.
– Sì, certo, nella ‘Lumen Gentium’ nel capitolo dedicato al ‘Popolo di Dio’, che sarebbe poi l’Umanità che entra a far parte della Nuova Creazione: “Quanto a quelli che non hanno ancora ricevuto il Vangelo, anch’essi in vari modi sono ordinati al popolo di Dio”.
– Non hanno ricevuto il Vangelo e quindi neanche il Battesimo. Ma che cosa intendono dire con l’espressione ‘ordinati al Popolo di Dio’? E’ un po’ vaga, non ti sembra?
– Lascia aperta la possibilità che vi entrino a far parte oppure no. Dipende da come si attengono alla Legge inerente alla loro Religione.
– Quindi ‘salvati’ e ‘non salvati’, la divaricazione sussiste sempre.
– Eh sì. Per il Magistero sì. Per noi è una divaricazione provvisoria destinata a scomparire. Per primi sono presi in considerazione coloro che appartengono al popolo ebraico: In primo luogo quel popolo al quale furono-dati i testamenti e le promesse e dal quale Cristo è nato secondo la carne (Rm 9,4-5), popolo molto amato in ragione della elezione, a causa dei padri, perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili (Rm 11,28-29)” (LG n.16,a).
– Chiamata ‘irrevocabile’ a cui si può rispondere di no.
– Ovvio, ma alla fine si arriverà a dire sì. Ora però lasciami procedere, tanto abbiamo chiarito che la pensiamo diversamente dal Magistero Cattolico. Per noi c’è la prospettiva della ‘salvezza universale’, per loro no. Per noi vale quello che ha scritto Paolo: “Dio, nostro salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità” (1Tm 23-4). Questa è la ‘volontà di Dio’ e la perseguirà fino alla fine, pur nel rispetto della libertà individuale.
– Certo, le sue strategie, diciamo pure le sue astuzie, i suoi stratagemmi per convincerci lasciandoci perfettamente liberi.
– Ora ecco che i Padri Conciliari si occupano dei ‘Mussulmani’: “Ma il disegno di salvezza abbraccia anche coloro che riconoscono il Creatore, e tra questi in particolare i musulmani, i quali, professando di avere la fede di Abramo, adorano con noi un Dio unico, misericordioso che giudicherà gli uomini nel giorno finale”.
– Dio Creatore Unico e misericordioso…condurrà tutti loro alla ‘salvezza’.
– E ora si occupano di tutti gli altri, ecco come si esprimono: “Dio non è neppure lontano dagli altri che cercano il Dio ignoto nelle ombre e sotto le immagini, poiché egli dà a tutti la vita e il respiro e ogni cosa (At 1,7,25-26), e come Salvatore vuole che tutti gli uomini si salvino (1 Tm 2,4)”.
– Ottimo riconoscimento. Io direi però che ‘Dio è vicino a tutti’, mentre l’espressione ‘non è lontano’ rimarca una certa lontananza, che ne dici?
– Sai, vogliono distinguere la posizione dei cattolici molto vicini a Dio rispetto agli altri, soprattutto questi raminghi nel mondo, che vagano alla ricerca del ‘Dio ignoto’. Ora spiegano perché tutti possono conseguire la ‘salvezza’. Ascoltali attentamente: “Infatti, quelli che senza colpa ignorano il Vangelo di Cristo e la sua Chiesa, ma che tuttavia cercano sinceramente Dio e coll’aiuto della grazia si sforzano di compiere con le opere la volontà di lui, conosciuta attraverso il dettame della coscienza, possono conseguire la salvezza eterna” (LG n.16,b).
– Qui si sente il riferimento a quello che ha scritto san Paolo ai Romani.
– Infatti. Dio si occupa di tutti: “Né la divina Provvidenza nega gli aiuti necessari alla salvezza a coloro che non sono ancora arrivati alla chiara cognizione e riconoscimento di Dio, ma si sforzano, non senza la grazia divina, di condurre una vita retta”. Ecco qui c’è un’impostazione dalla quale io dissento fortemente.
– Dio forse nega a qualcuno ‘gli aiuti necessari alla salvezza’?
– No, no. Ci mancherebbe altro! Dio provvede per tutti, ma bisogna considerare che già la ‘legge nel cuore di ogni essere umano’ è l’aiuto principale ed è costitutiva. Non c’è bisogno di aiuti supplementari per ‘condurre una vita retta’, ossia in armonia con la ‘Legge inscritta nell’essere di ogni persona’. Invece dire ‘coll’aiuto della grazia di Dio’ oppure ‘non senza la grazia divina’, aggiunge un elemento in più che mette in evidenza che l’impegno personale non basta. Ecco il punto. E questa mentalità nasce dalla convinzione che dopo il ‘Peccato Originale’ negli esseri umani ci sia una debolezza di fondo, anzi una reale incapacità di osservare la ‘Legge’, quindi di essere ‘giusti’ per realizzare l’armonia con Dio.
– Ho capito. Ma allora questa concezione annulla quanto asserisce Paolo!
– Ecco perché la rifiuto. E ora ecco un’osservazione interessante: “Poiché tutto ciò che di buono e di vero si trova in loro è ritenuto dalla Chiesa come una preparazione ad accogliere il Vangelo e come dato da colui che illumina ogni uomo, affinché abbia finalmente la vita”. Dio ‘illumina ogni uomo’ e lo indirizza alla vita, s’intende alla vita eterna. Buono, no?
– Il Vangelo e la ‘Legge inscritta nel cuore’ vanno d’accordo quindi chi segue quella Legge è già aperto alla vita.
– E ora attento bene. C’è un ‘ma’ che ha qualcosa d’insormontabile: “Ma molto spesso gli uomini, ingannati dal maligno, hanno errato nei loro ragionamenti e hanno scambiato la verità divina con la menzogna, servendo la creatura piuttosto che il Creatore (Rm 1,21 e 25), oppure, vivendo e morendo senza Dio in questo mondo, sono esposti alla disperazione finale”. Chiaro? Dio da una parte ‘illumina ogni uomo’ ma il ‘Maligno’ da parte sua li inganna in molteplici modi. Terribile poi quel riferimento alla ‘disperazione finale’.
– Che cos’è?
– Quello che si presume possa accadere in punto di morte, ovvero che in quell’istante non si ponga nessuna speranza in Dio e appunto si entri in una forma di ‘disperazione’ senza scampo.
– Ma è un’ipotesi o è possibile?
– Per me è solo un’invenzione per convincere i refrattari a convertirsi almeno all’ultimo. Una strategia psicologica perché si mandi a chiamare il prete per la cosiddetta Estrema Unzione.
– Mi stava venendo lo stesso sospetto, pensando a tanti impenitenti che alla fine chiamano il Prete… perché non si sa mai, vi fosse qualcosa o qualcuno di là…
– Ecco allora che tutti questi rischi a cui sono esposti gli esseri umani giustificano la missionarietà della Chiesa Cattolica. Dopo aver affermato che chi va a tentoni, chi appartiene ad altre religioni, chi ha la luce nel cuore può incamminarsi verso la salvezza… sembra che non abbia senso affaticarsi a portare ovunque il Vangelo.
– Infatti, stavo riflettendo proprio a questo.
– Ma tutti gli esseri umani sono ‘spesso ingannati dal maligno, errano nei loro ragionamenti e scambiano la verità divina con la menzogna’, per cui è necessario che siano illuminati dalla luce del Vangelo…
– Vale a dire, dalla Dottrina della Chiesa Cattolica.
– Appunto. Ed ecco allora la conclusione: “Perciò la Chiesa per promuovere la gloria di Dio e la salute di tutti costoro, memore del comando del Signore che dice: “Predicate il Vangelo ad ogni creatura” (Mc 16,15), mette ogni cura nell’incoraggiare e sostenere le missioni”.
– E così la ‘salvezza’, è maggiormente garantita.
– E soprattutto controllata da Santa Madre Chiesa!
– Abbiamo liquidato l’Inferno Eterno salvando però il Paradiso Eterno, giusto?
– Sì, ma con l’espressione ‘Paradiso’ indichiamo una condizione generica e anche provvisoria. Perché la destinazione finale è la ‘Nuova Creazione’ in cui si realizzerà la ‘Divinizzazione Integrale’ di ogni essere umano, ossia la sua ‘Divinizzazione’ in una Creazione totalmente divinizzata. Per cui chi ha completato la sua trasformazione spirituale e psichica, pur essendo in comunione con Dio, è in attesa della ‘Parusia’ del Cristo il quale ‘Ricapitolerà in sé’ tutte le realtà visibili e invisibili. E questo non avverrà così presto come pensavano Paolo e Pietro e anche l’Autore dell’Apocalisse e i primi cristiani.
– Dei cosiddetti ‘Novissimi’ … in definitiva che cosa rimane in piedi?
– Come sai con l’espressione ‘Novissimi’ s’intendono i fatti che accadono nell’ultimo istante, subito dopo la morte, e sono ‘Morte, Giudizio, Inferno e Paradiso’.
– Non vengono nominati né il Limbo, né il Purgatorio.
– Nella Dottrina Cattolica si spiega che con la morte fisica l’anima si separa dal corpo e subisce immediatamente un ‘Giudizio Particolare’, vale a dire un verdetto in base alla condotta in vita, per cui viene spedita all’Inferno, al Purgatorio o al Paradiso.
– Concezione oltremodo semplicistica.
– L’essere umano, come sai, è costituito di ‘spirito, anima e corpo’. Questa è la vera concezione antropologica rivelata dalla Scrittura sia nel Vecchio Testamento che nel Nuovo. Per cui la sorte dell’anima è diversa da quella dello spirito. L’anima rimane qui: è una struttura che appartiene a questa dimensione ed è costituita da una energia ‘non fisica’ ma ‘eterica’. Si dissolve come il corpo fisico. Chi entra nel cosiddetto ‘Aldilà’ è lo spirito, che costituisce l’essere personale immortale.
– Quindi è lo spirito individuale che deve evolversi fino a conseguire la piena ‘Divinizzazione’.
– Che però, conviene ribadirlo, non può essere realizzata nell’arco di una sola vita. Per cui la conclusione a cui siamo pervenuti nella nostra conversazione è quella della necessità della ‘Reincarnazione’, ovvero di ‘Reincarnazioni successive’ in cui sia possibile rimediare alle proprie malefatte ma anche e soprattutto continuare il ‘processo di divinizzazione’ fino al compimento. E non è cosa da poco!
37. Santi canonizzati
– Mi viene il dubbio che tutti i cosiddetti ‘Santi’ che la Chiesa Cattolica ritiene siano già sistemati in Paradiso, dico quel ‘Paradiso provvisorio’ di cui hai parlato, non abbiamo davvero compiuto il loro personale ‘processo di Divinizzazione’. Che ne pensi?
– Dubbio? Ma io ho la certezza che tanti ‘Santi canonizzati’ dalla Gerarchia Cattolica non abbiano raggiunto le cosiddette ‘vette della santità’. Che cos’è mai la ‘santità’? Solo Dio è santo, ossia perfetto ed è perfetto proprio in quanto Dio. Quindi ogni essere umano, secondo il Progetto di Dio, non ha la prospettiva di raggiungere semplicemente la ‘perfezione umana’ ma deve realizzare la ‘perfezione divina’, cioè ‘diventare Dio’, il che non è poco.
– Allora mi fai venire il sospetto che parecchi, se non molti, dei Santi Canonizzati, non avendo davvero raggiunto la perfezione, siano tornati sulla terra a realizzarla in vite successive, invece di starsene in panciolle beatamente adagiati sugli scranni del Paradiso.
-E’ un’idea molto simpatica e divertente e potrebbe davvero corrispondere alla realtà.
– Mi sembra che le credenziali per essere ‘canonizzato santo’ siano l’esercizio eroico della fede, della speranza e della carità. ‘Eroico’ non vuol dire ‘divino’ ma caratterizza un agire umano eccezionale, al limite delle proprie capacità.
– Infatti. Il ‘processo di divinizzazione’ comincia con la trasformazione dello spirito umano personale, che è ‘spirito con misura’, nello ‘spirito senza misura’ del Figlio di Dio. Questo avviene nel Battesimo ricevuto in modo consapevole. E come procede questo processo o sviluppo? Facendo ‘atti divini’ che sono espressione delle tre ‘virtù divine’ della fede, speranza e carità.
– Queste tre virtù già appartengono alla persona umana e possono essere vissute eroicamente.
– Hanno lo stesso nome ma si tratta di due dimensioni diverse. C’è somiglianza ma non identità. Ogni essere umano possiede in sé le ‘tre virtù umane’ che sono ‘fede, speranza e carità’ e ogni Figlio di Dio possiede le ‘tre virtù divine’ che sono ‘fede, speranza e carità’. Purtroppo in ambito cattolico, nella stessa dottrina e teologia cattolica, si fa una gran confusione tra dimensione umana e dimensione divina.
– Le tre virtù vengono dette ‘teologali’. Che significa?
– Significa che hanno per ‘oggetto Dio’. Ma se questo va bene per le virtù umane rivolte verso Dio, per i Figli di Dio sono insufficienti. Infatti io le ho definite ‘divine’ perché hanno ‘Dio per soggetto’, in quanto sono vissute dai Figli di Dio. Ed è proprio il loro esercizio che li fa crescere divinamente. Come per lo sviluppo umano occorre compiere ‘atti umani’ così per lo sviluppo divino, che è appunto la ‘divinizzazione’, è necessario compiere ‘atti divini’. E’ chiaro ora?
– Sì, è chiaro che davvero nella mentalità cattolica c’è una gran confusione tra umano e divino!
– E il motivo è semplice. La dottrina cattolica, pur affermando che con il Battesimo diventiamo ‘Figli di Dio’, non dà a questa espressione un senso reale. Infatti, secondo questa Dottrina, viene tolto il Peccato Originale e si torna semplicemente alla condizione in cui si trovavano Adamo ed Eva prima del peccato. Un condizione di ‘perfezione umana’ che non sarà mai ‘perfezione divina’!
– Mi viene in mente un passo della Prima Lettera di Giovanni che con semplicità smonta tutta questa impalcatura teologica fasulla. Ecco, è questo: “Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! La ragione per cui il mondo non ci conosce è perché non ha conosciuto lui. Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è” (1Gv 3,1-2). Ma chi ha formulato quella dottrina… ha mai letto queste parole?
– E’ interessante il fatto che dica ‘chiamati figli di Dio’ ma aggiunga, a scanso d’interpretazioni riduttive, ‘e lo siamo realmente’. Ecco, i saputelli che hanno elaborato la Dottrina Cattolica riguardo al Battesimo hanno annullato questa rivelazione chiara, semplice, nitida con le fumoserie del Peccato Originale e soprattutto con la negazione che gli esseri umani siano destinati, nel piano divino, a diventare ‘realmente Figli di Dio’!
– Chiarito questo, torniamo al ‘processo di divinizzazione’ che è senz’altro lento e laborioso. E se osserviamo come vivono le persone oggi, siano esse cattoliche o no, constatiamo che non presentano sufficienti ‘sintomi di divinità’. Anzi, in certi casi, per quello che fanno e per come vivono, sembra vivano addirittura al limite dell’umano.
– Eh sì, spesso nel mondo avvengono fatti così efferati, situazioni di crudeltà inaudita, guerre e contese di ogni genere, e sono persone precise che mettono in atto tutto questo. E spesso non risulta che ci siano ripensamenti o pentimenti, cambiamenti di vita che in qualche modo possano riequilibrare le azioni malvage commesse.
– E allora? Lo spirito di chi ha commesso crimini gravi porta in sé questi squilibri. E dove andrà, visto che non c’è alcun Purgatorio e nessun Inferno?
– Non c’è nessun ‘Inferno Eterno’ e il ‘Purgatorio cattolico’ è inaccettabile perché pone gli spiriti in condizione di passività, privandoli del ‘libero arbitrio’, quindi della capacità di compiere azioni responsabili per il loro riscatto. Per questo ho parlato di ‘Inferno Pedagogico’.
– Già sulla terra…ma anche dopo la morte.
– Sì, chi compie trasgressioni alla Legge dell’Essere, che è Amore, già mentre è in vita sulla terra ne subisce le conseguenze perché si renda conto di aver sbagliato, possa pentirsi e cambiare. Questo è davvero un ‘Inferno Pedagogico’ anteriore alla morte.
– Ma per chi non ha maturato decisioni sagge ed è morto così come è vissuto?
– Ecco la prosecuzione anche nell’aldilà dello stesso ‘Inferno Pedagogico’. Lo spirito personale staccato dal corpo vede con chiarezza la gravità delle proprie azioni inique ed è indotto a prenderne coscienza. La riflessione dello spirito produce sofferenza proporzionata alle colpe di cui uno si è macchiato. Questa consapevolezza porta al pentimento e alla volontà di rimediare.
– Dove? Come?
– La soluzione più ovvia è che avvenga in una vita successiva. Stando su questa terra, in questo mondo, hai compiuto il ‘male’ e allora qui devi tornare a riparare, per riequilibrarlo con una proporzionata misura di ‘bene’.
– Anche a me sembra ovvio che si debba rimediare al male fatto là dove lo si è fatto. Anzi, più che ovvio, direi che è giusto. Chi ha contratto uno o più debiti con l’umanità…può e deve riparare nei confronti dell’Umanità.
– Anche perché l’Essere Unico, come ti ho detto, s’identifica con l’Umanità. I tuoi ‘peccati’, che sono poi le ‘trasgressioni’ con cui ha assecondato le tue tendenze egoistiche, hanno colpito te stesso, gli altri e Dio allo stesso modo.
– Quindi dopo un tempo di riflessione, pentimento e desiderio di rimediare… si torna a vivere nella dimensione umana.
– Esattamente. Questo è l’insegnamento di quasi tutte le tradizioni religiose del mondo. Troviamo la concezione della ‘Reincarnazione’ nell’Induismo, nel Taoismo, nel Buddismo e particolarmente nel Buddismo Tibetano.
– Mi viene in mente Platone che credeva nella ‘Metempsicosi’.
– Esempio insigne, a cui aggiungere anche Pitagora. Gli Egizi credevano alla ‘Reincarnazione’ e anche i Celti. Una cultura, come vedi, che spazia dal nord al sud, dall’est all’ovest ed è presente in tutte le Civiltà.
– Queste notizie storiche non fanno che avvalorarla.
– Indubbiamene. Nell’Ebraismo si credeva nel ‘Gilgul’ che significa ‘Trasmigrazione’. Nell’Islamismo i Sufi avevano chiaro il concetto di ‘Tanasuk’ in cui cui si fondono la ‘Preesistenza delle anime’ e la ‘Trasmigazione’.
– Interessante!
– Tra gli Arunda, un gruppo aborigeno dell’Australia centrale, che vive ancor oggi in modo simile a quella che è chiamata ‘Età della Pietra’, si ritrova la credenza nella Reincarnazione. Spostiamoci in Africa e la ritroviamo nelle tribù degli Yoruba, dei Bantu e degli Zulu. Ma anche i Nativi Americani e persino gli Eschimesi dell’Alaska credono alla ‘Reincarnazione’.
– Insomma è diffusa proprio dappertutto!
– E infine troviamo conferme anche nella Bibbia, sia nel Vecchio che nel Nuovo Testamento. Ti ho fatto una carrellata un po’ disordinata ma veritiera, fondata su studi antropologici ed etnici e anche sui Testi Sacri delle varie religioni. E ti assicuro che la credenza nella ‘Reincarnazione’, modulata in varie forme, è ancora più ampia.
– Tutto questo è molto convincente. Però in questo momento mi si è affacciata nella mente un’ipotesi che voglio presentarti perché tu mi dia una mano a superarla.
– Se posso… volentieri. Dimmi pure.
– Si potrebbe supporre che dopo la morte gli spiriti non tornino qui sulla terra, come ritiene la ‘Dottrina della Reincarnazione’ ma vadano in una condizione simile a questa in cui rimediare ai danni provocati dai loro comportamenti sbagliati. Quindi … niente ‘Reincarnazione’. Che ne pensi?
– Questa ipotetica condizione non può comunque essere il ‘Purgatorio Cattolico’ perché lì non si possono più compiere atti meritori, ma si subisce soltanto una ‘purificazione passiva’.
– Già, mentre è evidente che se si vuole davvero cambiare, se si vuole procedere verso la perfezione, anzi addirittura raggiungere la ‘Divinizzazione’, bisogna impegnarsi con tutto il proprio essere in modo consapevole e volontario.
– E allora invece di fantasticare ad una situazione ipotetica che sia simile a quella della terra…perché non pensare con semplicità ad un ritorno proprio qui dove possiamo rimediare errori e trasgressioni e soprattutto proseguire il ‘processo di divinizzazione’ iniziato qui? Non sembra anche a te la soluzione più ovvia, direi più naturale?
– Sì, è vero, mi hai offerto una motivazione adatta a dissolvere questa mia idea un po’ fantastica.
– Mi sembra che tu stia annaspando nel tentativo di resistere alla concezione della ‘Reincarnazione’, ma ormai credo sia evidente anche a te che non hai più obiezioni plausibili. O mi sbaglio?
– Vedi, la difficoltà più grande per un cattolico per arrivare ad accettare serenamente la ‘Reincarnazione’ credo sia proprio il rifiuto netto del Magistero della Chiesa Cattolica, anzi la sua condanna.
– Sì, ma i saccenti ‘Dottori Cattolici’, che giudicano tutto e tutti, per respingere la ‘Reincarnazione’ si fondano su argomenti inconsistenti e pretestuosi. Ad esempio enfatizzano questo passaggio della Lettera agli Ebrei: “E’ stabilito per gli uomini che muoiano una sola volta, dopo di che viene il giudizio” (Ebr 9,27). Come se bastasse un solo passo mentre ce ne sono parecchi altri, nella stessa Bibbia, che confermano la ‘Reincarnazione’.
– Hai qualche esempio a portata di mano?
– Certamente. La testimonianza di Gesù riguardo alla vera identità di Giovanni, suo cugino. Eccola: “La Legge e tutti i Profeti infatti hanno profetato fino a Giovanni. E se lo volete accettare, egli è quell’Elia che doveva venire. Chi ha orecchi intenda” (Mt 11,13-15). A quanto pare i ‘Dottori Cattolici’, come ai tempi di Gesù i ‘Dottori della Legge’, non ‘hanno orecchi per intendere’.
– Ma è pur vero che: ‘Non c’è peggior sordo di chi non vuole sentire’.
– Altro esempio. Ascolta: “Essendo giunto Gesù nella regione di Cesarèa di Filippo, chiese ai suoi discepoli: ‘La gente chi dice che sia il Figlio dell’uomo?’. Risposero: – Alcuni Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti» (Mt 16,13-14). Come vedi tra gli Ebrei all’epoca di Gesù la credenza che spiriti dei defunti tornassero a vivere come esseri umani era del tutto normale.
– Offrimi ancora un esempio così abbiamo tre brani evangelici contro quell’unico passo della Lettera agli Ebrei.
– Richiesta esaudita. Ecco qua: “Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: ‘Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché egli nascesse cieco?’. Rispose Gesù: – Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio” (Gv 9,1-3). E’ evidente che i discepoli credevano alla ‘Reincarnazione’ altrimenti non avrebbero fatto quella domanda.
– Già, come e quando potrebbe aver peccato un bambino che nasce cieco? Nel grembo di sua madre?
– E nota che Gesù non rimprovera i discepoli che mostrano di credere alla ‘Reincarnazione’, anzi dicendo che il cieco ‘non ha peccato’ avalla l’idea che la sua menomazione non dipenda affatto da colpe compiute in una vita antecedente… Ma in questo modo avalla la sua ‘preesistenza’.
– Perfetto! Tre citazioni scritturali, e per giunta offerte da Cristo, a favore della ‘Reincarnazione’… contro soltanto una che la nega.
– Allora… sei persuaso ? Credi o non credi alla ‘Reincarnazione degli spiriti personali’?
– Questi ultimi esempi tratti dal Vangelo, in cui Gesù stesso si pronuncia, sono stati per me decisivi, illuminanti e direi francamente… disarmanti.
– La ‘Reincarnazione’ è direttamente connessa alla ‘Preesistenza degli spiriti’, che nella tradizione cattolica, come ti ho fatto notare, vengono chiamati ‘anime’.
– Sì, è evidente il collegamento. Se uno ‘spirito’ si reincarna, cioè torna a vivere nella dimensione umana, significa che esisteva già. E’ ovvio.
– Infatti Origene credeva non solo nella ‘Reincarnazione’ ma anche nella ‘Preesistenza delle anime’, ovvero degli ‘spiriti’. Che ovviamente il Magistero rifiuta e condanna. Lo ha fatto con un pronunciamento solenne dogmatico nel 533 nel II Concilio di Costantinopoli.
– Se le anime o spiriti, che dir si voglia, non ‘preesistono’ non ha senso parlare di ‘reincarnazione’.
– Infatti. Ma Paolo scriveva agli Efesini: “Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo, secondo il beneplacito della sua volontà” (Ef 1,3-6).
– Già ti sei riferito a questo brano quando mi hai esposto quella straordinaria concezione, che ancora mi fa girare la testa, in cui la decisione di entrare nell’esistenza è stata anche nostra, non solo di Dio. Frutto di collaborazione… che cosa paradossale!
– L’Essere Unico ci vuole protagonisti fin dall’origine perché siamo ‘in lui’ anzi ‘siamo lui’, capisci? Per questo non ci impone nulla… aspetta che le scelte scaturiscano da noi che ci ha costituiti con il suo stesso ‘Essere’.
– Ecco perché Paolo dice che Dio Padre ‘ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo’. Noi esistevamo già nel Figlio, prima ancora di arrivare su questa terra!
– Infatti queste ‘benedizioni spirituali’ ci sono state date ‘nei cieli’ ossia nella dimensione divina, e ‘in Cristo’ cioè nella nostra misteriosa condizione di ‘Figli nel Figlio’, anteriore all’esistenza nella dimensione umana, qui sulla terra.
– Quindi parla di ‘benedizioni spirituali’ perché le abbiamo ricevute quando eravamo soltanto ‘spiriti’.
– E dato che Paolo dice chiaramente che il Padre ‘ci ha scelti in Cristo prima della creazione del mondo’ abbiamo la rivelazione della ‘Preesistenza degli spiriti umani’, checché ne dica il Magistero e qualunque dogma voglia affermare il contrario. Come poteva ‘sceglierci’ se non fossimo esistiti?
– Infatti, è ‘lapalissiano’! A volte anche la logica ha i suoi meriti.
– E allora affermiamo in tutta tranquillità, basandoci sulla Scrittura, la ‘Preesistenza degli spiriti’ e la loro ‘Reincarnazione’, finalizzata come sappiamo sia a rimediare ciò che si è compiuto di negativo nelle vite precedenti, ma soprattutto per procedere speditamente nel meraviglioso ‘Processo di Divinizzazione’, che l’Essere Unico desidera per tutti indistintamente.
– Sì, è la prospettiva che ormai mi ha conquistato ed è la migliore in vista delle Resurrezione… io sto con te!
– Finalmente! Ma ora fermiamoci qui. Avremo ancora occasione, nelle prossime conversazioni, di parlare della Reincarnazione esaminando tutti i pro e i contro, ma non possiamo affrontare tutto in questo nostro primo incontro.
– D’accordo, e per ora mi basta.
– Bene. Allora concludiamo ora l’esame di quanto vuole imporci il Magistero e torniamo al Catechismo che ci annuncia nientemeno che il ‘Giudizio Finale’.
– Va bene, torniamo alla lezione di Catechismo, ne ho subite tante, una più, una meno.
– Sì, ma questo è autorevole. Ci viene impartita direttamente dai massimi vertici della Gerarchia.
– Già, i Cardinali… ma abbiamo già visto quanto questi ‘Cardinali’ cigolino sui ‘cardini’…
– Simpatica battuta.
– Devo confessarti che scorrendo queste pagine del Catechismo che a loro volta propongono anche testi della Sacra Scrittura, però interpretati in modo arbitrario, sto maturando la convinzione che io, personalmente ‘Non voglio dare nulla per scontato e passare tutto al vaglio di una critica rigorosa senza farmi condizionare dalla reputazione di alcuno, sia esso Cardinale, Teologo, Papa o anche Scrittore Sacro’!
– Ottima decisione che condivido in pieno anche perché io l’ho presa da tempo.
38. Il Giudizio Finale
– Bene, andiamo avanti.
– E ora affrontiamo il ‘Giudizio finale’ Catechismo alla mano.
– Sì, hai ragione, è meglio essere preparati al grande evento.
– Spiritoso! Lo affrontiamo per criticarlo e anche smontarlo, se occorre. Ecco quello che ci viene ammannito: “La risurrezione di tutti i morti, ‘dei giusti e degli ingiusti’ (At 24,15), precederà il Giudizio finale. Sarà ‘l’ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce (del Figlio dell’Uomo) e ne usciranno: quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna” (Gv 5,28-29). Allora Cristo ‘verrà nella sua gloria, con tutti i suoi angeli. E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna’ (Mt 25,31; Mt 25,32; Mt 25,46)” (1038).
– Certo che siamo in presenza di descrizioni semplicistiche e metaforiche. ‘Coloro che sono nei sepolcri udranno la voce del Figlio dell’Uomo e ne usciranno’. Ma nei sepolcri ci sono solo resti in decomposizione e ossa calcificate! Le anime dei morti, anzi i loro spiriti, non sono sotto terra e quindi non usciranno da lì per risorgere. Queste sono immagini puerili.
– Sì, è vero. Ma dato che per l’Evangelista Giovanni sono parole pronunciate da Gesù vengono riportate testualmente.
– Davvero sono nel Vangelo di Giovanni?
– Eccole. Leggile tu stesso.
– “In verità, in verità vi dico: è venuto il momento, ed è questo, in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio, e quelli che l’avranno ascoltata, vivranno. Come infatti il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso al Figlio di avere la vita in se stesso; e gli ha dato il potere di giudicare, perché è Figlio dell’uomo. Non vi meravigliate di questo, poiché verrà l’ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e ne usciranno: quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna” (Gv 5,25-29). Davanti all’autorità di Giovanni, prendo atto e mi arrendo.
– Eh no! Caro mio, sei in aperta contraddizione con quanto hai appena detto.
– Cioè?
– Te lo devo ricordare io? Hai detto: ‘Non voglio farmi ingannare dalla reputazione di alcuno, sia esso Papa o Scrittore Sacro’. L’hai detto tu, no?
– Sì è vero. E Giovanni è uno ‘Scrittore Sacro’ e il suo Vangelo è di certo il più prestigioso.
– E così quello che lui scrive lo dobbiamo prendere per ‘oro colato’ cioè in modo ‘acritico’, cioè ‘alla lettera’?
– Hai ragione. Grazie del richiamo. Ma sono disorientato. Vuoi mettere in dubbio ciò che dice Giovanni?
– Certo. Anche lui mette in bocca a Gesù espressioni puerili, semplicistiche. Nei sepolcri non c’è nessuno. Gesù lo sa. Se usa quell’immagine forse è per adattarsi a chi lo ascolta. Dai sepolcri non uscirà nessuno. Ma quello che è più grave è l’affermazione: ‘Quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna’.Io questo non lo accetto. Non accetto la ‘resurrezione di condanna’. E non credo che l’abbia veramente pronunciata Gesù. Anche il Vangelo di Giovanni non è un ‘assoluto’ e non dobbiamo quindi ‘assolutizzarlo’. Sei d’accordo?
– Ne abbiamo già parlato, mi sembra commentando il numero 996 del Catechismo.
– No, era il numero 998.
– Comunque non l’accetto neppure io, chiunque l’abbia detto o scritto, ma sono certo che Gesù Cristo non può aver detto una cosa del genere. Se ci sarà una ‘Resurrezione’ coinvolgerà tutti gli esseri umani che attraverso peripezie e innumerevoli occasioni arriveranno a conoscere Cristo per entrare in comunione con Lui. Non vedo altra prospettiva degna di Dio. Punto e basta.
– Allora vediamo che altro intendono proporci: “Davanti a Cristo che è la Verità sarà definitivamente messa a nudo la verità sul rapporto di ogni uomo con Dio (Gv 12,49). Il Giudizio finale manifesterà, fino alle sue ultime conseguenze, il bene che ognuno avrà compiuto o avrà omesso di compiere durante la sua vita terrena: ‘Tutto il male che fanno i cattivi viene registrato a loro insaputa. Il giorno in cui Dio non tacerà (Sl 50,3). Egli si volgerà verso i malvagi e dirà loro: “Io avevo posto sulla terra i miei poverelli, per voi. Io, loro capo, sedevo nel cielo alla destra di mio Padre, ma sulla terra le mie membra avevano fame. Se voi aveste donato alle mie membra, il vostro dono sarebbe giunto fino al capo. Quando ho posto i miei poverelli sulla terra, li ho costituiti come vostri fattorini perché portassero le vostre buone opere nel mio tesoro: voi non avete posto nulla nelle loro mani, per questo non possedete nulla presso di me (Sant’Agostino, Sermones, 18, 4, 4: PL 38, 130-131)” (1039).
– L’immagine che usa Sant’Agostino dei ‘poveri come fattorini’ è veramente puerile. Dice addirittura ‘Io avevo posto sulla terra i miei poverelli per voi’. I poveri sarebbero ‘strumentalizzati da Cristo’ in questo modo? Ma i poveri, i bisognosi, gli indigenti sono la condizione di molti esseri umani sulla terra. Cristo si identifica con loro ma non li pone in quella condizione per valutare il nostro comportamento. Dato che ci sono i poveri è determinante il modo con cui ci rapportiamo a loro.
– Ecco che quello che nella Chiesa Cattolica è sempre stato ‘Ipse dixit’, il Grande Agostino, ora lo hai giudicato in base a quello che dice e non alla sua reputazione. L’abbiamo già fatto altre volte, ma ora l’hai fatto tu autonomamente. Me ne compiaccio. Procediamo: “Il Giudizio finale avverrà al momento del ritorno glorioso di Cristo. Soltanto il Padre ne conosce l’ora e il giorno, egli solo decide circa la sua venuta. Per mezzo del suo Figlio Gesù pronunzierà allora la sua parola definitiva su tutta la storia. Conosceremo il senso ultimo di tutta l’opera della creazione e di tutta l’Economia della salvezza, e comprenderemo le mirabili vie attraverso le quali la Provvidenza divina avrà condotto ogni cosa verso il suo fine ultimo. Il Giudizio finale manifesterà che la giustizia di Dio trionfa su tutte le ingiustizie commesse dalle sue creature e che il suo amore è più forte della morte (Ct 8,6)” (1040).
– Qui c’è molto da criticare. Frasi pesanti come macigni che, se prese in senso letterale sono agghiaccianti, e non promettono nulla di buono. Ora se sei d’accordo proverò a contestarle una ad una.
– Sono pronto a darti una mano. Vedi, ora sono al tuo fianco e non davanti a te.
– Grazie. Dunque comincio da qui: ‘Gesù pronunzierà allora la sua parola definitiva su tutta la storia’. Mi sembra un po’ minacciosa questa ‘parola definitiva’.
– Infatti è il ‘giudizio di Cristo’ sulla storia e le storie di tutti gli esseri umani.
– Sì, ma non è chiaro se sia una ‘definitiva parola’ di benedizione per tutti o invece di discriminazione.
– Anche se non è specificato sappiamo che per il Magistero è una parola definitiva di discriminazione!
– Infatti.Procedo nell’analisi: ‘Conosceremo il senso ultimo di tutta l’opera della creazione e di tutta l’Economia della salvezza’. Ma già lo conosciamo questo ‘senso ultimo’! Il Vangelo riguarda proprio questo ‘senso ultimo’. O ce n’è un altro?
– E’ come dire: ‘Allora capiremo tutto’. Ma questo potrebbe avvenire solo se tutti fossimo ‘salvati’, ossia ‘divinizzati’, perché come ho già detto: ‘Solo Dio e chi diventa Dio in lui… conosce Dio, il senso ultimo della Creazione e tutta la cosiddetta Economia della Salvezza’.
– Ed ecco un’altra frase ambigua: ‘Comprenderemo le mirabili vie attraverso le quali la Provvidenza divina avrà condotto ogni cosa verso il suo fine ultimo’. Conosceremo… comprenderemo… Allora tutti si salveranno?E’ questo il ‘fine ultimo’ delle creature?
– E’ un modo vago, incerto di esprimersi che dice tutto e non dice niente.
– E veniamo al il botto conclusivo: ‘Il Giudizio finale manifesterà che la giustizia di Dio trionfa su tutte le ingiustizie commesse dalle sue creature’. Ahi ahi! se la giustizia di Dio trionfa sulle ingiustizie delle creature… queste saranno punite, così mi sembra di capire.
– Sì, tutto questo fervorino è sotto il segno dell’ambiguità. Però l’accenno alle ‘mirabili vie attraverso le quali la Provvidenza divina’ io voglio interpretarlo nel senso migliore, che per me è questo: ‘La Provvidenza di Dio condurrà tutto e tutti a buon fine’. Questa, e solo questa, è la prospettiva per la Nuova Creazione condotta dalla ‘Provvidenza Divina per le sue mirabili vie’.
– Sì. Dio Buono e finale positivo.
– Orsù, eccoci alla fine: “Il messaggio del Giudizio finale chiama alla conversione fin tanto che Dio dona agli uomini ‘il momento favorevole, il giorno della salvezza’ (2Cor 6,2). Ispira il santo timor di Dio. Impegna per la giustizia del Regno di Dio. Annunzia la ‘beata speranza’ (Tt 2,13) del ritorno del Signore il quale ‘verrà per essere glorificato nei suoi santi ed essere riconosciuto mirabile in tutti quelli che avranno creduto’ (2Ts 1,10)”(1041).
– Anche qui si attribuisce alla ‘prospettiva del Giudizio Finale’ uno stimolo alla conversione, l’ispirazione del ‘santo timor di Dio’, l’incremento della speranza… ma in realtà non è così.
– Infatti, se non c’è la garanzia per ognuno di avere l’occasione di riflettere al proprio comportamento, di pentirsi e di riparare ai proprio errori allora è inutile illudersi: il ‘Giudizio finale’ potrà essere di condanna, se non per tutti, certamente per molti. Invece, come penso io, se alla fine tutti ‘avranno creduto’ in Dio, Dio sarà veramente glorificato.
– Ma non sarà così se ne dovesse mancare anche uno solo. Ma non mancherà, anche se il suo nome fosse Giuda.
– Infatti l’espressione : ‘Il Signore ‘verrà per essere glorificato nei suoi santi’ fa capire che ci saranno anche i ‘non santi’ in cui ‘il Signore non si glorificherà’. E allora tutto questo tripudio è squallido . La concezione di un tal ‘Giudizio Finale’, per quanto appoggiata su passaggi della Scrittura, però interpretati in senso letterale, è quanto di più sconfortante possa essere stato concepito, non ovviamente da Dio, ma dalla mente umana.
– Eh sì, se poi fosse vero che ‘Pochi saranno gli eletti’ allora sarà una grande catastrofe dell’umanità e il fallimento di Dio che, anche se si vuol far passare per ‘Giusto’, non si può riconoscere affatto per ‘Buono’.
– Matteo attribuisce a Cristo questa espressione: “Larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa” (Mt 7,13). Ebbene, secondo me non è stata pronunciata da Gesù così come è presentata. Quindi non è autentica.
– Stai confermando l’ipotesi che i Vangeli possono riportare espressioni che pur essendo attribuite a Gesù lui non le abbia mai pronunciate.
– Sì, per me è così. Certe frasi Gesù non le ha mai dette, altre le ha dette ma sono state fraintese e riportate in modo alterato, altre ancora le ha dette in un certo contesto ma sono state collocate altrove, infine ci sono espressioni che egli ha pronunciato ma devono essere interpretate non alla lettera ma nello spirito. Paolo scriveva infatti a questo proposito ai Corinzi, l’hai ricordato tu stesso poco fa: “La lettera uccide ma lo Spirito dà vita” (2Cor 3,6).
– Giusto! Quindi dobbiamo capire le metafore, i simboli, le iperboli, le parabole con grande cautela.
– Ne parleremo quando affronteremo il tema dell’interpretazione della Sacra Scrittura.
– Oh sì, ci tengo ad avere dei criteri chiari e precisi per orientarmi in mezzo ai testi Biblici.
39. Divinizzazione universale
– E ora giungiamo alla conclusione di questo nostro primo dialogo. Si è fatto tardi e dobbiamo tirare le fila.
– Tu mi hai detto che rifiuti l’idea che con il termine ‘Apocatastasi’ s’intenda il ritorno alle condizioni originarie. Hai detto che la ‘salvezza universale’ consiste nella ‘Ricapitolazione in Cristo’ esposta da san Paolo. Bene. Ora vorrei che tu mi illustrassi in modo esauriente questa tua concezione perché io la valuti in modo da rendermi conto se posso davvero farla mia.
– Certamente. Dopo questa lunga peregrinazione nelle ‘proposte’ che il Magistero Cattolico ‘impone’, io ritengo che appaia molto chiaramente che l’Inferno Eterno non possa esistere, anzi direi di più, che non possa ‘sussistere’, perché tutta la Creazione è interna all’Essere Unico che si fa Creazione. E se ci possono essere, e ci sono, innumerevoli ribellioni e trasgressioni temporanee, che l’Essere Unico tollera con infinita pazienza, non potranno avere cittadinanza perenne come ipotizza la concezione dell’Inferno Eterno.
– Più o meno è quello che sosteneva Origene.
– Sì, ma con una importante correzione. Secondo Origene, alla fine dei tempi avverrà la ‘redenzione universale’ e tutte le creature saranno ‘reintegrate nella pienezza del divino’, compreso Satana e tutti gli Angeli che lo hanno seguito nella ribellione alla Legge fondamentale dell’Essere a cui nessuno può trasgredire per sempre. E lo stesso Essere Unico è il primo a rispettarla.
– Ci sarà anche il riscatto di tutti gli esseri umani che Satana è riuscito a far deviare dalla verità e dall’amore utilizzando le sue sottili arti di seduzione.
– Certamente. E tutti costoro avranno avuto innumerevoli ‘chance’ di vite successive in cui compiere passi concreti di riflessione, pentimento, cambiamento fino a rimettersi in armonia con l’Essere Unico.
– Quindi tutti coloro che sono impegnati in questo lungo ‘Processo di Divinizzazione’ alterneranno l’esistenza sulla terra per proseguire il loro sviluppo a una pausa di riflessione e pentimento che culminerà con la decisione di affrontare una nuova avventura di vita.
– Infatti, ho formulato a questo proposito l’ipotesi di un ‘Inferno o Purgatorio Pedagogico’ in cui si entra ma da cui si esce. Il punto fondamentale è demolire il principio che le creature, siano esse umane o angeliche, compiano ‘decisioni irrevocabili’. Questa concezione contraddice il valore imprescindibile della libertà.
– Se non ci sono ‘scelte irrevocabili’ è sempre possibile cambiare idea, cambiare scelta e cambiare vita.
– Perfetto! E questo vale per sia gli esseri umani, che avendo trasgredito la Legge dell’Essere sono considerati ‘dannati’, e anche per Satana e tutti gli altri angeli ribelli.
– Sì, la condanna di chi agisce male, contro se stesso, il prossimo o Dio è ovvia, ma è finalizzata alla ‘conversione’ quindi non può essere ‘per sempre’, poiché il ‘disegno salvifico’ che è la ‘Divinizzazione universale’ non può compiersi se manca anche una sola creatura. La ‘pecora perduta’ è una situazione provvisoria, il ‘figlio’ lascia la casa del Padre ma vi ritorna, la ‘dracma’ è rotolata da qualche parte ma dopo un’accurata indagine è recuperata.
– Però ci tengo a precisare che la ‘Reintegrazione’, prevista dalla Dottrina dell’Apocatastasi di Origene, intesa come un semplice ritorno alla situazione originaria, non la condivido.
– Già, che senso avrebbe tornare alle condizioni di partenza dopo una lunga serie di vicissitudini, spesso terribilmente dolorose, sperimentate da tutte le creature, nessuna esclusa?
– Per cui l’esito finale per me non può che essere la ‘Divinizzazione integrale’ di tutta la Creazione visibile e invisibile e di ogni essere umano, angelico e diabolico. La ‘Unità Finale’ dell’Essere Unico non potrà essere identica alla ‘Unità Originaria’. Si tratterrà di una realtà Nuova rivelata come ‘Nuovi Cieli e Nuova Terra’, ma sarà in continuità con la Creazione attuale e sarà quindi una ‘Nuova Creazione’ in cui nulla della Creazione attuale andrà perduto: tutto sarà divinizzato!
– Ma se tu non sostieni esattamente la concezione dell’Apocatastasi di Origene, avendo elaborato questa tua visione, non cadi sotto la condanna che ha colpito lui. E neanch’io dal momento che mi hai così convinto che abbraccio con gratitudine questa splendida soluzione del destino finale di tutta la creazione.
– Sì, è vero. Ma siamo scomunicati lo stesso perché neghiamo la sussistenza dell’Inferno Eterno, e questo basta, per essere spediti proprio là dalla Gerarchia inflessibile su questo ‘dogma’, che le fa tanto comodo, per sbarazzarsi già in vita di tipi come me.. e te.
– Tanto… non c’è!
– Per noi, ma non per la maggioranza dei cattolici. E poi anche prevedere la ‘Conversione di Satana’ non è cosa da poco! E’ inevitabile scontrarsi con una mentalità inveterata che risale alle origini stesse della tradizione cattolica.
– Quindi ‘scomunica’ anche riguardo a questo?
– Ineluttabile! Ma alle scomuniche, espresse dalla formula ‘Anatema Sit’, ti dovrai abituare perché ne accumuleremo parecchie.
– Una o tante che fa? Credo che ne basti una soltanto per essere spediti all’Inferno che però, grazie a Dio, non c’è.
– Ma tutti i buoni cattolici potranno additarti come eretico.
– Conosco un contadino che a tutti quelli che lo fanno arrabbiare dice con stizza: ‘Va’ all’Inferno’! Dovrò aprirgli gli occhi perché smetta questa imprecazione inutile.
– Oppure potresti suggerirgli di precisare: ‘Va’ all’Inferno… pedagogico’ a imparare come si deve vivere.
– Dovrei fornirgli una lunga spiegazione come quella che hai fatto a me. Preferisco lasciarlo cullare nella sua illusione.
– Per concludere in bellezza, dato che prima ho mostrato il Teologo Tommaso e la Mistica Caterina da Siena in conflitto, ora vorrei presentarti una simpatica armonia tra un teologo moderno che è Hans Urs Von Balthasar e la mistica Teresina del bambino Gesù. Ebbene questi due personaggi sono arrivati entrambi, riflettendo sull’amore misericordioso di Gesù, a questa conclusione: ‘L’Inferno è vuoto’. Vedi, non arrivano a negarlo, come ho fatto io e ormai anche tu, perché negarlo equivale a porsi in atteggiamento di rifiuto del dogma, ma di fatto se è vuoto… è inutile.
– Tanto vale dichiarare esplicitamente la sua inesistenza e cantare l’Alleluja!
– Ho l’impressione che a questo punto la tua paura dell’Inferno cattolico si sia dissolta veramente del tutto.
– Come la nebbia quando prevale la meravigliosa luce del sole. Grazie! Questa nostra prima conversazione mi sembra un ottimo avvio delle nostre escursioni spirituali.
– E allora concludiamo questo incontro rincuorandoci con la preghiera che Gesù rivolge al Padre a conclusione dell’Ultima Cena. Leggi qui.
– Volentieri, e un testo che amo molto: “Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me; perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato. E la gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a loro, perché siano come noi una cosa sola. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me” Gv 17,20-23).
– Ecco, queste parole di Gesù interpretate in senso ontologico esprimono chiaramente, al di là di ogni equivoco, il piano di Cristo e del Padre di una ‘perfetta unità finale’
– Ma c’è una limitazione preoccupante. Dice: ‘Quelli che per la loro parola crederanno in me’. Sembra escludere coloro che non ‘credono in lui’! Ad esempio coloro a cui nessuno ha parlato di Lui.
– Chiunque crede nell’Essere Unico, che è Amore, e mette in pratica con sincerità la Legge dell’Essere, che è Amore… in verità crede in Cristo, Figlio di Dio, anche se non lo conosce.
– Bellissimo! Però volevo ancora chiederti…
– Alt! Per oggi proibito fare altre domande, ma risponderò a tutte poco alla volta, naturalmente se sarò in grado. Intesi? Il corpo ha le sue esigenze e ti propongo il mio minestrone di verdure che ho preparato per l’occasione. Tra mangiare e non mangiare… che cosa scegli?
– Ah, questo è un dilemma facile da risolvere.
– Anche per via degli stimoli della fame…
– In tutto il nostro ragionare non li sentivo proprio, ma ora che mi ci fai pensare… Credo proprio che benedirò il Signore per il cibo che mi dona attraverso di te!
– Spero di darti anche altro cibo…
– Benedirò il Signore soprattutto per quello!